Dall’America all’Oceania, ecco come cresce lo sport paralimpico

da Superabile

Dall’America all’Oceania, ecco come cresce lo sport paralimpico

Promossi dal Comitato internazionale, in corso 33 progetti in tutto il mondo per formare tecnici e e allenatori e avviare allo sport persone disabili: coinvolti anche profughi dal Medio Oriente e vittime del terremoto in Ecuador. Più carrozzine per il tennis in Africa, più donne in gara nei paesi asiatici

ROMA – Uno dei risultati è la partecipazione di atleti paralimpici rifugiati o richiedenti asilo ai Giochi Paralimpici del prossimo mese di settembre: in realtà, però, l’azione del Comitato paralimpico internazionale (Ipc) per la promozione dello sport per persone con disabilità in tutto il mondo si spinge molto più in là. Una fondazione, un programma di sostegno globale che per il 2016 conta su un budget complessivo di 2,5 milioni di euro, decine e decine di progetti approvati e realizzati in ogni angolo del pianeta, da Capo Verde al Cile, passando per Benin, Grecia, Mongolia, Panama, Stati Uniti. Protagoniste le persone con disabilità, comprese quelle che sono rimaste vittime di guerre o di catastrofi naturali.

Il braccio destro operativo del Comitato paralimpico internazionale è la Fondazione Agitos, lanciata a Londra 2012 con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle persone disabili nel mondo, incentivando l’attività fisica e la pratica sportiva. Già nei primi due anni di attività – il 2013 e il 2014 – ha dato sostegno, secondo i dati resi noti dall’Ipc, a 115 mila persone raggiunte dai vari progetti, che poi si sono ulteriormente rafforzati nel 2015 e nel 2016. In tutto, sono stati 126 i progetti portati avanti nel corso del quadriennio.

Quelli attualmente in corso, relativi all’edizione 2016, sono 33 e chiamano in causa 21 comitati paralimpici nazionali, due organizzazioni internazionali di sport per disabili, una organizzazione regionale e nove federazioni internazionali. I più impegnativi riguardano la proposta del Comitato paralimpico greco di lavorare con Serbia e Cipro per aiutare alcune delle migliaia di persone che hanno cercato rifugio in quei paesi, con un progetto di assistenza e di scoperta e avvicinamento allo sport paralimpico. Il progetto prevede di lavorare tra i profughi anche realizzando campi di allenamento sportivo che possano favorire la partecipazione di queste persone con disabilità a gare locali e nazionali.

Altro progetto interessante quello gestito dal Comitato paralimpico ecuadoriano, che si concentrerà sulle persone che sono state colpite dal terremoto di magnitudo 7,8 che ha interessato il paese nello scorso mese di aprile: l’obiettivo è quello di individuare giovani atleti che poi potrebbero competere, a livello agonistico, ai Giochi Paralimpici Panamericani che si terranno a San Paolo del Brasile nel 2017.

Fra gli altri, in Armenia il Comitato paralimpico locale attuerà un progetto di sensibilizzazione allo sport paralimpico con l’obiettivo di modificare la percezione della disabilità e dello sport per disabili a partire dalle scuole e dalle università; in Benin si andrà alla ricerca di talenti locali per avviarli allo sport; a Capo Verde si fornirà una formazione tecnica per allenatori, classificatori e funzionari tecnici della pallavolo sitting, interessando anche altri paesi della zona, Angola, Guinea Bissau, São Tomé e Principe, Mozambico. In Cile l’azione mira alla nascita e allo sviluppo di un gruppo di atleti paralimpici in tre discipline (atletica, nuoto e tennistavolo), mentre in Colombia si fornirà una formazione a metodi e tecniche di identificazione dei talenti che interesserà anche personale proveniente da Perù, Ecuador e Cile. A Cuba si punta allo sviluppo tecnico di allenatori e atleti nella pallavolo sitting e nel goalball, mentre a El Salvador la promozione dello sport paralimpico si concentra su atletica, nuoto, tennis, tennistavolo e bocce. Campagne di sensibilizzazione e/o di ricerca talenti sono avviate in Malawi, Kazakistan, Perù, mentre in Oceania si promuove una sinergia comune fra cinque paesi: Tonga, Samoa, Vanuatu, Papa Nuova Guinea e Figi, con attenzione specifica al tennistavolo. Sviluppo e formazione degli allenatori in Laos, Mongolia (bocce), Marocco (atletica), Panama (sollevamento pesi), Oman (atletica).

Progetti anche in Europa: in Gran Bretagna si realizzerà un campo di allenamento per gli snowboarder provenienti, oltre che dalle terre britanniche, anche da Romania, Ucraina, Olanda, Norvegia e Polonia. Proprio in Polonia si lavora ad un campo di allenamento per gli sciatori di fondo e biathlon e dei loro allenatori provenienti dai Paesi Bassi, Georgia, Serbia e Croazia. In Slovenia azioni per promuovere lo sviluppo di allenatori e atleti di sci alpino e snowboard provenienti da Polonia, Serbia, Bulgaria, Grecia, Romania e Slovenia. Oltreoceano, negli Stati Uniti d’America, spazio allo sviluppo del canottaggio per atleti e allenatori provenienti da diversi paesi della regione Americhe, con l’opportunità di cimentarsi anche nella handbike e nel paratriathlon.

Numerosi anche i progetti studiati dalle singole federazioni sportive internazionali: particolarmente interessanti quello della Federazione internazionale di tennis, che prevede di aumentare la dotazione di carrozzine nel continente africano con l’intento di promuovere il tennis in carrozzina, e quello della Federazione internazionale di basket in carrozzina, che intende creare opportunità di formazione per favorire la presenza nelle competizioni di atlete di sesso femminile in Asia e Oceania. Da evidenziare anche, in un’ottica di allargamento dello sport paralimpico anche agli atleti con disabilità intellettive e relazionali, oggi ancora in fase embrionale, una ricerca sulle tecniche di comportamento e sul loro impatto sulle prestazioni sportive, che sarà condotta dall’Inas, la Federazione internazionale sportiva delle persone con disabilità intellettiva.

“L’innovazione che ogni progetto comporta – dice il direttore della Fondazione Agitos, Georg Schlachtenberger – non può essere sottovalutata: quest’anno siamo stati letteralmente sopraffatti dal numero e dalla qualità dei progetti che ci sono stati sottoposti, che dimostrano tutta l’umanità che esiste all’interno del movimento paralimpico”. (ska)