Sui temi caldi dell’oggi

Interlocuzione tra tre amici… sui temi caldi dell’oggi

di Maurizio Tiriticco

A – Eviterei di lanciarmi nei soliti proclami buonisti. L’immigrazione non è un fenomeno di ora, anche se adesso se ne parla molto di più e ci fanno vedere le immagini dei barconi. Quella è solo il volto strappalacrime di un fenomeno che va avanti da almeno trent’anni e che, almeno in passato, quando l’immigrazione era, soprattutto, dall’est europeo, avveniva con mezzi più convenzionali, tipo treni o corriere che attraversavano il confine senza nessun controllo, se provenienti dall’interno dell’area Schengen. L’immigrazione, da sempre, ha fatto il gioco del capitalismo, perché permette di abbattere il costo della mano d’opera, favorendo una forma di ricatto sociale nei confronti dei lavoratori autoctoni. Poi, potremmo anche far finta di non vedere quello che è accaduto e che sta accadendo, e continuare a credere alla narrazione che ne viene fatta, soprattutto da parte di una certa finta sinistra. In un certo qual modo il fenomeno ha anche a che fare con la deindustrializzazione, almeno con quella di chi porta le fabbriche all’estero per abbattere il costo della mano d’opera.

Dopo la deindustrializzazione del nostro Paese, quella vera, pesante, voluta da Germania e Francia, a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio del terzo millennio – da non confondere con la delocalizzazione di chi porta la “fabbrichetta” all’estero – l’Italia è diventata un Paese sempre meno industriale e sempre più un Paese terziario. E, guarda caso, se ci si guarda attorno, nel terziario sono impiegati tantissimi immigrati da Paesi il cui tenore di vita è più basso del nostro. E questo non solo in Italia. Scandali tipo quali quello degli addetti, sottopagati, ai magazzini di certe grandi catene di distribuzione (l’ultimo, in ordine di tempo, è stato Amazon), con orari sempre più massacranti e la costante riduzione dei diritti dei lavoratori, sono stati resi possibili solo dal fatto che si ha sempre più mano d’opera a bassissimo costo, formata da disperati.

Se ci rifiutiamo di vedere queste cose e ci rifiutiamo di vedere anche l’accanimento che le nostre istituzioni dimostrano, invece, contro i cittadini italiani, anche quelli in difficoltà, non solo lasceremo sempre più campo ai vari Salvini, ma finiremo col lavorare, tutti, 20 ore al giorno, in qualche fabbrica gestita da cinesi, per un tozzo di pane.

B – Perfetto! Hai colto con lucidità ciò che ho anche spiegato ai miei studenti oggi. La globalizzazione è un fenomeno che ha arricchito pochi e impoverito popoli interi, e noi italiani abbiamo perso tante nostre industrie. C’è il rischio che in un prossimo futuro saremo solo consumatori, alla mercé dei Paesi che in Europa sono i più forti. In effetti questa Europa mi spaventa! E’ inutile che si ricordi e si commemori il Manifesto di Ventotene! Già, appunto, commemorazione e basta! Si commemorano i morti, ma poi tutto torna come prima! A Ventotene la celebrazione è stata tenuta soltanto da tre grandi dell’Europa, o presunti tali. E gli altri 25 Stati? Mah! No! L’Europa, quella vera – diciamo quella dei popoli – con tutte le sue dinamiche, le sue contraddizioni ed anche la sua voglia di andare a una confederazione vera e propria è una cosa seria.

Ma ora questa Unione europea non lo è ancora! Sono più i laccioli che una vera marcia in avanti. Certamente nel lontano 1957, quando a Roma sei Stati, Italia, Francia, Germania dell’Ovest, Belgio, Olanda e Lussemburgo sottoscrissero il Trattato con cui si dava vita alla CEE, ovvero Comunità Economica Europea, le certezze e le attese erano grandi. E in seguito la Comunità superò i limiti dell’economia e divenne pienamente politica! Con il Trattato di Maastricht nel 1992 si ebbe il grande balzo: dalla Comunità (CEE) solo economica si passò a quell’Unione Europea (UE), tutta politica – o che così dovrebbe essere – una UE che oggi conta ben 28 Paesi membri. Ma fu solo un’illusione! Quella ambiziosa Costituzione europea, sottoscritta a Roma il 29 ottobre 2004, dopo soli tre anni cessò di esistere, bocciata da alcuni Parlamenti, e si giunse così alla stesura di un Trattato, sottoscritto a Lisbona il 13 dicembre del 2007. E, purtroppo non si è trattato solo di un passo indietro, ma di una vera e propria sconfitta. Se ancora certi Paesi dell’Unione debbono subire l’arroganza di altri, è la stessa stabilità dell’Unione che viene messa in causa. E proprio ora, quando sembra che gi Usa di Trump e la Russia di Putin sembrano voler volare alto… e la vecchia Europa… sì, prorio la vecchia Europa…

Sono dati di fatto e vicende che danno l’impressione di una strada tutta in salita per la costruzione di una vera Unione Europea, e che nessuno vuole percorrere – vai vanti tu, che ti seguo – più che di un processo del quale ogni Paese ed ogni Popolo europeo siano convinti promotori e attori.

C – Herbert Marcuse negli anni Sessanta nel suo “L’uomo a una dimensione: l’ideologia della società industriale avanzata“, ci metteva in guardia dai pericoli indotti dalla cosiddetta civiltà affluente, in cui la corsa di tutti e di ciascuno all’acquisto dei beni materiali rischia di omologare desideri, speranze, attese. Il che con grave nocumento della personalità di ciascuno e con un’altrettanto grave limitazione della sua vera libertà di scelta. L’“uomo massa”, quindi, perde di vista la “realtà”, rincorre gli “oggetti immagine” e acquista prodotti proposti e indotti da un mercato univoco, anche se apparentemente dfferenziato. Insomma, con un’analisi così rigorosa, possiamo dire di essere passati dal sogno infranto del comunismo alla realtà del consumismo. Nel primo caso si prevedeva di costruire una società in cui “a ciascuno deve essere dato secondo i suoi concreti bisogni”; nel secondo non si prevede, ma addirittura si costruisce e si migliora giorno dopo giorno una società in cui “a ciascuno viene dato secondo i suoi bisogni indotti e fittizi”.

Il richiamo a Marcuse per certi versi ci può aiutare a capire alcune tendenze di quel capitalismo globale che – non avendo oppositori di rilievo – tende a controllare l’intero pianeta Nella pianificazione internazionale non detta, ma attuata giorno dopo giorno, il nostro Paese svolge oggi un ruolo di semplice consumatore. La nostra industria, pesante o leggera che sia, sta morendo, aggredita da una concorrenza internazionale spietata, non esiste più. Dobbiamo solo consumare e dividere le briciole… ed anche con i “migranti”, che sbarcano a migliaia ogni giorno sulle nostre spiagge. E noi dobbiamo continuare ad essere “buoni” e ad accoglierli sempre e comunque, anche se le risorse concrete per una operazione così costante ed invasiva giorno dopo giorno tendono ad esaurirsi. La cosiddetta accoglienza di fatto ci viene imposta secondo un disegno non sappiano come dove e quando sia stato sottoscritto. A lungo andare, saremo sempre più… stretti e costretti! Tutta la nostra politica dell’accoglienza e della cosiddetta integrazione è sballata. Papa Francesco e Sergio Mattarella insistono insieme sul buonismo ad oltranza, quando intervengono sul tema… ma – e sono cattivello, ma vuole essere una metafora – si guardano bene dall’aprire il Vaticano e il Quirinale agli immigrati! Mah! Tanti anni fa una popolazione affamata assalì un Palazzo d’Inverno! Qui in Italia ormai entrano tutti, perché siamo i più vicini all’Africa e perché siamo… i più buoni!!! Con tale andazzo sempre più incontrollato, a fronte del quale abbiamo un governo indifferente, se non addirittura complice, non so quale situazione ingovernabile ci troveremmo di qui a dieci anni o poco meno. L’accoglienza dell’altro è altra cosa a fronte dell’invasione degli altri! E c’è il rischio che vengano assalite le nostre case… d’inverno e d’estate:

A, B e C – La vediamo brutta! Chissà se l’effetto Trump (trump significa tra l’altro inventare, sfidare) produrrà qualche riflessione mirata in chi ci governa. MahI In questi giorni il governo e il suo partito sono troppo presi dal Sì o No del prossimo referendum. E i piagnistei di molti per la sconfitta di Hillary non servono a nulla. Il mondo sta cambiando e non è facile prevedere/intravedere le linee del cambiamento. Ma bisogna provarci, se non vogliamo ritrovarci alla coda di un insieme di eventi che non abbiamo previsto e che potrebbero travolgerci.