Chiamata diretta, in tribunale

da ItaliaOggi

Chiamata diretta, in tribunale

Cgil, Cisl, Uil e Snals fanno ricorso contro l’Istruzione: eccesso di discrezionalità nelle nomine

Marco Nobilio

La chiamata diretta al vaglio del Tar del Lazio. L’intervento della magistratura amministrativa è stato chiesto dai sindacati della scuola di Cgil, Cisl, Uil e Snals, che hanno impugnato il provvedimento con il quale il ministero guidato da Stefania Giannini ha dato attuazione alla chiamata dei docenti per competenze (nota Miur A00DPIT Registro ufficiale (U) 0002609 del 22.07.2016).

Provvedimento che è stato emanato dopo la mancata stipula dell’accordo integrativo (la cosiddetta sequenza contrattuale) che avrebbe dovuto regolare il nuovo sistema di individuazione dei docenti introdotto dalla legge 107/2015. Nel ricorso i sindacati hanno evidenziato una serie di elementi della riforma Renzi-Giannini che inficerebbero la legittimità del provvedimento.

In primo luogo la procedura seguita dal ministero, che avrebbe bypassato la trattativa ancora in corso sulla sequenza contrattuale, scegliendo di agire con un provvedimento unilaterale. In questo caso, secondo Cgil, Cisl, Uil e Snals, l’amministrazione, oltre a non riconoscere le prerogative del sindacato, avrebbe anche omesso di attivare il previo controllo di compatibilità da parte del ministero dell’economia, così come previsto dall’articolo 40 bis del decreto legislativo 165/2001. In pratica, secondo Cgil, Cisl, Uil e Snals, quand’anche fosse considerato legittimo l’omesso passaggio al tavolo negoziale, l’amministrazione avrebbe dovuto comunque sottoporre il provvedimento al vaglio degli organi di controllo.

Nel merito, invece, i sindacati ricorrenti hanno lamentato che la chiamata diretta, non essendo stata regolata puntualmente dall’amministrazione, risulterebbe caratterizzata dall’esistenza di un eccessivo potere discrezionale da parte dei dirigenti scolastici. Potere che si tradurrebbe nella facoltà di adottare criteri e metodi diversi da scuola a scuola. In più, la chiamata diretta risulterebbe anche non conforme ai parametri fissati dalla Costituzione, perché, non applicandosi a tutto il personale docente, creerebbe delle disparità di trattamento in contrasto con vari precetti costituzionali. E ciò renderebbe, sempre secondo i ricorrenti, ampiamente discrezionali ed arbitrarie le scelte del dirigente scolastico, per non parlare della possibilità, si legge nel ricorso, «per questi di avere un pre-colloquio con il candidato, di cui neppure è indicato l’oggetto o la modalità e che apre spazi di disparità di trattamento massimo, avuto riguardo, infatti, alla possibilità di una scelta basata su elementi assolutamente soggettivi, quali la simpatia, affabilità del candidato e genere dello stesso». Nel ricorso, peraltro, si fa riferimento anche alla possibilità, per il dirigente scolastico, di discriminare docenti di sesso femminile avvantaggiando i colleghi maschi, a parità di requisiti:

Sulla base di queste considerazioni i ricorrenti hanno anche chiesto al Tar del Lazio di valutare la possibilità di rimettere gli atti alla Corte costituzionale, chiedendo alla Consulta di pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni della legge 107/2015, che istituiscono la chiamata diretta.

Ciò nel caso in cui i giudici amministrativi dovessero ritenere che le disposizioni di attuazione, contenute nella nota del 22 luglio, non dovessero risultare in contrasto rispetto alle norme della legge 107 dalle quali discendono. I ricorrenti hanno anche chiesto una pronuncia in sede cautelare, con relativa sospensione della nota impugnata o, in assenza, la fissazione a breve scadenza dell’udienza di merito, ferma la questione di legittimità costituzionale eccepita nel ricorso. Pertanto, se i giudici dovessero ritenerla non manifestamente infondata, il giudizio dovrà essere sospeso in attesa del responso del Giudice delle leggi.