La valutazione dei dirigenti scolastici

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La valutazione dei dirigenti scolastici
Quando la foresta di Birnam viene a Dunsinane

di Stefano Stefanel

Due recenti interessanti articoli hanno cercato di attirare l’attenzione sulla valutazione dei dirigenti scolastici. Franco De Anna con La valutazione dei Dirigenti Scolastici: in attesa delle linee guida e del modello operativo (1 ottobre 2016, www.pavonerisorse.it) e Antonio Valentino con La verità, vi prego, sulla figura del DS in vista delle Linee Guida per la valutazione (17 settembre 2016, www.pavonerisorse.it) hanno tratteggiato in maniera esaustiva e come sempre encomiabile il perimetro dei possibili interventi. Le reazioni sono state modeste e spesso limitate ai social “chiusi” dei dirigenti scolastici dove molti hanno “denunciato” i bassi stipendi, i grandi carichi di lavoro, l’eccesso di reggenze, la poca considerazione dell’amministrazione, l’eliminazione dei vicari, l’attuazione confusa della legge 107/2015, le nomine in ritardo insomma tutto quanto sarebbe più urgente della nostra valutazione.

Inoltre molti – ma in privato cioè lontano dagli occhi dell’opinione pubblica e degli insegnanti – hanno lamentato che il bonus è stato quasi una trappola e la chiamata diretta di diretto ha avuto ben poco. Mentre tra Gae, assegnazioni provvisorie, utilizzi, trasferimenti i diritti dei docenti hanno come e più di sempre prevalso sull’efficienza della scuola. Cose tutte abbastanza risapute in un clima generale in cui le oggettive maggiori risorse sia economiche sia umane non sono state apprezzate come un’ulteriore possibilità, ma spesso vissute come un’ennesima inefficienza da attaccare. Cose tutte già viste in cui la visione dirigenziale va a scontrarsi con l’idea impiegatizia della professione.

Succede però a volte che le cose vengano dette e poi quando avvengono tutti cadono dalle nuvole. La valutazione del dirigente scolastico c’è scritta e a chiare lettere sulla normativa che ci riguarda, ma noi abbiamo sempre pensato che in un modo o nell’altra l’avremmo sempre scampata. E così sono passati quindici anni. Poi però la foresta di Birnam comincia a muoversi e noi a Dunsinane non ci capacitiamo. Ma ce l’avevano detto, come le streghe lo avevano predetto a Macbeth.

PERO’ SE SI VALUTA QUALCUNO VIENE BOCCIATO

Io credo che la questione anche dopo le Linee guida verterà su un solo punto, quello sollevato da Giovenale circa 2000 anni fa: “Quis custodiet ipsos custodes?” Questo è un punto che in Italia ha sempre avuto successo e che credo avrà successo anche questa volta per bloccare qualsiasi valutazione reale. D’altronde un “custode” ci ha messo del suo per avvelenare i pozzi: le minacce dell’ispettore Max Bruschi via Facebook hanno chiarito come l’idea della vendetta privata covi dietro qualunque italica procedura, anche quella di maggiore derivazione anglosassone. Tutto questo ha come elemento finale un solo reale problema: qualcuno viene per forza di cose bocciato. Possiamo inventare tutti i sistemi di valutazione del mondo e cambiare tutti i valutatori: al termine di una valutazione qualcuno viene bocciato e costui o costei ricorrerà ai vari tar disponibili per dimostrare che il valutatore ha avuto torto, che c’è stato un boicottaggio, che non ha potuto raggiungere i risultati perché non ha avuto le risorse e non ha potuto scegliere i docenti. Insomma difficilmente davanti a valutazioni basse qualcuno si dichiarerà d’accordo.

Andiamo poi ancora un po’ di più nel fondo del problema: esiste qualche dirigente scolastico che merita di essere valutato negativamente? Direi proprio di sì. Le Linee guida permetteranno di capire prima chi sarà valutato negativamente? Direi che ciò è impossibile, perché le Linee guide potranno solo prefigurare un percorso in cui tutti potranno esprimere sia al meglio (o al peggio). Dunque “De te fabula narratur”, caro Stefano Stefanel. E dunque Stefano Stefanel si allarma e cerca di correre ai ripari preventivamente cercando di muovere sindacati e associazioni di categoria per fermare una valutazione, che una volta partita porterà a degli esiti che, quando saranno negativi, lasceranno solo una parte dei dirigenti scolastici col “cerino in mano” visto che quelli valutati positivamente saranno contenti e si faranno i fatti propri. Così come è avvenuto col bonus premiante dove gli scandali sono stati vicini allo zero, i ricorsi anche perché chi ha incassato i soldi è stato zitto e contento e chi non li ha incassati ha preferito glissare e agire sotto traccia. Quindi grande scandalo prima perché poi non c’è più spazio per la protesta.

ELEMENTI DI CRITICITA’

Sarà comunque interessante vedere cosa prevedono le Linee guida. Intanto però è possibile fare un breve elenco di alcune criticità della nostra professione partendo dalle varie antinomie rinvenibili in molti comportamenti professionali. Faccio quindi un elenco di condizioni contraddittorie che – se valutate – potrebbero portare ad esiti negativi. Mi limito in questo breve contributo alla discussione (per non lasciare solo l’amico Franco De Anna) ad analizzare cinque antinomie.

  1. Dispersione scolastica. La lotta alla dispersione scolastica è uno dei punti di forza di ogni politica di sistema. Supporti allo studente generici, tradizionalismo nelle valutazioni, medie matematiche, alto tasso di bocciature o di sospensione, studenti di quindici o sedici anni nel primo ciclo, falcidie di studenti negli istituti tecnici e professionali contraddicono la sbandierata idea di lotta alla dispersione. Che interventi ha messo in atto il dirigente scolastico e soprattutto in che modo è intervenuto nel processo di dispersione per fermarlo? Queste sono domande che portano a dati certi: soldi spesi, ore effettuate, risultati, ottenuti, personalizzazione dei percorsi, analisi dei risultati in uscita. La difesa delle bocciature nell’ambito di un recupero della dispersione è solo la presa d’atto che il dirigente può anche essere un semplice burocrate controllore che non incide sul processo che costituisce un essenziale obiettivo dello Stato. La criticità in questo caso apparirebbe subito agli occhi di un potenziale valutatore che si trovasse a misurare il rapporto tra “dichiarato” e “agito”.
  2. Innovazione e ricerca didattica. Sia il d.lgs 165/2001, sia la legge 107/2015 mettono l’accento sull’innovazione e la ricerca: a parole tutti noi dirigenti siamo a favore dell’innovazione e della ricerca didattica. Poi però andando a scavare nei fatti ci si trova davanti ad un conservatorismo molto spinto, con la ripetizione di stantii riti che risalgono agli anni settanta del secolo scorso (consigli di classe, collegi docenti, programmazioni, ecc.) in cui l’innovazione viene costretta sotto tutta la restante burocrazia. Per cui si redigono inutili e lunghi curricoli ma poi si programmano “programmi”, si personalizzano a parole gli apprendimenti ma poi si continuano a somministrare compiti in classe tutti uguali, si valuta normativamente ma poi lo si fa con le medie matematiche, si chiamano innovazioni pratiche didattiche obsolete di vent’anni fa o si fanno crescere i progetti lasciando intatti i programmi. Anche qui un’analisi approfondita può portare a qualche sorpresa, perché l’innovazione è per sua natura un elemento di rottura con il passato e la ricerca didattica si fa solo attraverso chiari criteri scientifici.
  3. Gestione dell’organico dell’autonomia. Anche qui al di là delle squinternate esternazioni dell’ispettore Bruschi potrebbe essere interessante verificare come è stato utilizzato l’organico dell’autonomia per la realizzazione del PTOF. Questo comporterebbe la gestione dell’organico attraverso un monte ore annuale programmato plurisettimanalmente (come previsto anche dalle legge 59/97 e dal CCNL del 29/11/2007) per realizzare una vera progettualità di supporto. Anche qui sarebbe interessante verificare quanta incidenza ha l’organico dell’autonomia sulla realizzazione del PTOF e quanto invece viene utilizzato per mantenere intatto un esistente poco innovativo e per nulla progettuale. Anche qui vedo qualche pericolo laddove la valutazione cercasse di approfondire la reale azione dirigenziale.
  4. Gestione economica della scuola. Fondi PON, Progetti Miur, Piano Nazionale Scuola Digitale, Fundraising, contributi delle famiglie e quanto altro la fantasia italica mette in campo costituiscono un’unica grande partita economica delle scuole. La gestione economica è diversa da quella contabile, ma spesso non viene tenuta in grande considerazione, fagocitata dall’inutile rito del Programma Annuale (reso obsoleto dal PTOF, ma pare nessuno se ne sia accorto). Così magari non si partecipa ai progetti PON, ma poi si cavilla sui 100 euro per un po’ di carta. L’idea che la scuola pubblica sia tutta finanziata dallo stato non sta più in piedi e gli interventi economici delle famiglie italiane sono bassi in rapporto a quelli delle famiglie di altri stati europei. In molti colleghi prevale però una mal celata ammirazione nei confronti di Dsga e assistenti amministrativi e in molti altri invece traspare un eccessivo disprezzo: due eccessi che in un corretto sistema di valutazione non potrebbero trovare grandi apprezzamenti positivi. Le segreterie delle scuole sono un sistema inefficiente e burocratizzato all’eccesso attraverso una serie di atti vissuti come adempimenti. La cultura italiana dell’adempimento rende tranquillo chi vuole coprirsi le spalle, ma ha forti tendenze paralizzanti. Potrebbe essere molto interessante vedere quando il dirigente scolastico guida e dirige al sua burocrazia e quando invece ne è schiacciato o le fa guerra. Anche in questo caso al fine di valutare la sua reale competenza dirigenziale.
  5. Rapporti con il territorio. Una valutazione positiva del dirigente scolastico non può che passare da un sinergico rapporto con il territorio. Però poi si sente in giro di dirigenti scolastici che vietano l’ingresso a scuola di attività organizzate dai comuni o dalle associazioni, di feste delle scuole dell’infanzia vietate, di divieto di mangiare le torte nei compleanni, di battaglie sui panini a scuola, di continue lamentele nei confronti di enti locali allo stremo economico ed affiora l’idea che molti colleghi ritengano la scuola una variabile indipendente dalla società e non un’autonomia funzionale dello stato inserita in uno specifico territorio. Anche in questo caso la valutazione è semplice e i rapporti con gli enti locali e i cittadini del proprio territorio di riferimento sono pubblici e trasparenti. Gli enti locali e il tessuto sociale sono soggetti legati a dinamiche proprie dentro logiche sedimentatesi nel tempo in cui le pratiche sono spesso connesse a localismi che non possono essere combattuti da decreti o disposizioni connessi alla semplice legislazione scolastica che spesso confligge con i servizi locali. Ci vuole buon senso nei rapporti col territorio e il buon senso è sempre misurabile. Anche qui sarebbe interessante conoscere cosa ne verrebbe fuori da un’azione valutativa.

La valutazione dei dirigenti scolastici non è un tema che possa scaldare gli animi di qualcuno: noi non andiamo in classe e per genitori e studenti siamo utili solo a risolvere questioni, se le questioni sono risolvibili, sennò tutti sono scontenti. Interessante sapere cosa i docenti pensano di noi, ammesso che siano disponibili a dirlo. Ma di questo magari più avanti.