FAQ Handicap e Scuola – 59

Domande e risposte su Handicap e Scuola
a cura dell’avv.
Salvatore Nocera e di Evelina Chiocca


Elenco FAQ

 

In una classe seconda di una scuola secondaria di primo grado c’è una alunna con disabilità severa fisica e mentale. L’alunna è seguita da un’insegnante di sostegno e da un’operatrice dell’ULSS. Tuttavia spesso l’alunna viene affidata ai compagni, che la gestiscono in completa assenza delle figure strutturate suddette e devono non solo occuparsi di giocare con lei, insegnarle ad articolare qualche parola (lei non è in grado di parlare) e portarla in giro per la scuola, ma anche pulirle il naso che spesso cola, e che lei d’stinto si tocca di continuo con le mani, asciugarle le bave prodotte dalla salivazione che lei non riesce a controllare e farla alzare dalla carrozzella e sostenerne il peso mentre lei tenta di muovere dei passi (l’alunna ha 14 anni, ed una certa stazza, e non è in grado di alzarsi da sola nè di camminare senza sostegno). Ai ragazzi, a turno e in coppia, viene consegnata “la bavaglia” e a viene loro richiesto di occuparsi integralmente della compagna disabile, compresa, come descritto sopra, la cura dell’igiene personale. Questo accade ad esempio ogni ricreazione, a volte anche in altri momenti della giornata. In queste occasioni l’insegnante di sostegno è assente,non è presente nemmeno a vigilare da lontano, così come l’operatore dell’ospedale. Non c’è un adulto con i ragazzi. Tutto questo avviene con il pretesto dell’integrazione e della sensibilizzazione nei confronti di chi è più debole. Vorrei sapere se questo è normale, data l’evidente incapacità, impreparazione degli alunni dodicenni di gestire in totale autonomia una compagna portatrice di handicap grave, specialmente in mansioni delicate come la pulizia della ragazza.

Il docente per il sostegno è assegnato alla classe per promuovere l’integrazione scolastica, collaborando con i docenti contitolari della classe, al fine di garantire e tutelare il diritto allo studio dell’alunno con disabilità.
L’assistente, invece, è assegnato all’alunno con disabilità per favorire l’autonomia personale e la comunicazione (art. 13 c. 3 della l. 104/92). Entrambe le figure, insieme a tutti i docenti della classe, concorrono all’attuazione del processo inclusivo.
Premesso ciò, occorre precisare che se le azioni da lei descritte sono state concordate e riportate nel Pei, secondo una progettazione che il gruppo di lavoro ha ritenuto proficua tanto da condividerla, la domanda è: dato che lei scrive che durante la ricreazione tutto ciò avviene in assenza di un adulto, dove si trovi il docente incaricato per la sorveglianza durante la ricreazione? Non è infatti stabilito a priori che durante la ricreazione debba essere incaricato della sorveglianza degli alunni il solo docente per il sostegno: se questi non fosse in servizio, è ovvio che non possa essere presente. Non è invece ovvio che il docente in servizio non coordini e sorvegli quanto avviene.
Per quanto riguarda l’operatrice, assistente, vale la stessa cosa: se il suo orario di servizio coincide con la ricreazione, deve trovarsi nello stesso spazio dove essa si svolge, assolvendo ai compiti necessari, in base agli accordi prestabiliti. Ricordiamo infine che la ricreazione, pur essendo un tempo per staccare dalle attività didattiche, è tempo scuola non solo per i docenti in servizio, sui quali ricade la responsabilità della sorveglianza, ma anche per gli studenti, che la trascorrono insieme, stabilendo rapporti e interazioni fra tutti i compagni di classe.

Sono la mamma di un ragazzo disabile mentale che ha comma 3. Ha iniziato il primo anno delle superiori ed ha 30 ore di assistenza. Il preside dice che non si possono fare assolutamente le compresenze con il prof di sostegno che ha 4 ore. All’inizio tutto andava bene ma da due mesi han voluto cambiare l’orario facendogli fare ore in piu perchè dicono che la legge è cosi e lui è peggiorato.

Non è scritto da nessuna parte che il docente per il sostegno e l’assistente all’autonomia e alla comunicazione possano trovarsi in servizio nello stesso orario (contemporaneità).
Se è necessario, infatti, in base alla diagnosi funzionale e al parere dei docenti e del Glho, specificato nel PEI, entrambe le figure possono lavorare contemporaneamente e tale compresenza è legittima.
Ciò premesso, dato che lo studente è certificato con art. 3 c. 3 della legge 104/92, in base alla sentenza della Corte Costituzionale dovrebbero essere state riconosciute 18 ore di sostegno (docente), pari al rapporto 1:1; da quanto scrive, invece, sono state assegnate solamente 4 ore di sostegno: questo non è coerente con quanto afferma la normativa oggi.

Siamo i genitori di un ragazzo autistico con legge 104, vorremmo sapere se l’assistente scolastica specialistica possa essere presente in quanto a noi e’ stato negato. E’ possibile che la provincia possa oltrepassare la legge 104?

La legge 104/92 stabilisce, all’art. 13 comma 3, che agli alunni con disabilità, in base ai bisogni soggettivi e debitamente documentati, sia assegnata una figura professionale per l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione; per questo nel Pei, elaborato a inizio anno, vengono indicate le ore necessarie per l’anno scolastico successivo.
Per richiedere l’assistenza per all’autonomia, assegnato nominalmente all’alunno con disabilità, è necessario rivolgersi alla Provincia o all’Ente che adesso la sostituisce; la Provincia aveva (e l’Ente che la sostituisce ha) l’obbligo di fornire assistenti per l’autonomia nella scuola secondaria di secondo grado agli alunni con disabilità ai sensi dell’art 139 del decreto legislativo n. 112/98. La richiesta è inoltrata alla Provincia da parte del Dirigente Scolastico, sulla base delle indicazioni contenute nel PEI.

Sono la mamma di una ragazza che dovrà affrontare esame con Pei differenziato di terza  media.
Se non si consegue il diploma anche l’iscrizione nelle liste di collocamento obbligatorie non servono perché la richiesta da parte delle aziende è di solito con il diploma. Che si può fare?

Nella scuola secondaria di primo grado non è possibile adottare una programmazione differenziata come nella scuola secondaria di secondo grado: scelta che deve essere sottoposta al consenso formale della famiglia e che comporta, a fine percorso, il conseguimento dell’attestato.
Nella scuola secondaria di primo grado, per l’esame di stato sono previste “prove differenziate” (OM 90/2001), che vengono predisposte sulla base del PEI, che deve essere formulato sulla base delle “effettive capacità dell’alunno”, in base all’art. 16 comma 2 della legge 104/92 e non in relazione ai programmi ministeriali; pertanto se l’alunno raggiunge gli obiettivi fissati nel suo PEI, anche se non sa leggere, scrivere e far di conto come i compagni, ha diritto a ricevere il diploma.
Infine, prima di pensare all’iscrizione nelle liste di collocamento, va detto che il ragazzo deve assolvere l’obbligo scolastico fino a 16 anni.

Sono la mamma di un bambino con disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento che frequenta la scuola primaria. Finora il bambino ha seguito il programma di tutta la classe ma in questo momento gli argomenti e metodi stanno diventando più faticosi rispetto alle sue difficoltà che rivestono essenzialmente la sfera del linguaggio. Il bambino viene infatti interrogato oralmente su un volume pari a quello dei compagni e , nonostante si impegni a studiare a casa con il mio ausilio, durante l’interrogazione non riesce a rendere più di tanto , mentre , sugli stessi argomenti da me tradotti in forma scritta “a crocette” fornisce risposte totalmente corrette. Ho segnalato il problema all’insegnante in questione e mi è stato risposto che per mio figlio devo accontentarmi di questo risultato perché è già un traguardo. Mi chiedo se posso richiedere alla scuola di personalizzare il metodo di verifica , pur mantenendo lo stesso programma e , qualora nel PEI non fosse stato specificato, se è possibile che i genitori richiedano una modifica del PEI in itinere.

Faccia presente che per gli alunni con disabilità del primo ciclo il PEI deve essere formulato non sui programmi ministeriali o sulle indicazioni nazionali, bensì “sulla base delle effettive capacità” (legge n. 104/92 art 16 comma 2, mentre il comma 1 consente anche la riduzione dei contenuti di talune discipline).
Inoltre il comma 3 dello stesso art 16 dà diritto allo svolgimento di “prove equipollenti” le quali, secondo quanto stabilito dall’art 6 comma 1 del DPR n. 323/98, possono differenziarsi dalle prove ufficiali sia per le modalità che per i contenuti. Quindi suo figlio ha diritto a svolgere le prove orali in forma scritta e, se la scuola non lo consente, fate presente che sta violando la legge e sarete costretti a ricorrere al TAR per chiedere il risarcimento dei danni.
Per quanto riguarda la convocazione del gruppo di lavoro per apportare modifiche al PEI, potete richiederla al DS, in quanto esercenti la potestà genitoriale e in quanto previsto dal DPR 24/2/1994.

Sono insegnante supplente, non specializzata, di sostegno alla scuola secondaria di primo grado.
Mi è stato richiesto di occuparmi dell’accompagnamento ai servizi dell’alunna disabile che seguo. La bambina non riesce ad aprire il bottone dei pantaloni, nè la cintura, che la famiglia si ostina a metterle, a causa del suo limite motorio alle mani. Si imbambola ogni tanto, cosi’ mi viene richiesto di sollecitare a voce le azioni necessarie stando fuori dalla porta (questo dopo il cdc, perchè la collega più anziana mi dava a intendere che dovevo stare dentro con lei e controllare di fatto che svolgesse il bisogno, e anche aiutare a pulirla dopo defecazione, come fa lei, sulla quale cosa il preside al cdc ha fatto passi inidetro). Ho fatto presente che questi compiti non dovrebbero competere all’insegnante, mi è stato risposto dal DS che è scritto nel PEP che l’autonomia ai servizi è un obiettivo didattico dell’area dell’autonomia dell’alunna ed avendolo io firmato non posso sottrarmi a questa mansione. Chiaramente ho firmato il pep in buona fede nei confronti della collega più anziana che lo ha redatto e non sono andata a leggermelo tutto, avevo già letto quello della primaria per farmi un’idea della situazione e non mi sarei aspettata una cosa del genere.
Le domande sono:
-ho diritto ad avere una copia del PEP per me?
-possono aspettarsi legittimamente che io compia tale mansione travestendola da compito didattico o continua a spettare all’ente locale fornire il personale di sostegno per questo genere di autonomia, come ho letto in svariati testi informativi?
-posso incorrere in sanzioni o problemi da parte della famiglia se risulta che la bambina magari un giorno se la fa addosso perchè non è riuscita ad espletare il suo bisogno in autonomia a scuola? E’ cioè una mia responsabilità nelle ore in cui sono con lei?
– i compiti dell’insegnante specializzata e del supplente non specializzato sono identici o c’è differenza?
Io mi trovo a disagio, non ho scelto questa via, è un ripiego temporaneo, come per tanti; questo non toglie che mi impegni nelle ore con l’alunna gravemente disabile a cercare di rendere produttivo per lei il mio intervento, con tutta la creatività di cui dispongo, visto che non ho formazione al riguardo, ma nel momento in cui mi toccano tali mansioni, diventa più difficile per me rapportarmi serenamente con l’alunna, mi sento una cameriera e la mia attività didattica ne risente negativamente.

Solo in Sicilia l’assistenza igienica è stata affidata con una legge balorda ai Comuni; in tutto il territorio nazionale, compresa la Sicilia, l’assistenza igienica non è assolutamente di competenza dei docenti siano essi assegnati su posto di sostegno o su posto curricolare.
L’assistenza igienico-sanitaria è di competenza dei collaboratori e delle collaboratrici scolastiche in forza del CCNL del 2003 e, successivi, art 47,48 e Tab. A. Il Dirigente Scolastico dovrebbe sapere che egli, in base a tali norme, ha l’obbligo di dare un incarico specifico a uno dei collaboratori o a una delle collaboratrici (nel rispetto del genere degli alunni) e, a seguito di tale incarico, i collaboratori (se non l’hanno ancora fatto) debbono frequentare un corso di aggiornamento di almeno 40 ore, divenuto ora obbligatorio con la legge n. 107/2015 (art 1 comma 181 lettera C n. 8); dal momento della conclusione del corso, i collaboratori salgono di qualifica e ricevono un aumento stipendiale di circa mille euro lordi annui, che entrano nella base pensionabile.
Se il collaboratore (o la collaboratrice) si rifiuta di frequentare il corso o di prestare assistenza igienica all’alunno, allora scattano le sanzioni disciplinari e possono anche aversi denunce penali, che portano alla sanzione penale per rifiuto dei doveri di servizio; così è stato deciso dalla Magistratura con una recente sentenza sulla quale l’avvocato Nocera ha scritto una scheda scaricabile dal sito www.aipd.it (cliccare la voce “Scuola” e quindi “Schede normative”).
Faccia presente al DS che, se non dà l’incarico ad un collaboratore scolastico, può subire denuncia penale per omissione di atti di ufficio e il suo rifiuto potrebbe essere assunto negativamente dall’USR in sede di valutazione ai fini del rinnovo dell’incarico dirigenziale.
È necessario, pertanto, che lei faccia pervenire e protocollare una sua comunicazione al Dirigente scolastico, con la quale rende presente che l’assistenza igienica degli alunni con disabilità non rientra nelle sue mansioni, in base alla normativa citata, declinando quindi ogni responsabilità se l’alunna non viene assistita dalla scuola e se dovesse esservi da parte della famiglia la denuncia per abbandono di incapace e interruzione di pubblico servizio. Eventualmente ci faccia pure sapere qual è la scuola e in quale regione si trova, in modo che possiamo segnalare questo assurdo caso al referente regionale per l’inclusione scolastica e al MIUR.
Per il documento condiviso fra scuola, famiglia e Asl, che la legge definisce Piano Educativo Individualizzato (L. 104/92 e DPR 24 febbraio 1994), elaborato “congiuntamente” dai soggetti richiamati e che, immaginiamo, corrisponda alla voce Pep da lei utilizzata, la stesura di una bozza preliminare all’incontro non può che essere condivisa nel Consiglio di classe; il PEI, che ha durata annuale, ovvero vale per l’anno in corso, deve dapprima essere letto per essere sottoscritto. Pertanto va bene documentarsi leggendo la documentazione pregressa, ma, al tempo stesso, lei avrebbe dovuto compartecipare alla redazione del PEI, leggendo attentamente quanto in esso riportato e condividendo il testo con il GLHO prima di firmarlo.
Una copia del PEI deve essere consegnata alla famiglia (Linee Guida 4/08/2009), mentre una copia viene conservata nel registro dei verbali, ad uso del Consiglio di classe, di cui lei fa parte a pieno titolo. Le ricordiamo, infine, di leggere il contratto di lavoro da lei sottoscritto, nonché i suoi compiti, che trova descritti nel CCNL scuola, Capo IV, Docenti, artt. 24 e seguenti. Tutti i docenti assegnati ad una classe sono responsabili di tutti gli alunni della classe, indipendentemente dal fatto che il DS li incarichi su posto di sostegno o su posto disciplinare. Il docente per il sostegno, in quanto contitolare della classe, valuta tutti gli alunni e adempie a tutti gli obblighi previsti, nella stessa misura dei colleghi (art. 13, comma 6, della L. 104/92).
Infine, se lei, da come scrive: “Io mi trovo a disagio, non ho scelto questa via, è un ripiego temporaneo”, ha assunto l’incarico come “ripiego temporaneo” forse è opportuno che valuti seriamente se restare nel ruolo di docente. Lavorare come docente su posto di sostegno non può in alcun modo essere considerato un ripiego!
Se invece pensa di poter assolvere il suo ruolo in qualità di docente, per il quale le sono richieste competenze psico-pedagogico-didattiche (CCNL), può chiedere al DS che promuova, anche in rete con gli Istituti del territorio o rivolgendosi ai CTI o ai CTRH, un corso di formazione rivolto ai docenti incaricati su posto di sostegno e ai colleghi curricolari per approfondire alcuni aspetti relativi al processo inclusivo e alle strategie metodologico-didattiche.

Sono il papà di un bambino che frequenta la scuola dell’infanzia statale.
Nel corso del primo anno è stato diagnosticato a mio figlio un disturbo dello spettro autistico di primo grado (quello più lieve) e gli sono stati certificati invalidità e l’handicap con gravità.
La diagnosi è arrivata ad anno in corso per cui il primo anno il bambino non ha potuto essere assistito dall’insegnante di sostegno (la nomina è annuale) e dall’assistente ad personam (il comune fissa le risorse economiche solo all’inizio di ogni anno). Data la mancanza di queste figure la scuola ha imposto che l’orario di frequenza del bambino fosse ridotto a mezza giornata (la mattina) e così è stato con la promessa che l’anno successivo avrebbe frequentato tutta la giornata data la presenza delle figure sopra citate.
All’inizio del secondo hanno ci è stata data una copertura di 23 ore tra sostegno e assistente. Nonostante questo la scuola ha pretesto si continuasse con lo stesso orario dell’anno precedente: solo la mattina. Dopo aspre discussioni abbiamo ottenuto che nostro figlio frequentasse circa 6 ore al giorno su 7/8 di frequenza totale possibile.
Considerando che:
– attualmente non è assistito per solo un ora al giorno circa (il primo anno non era assistito in alcun ora e frequentava 5 ore)
– la neuropsichiatria da cui è seguito sostiene che il bambino è in grado di frequentare per l’intero orario giornaliero scolastico
– essendo stato diagnosticato il livello di gravità di autismo più lieve, il bambino non richiede assistenza/supervisione continua in ogni istante perchè non presenta: mancanza fisiche di alcun tipo, deficit cognitivo, non è violento ed è autosufficiente nei bisogni primari
– le problematiche che presenta afferiscono principalmente alla sfera sociale/comunicativa (tra l’altro a differenza dell’anno scorso ora il bambino parla e sa esprimere le proprie intenzioni o bisogni in modo, anche se semplice, ma comunque comprensibile (questo aspetto è riconosciuto dalle stesse insegnanti)
– la scuola, a differenza di molte altre, è seguita da esperti del settore che effettuano mensilmente osservazioni e danno indicazioni operative alle insegnanti
Mi chiedo:
– è possibile per noi chiedere e far riconoscere un orario di frequenza maggiore (vorremmo che il bambino si fermasse 45 minuti in più al giorno per poter fare merenda con i compagni e completare la giornata scolastica insieme agli altri), spesso è lui stesso che non vorrebbe lasciare la scuola e che chiede di potersi fermare mentre usciamo dall’edificio
– mi sapreste dare il riferimento di leggi/articoli normativi che regolano questo aspetto?
– possibile che una dirigente scolastica consideri solo il parere delle insegnanti curriculari? le quali non hanno una formazione specifica sull’argomento autismo e che sostengono di non riuscire a gestire il bambino (capisco che ci si possa trovare spiazzati nella gestione di un bambino diverso dagli altri, però sarebbe meglio informarsi/documentarsi/chiedere invece che elevare un muro dicendo che non si è in grado di gestirlo).
– il parere dell’asl non conta in quanto la scuola si auto-regola da sola? eventualmente la scuola potrebbe riconoscere indicazioni a tal proposito di un neuropsichiatra privato?

L’obbligo scolastico inizia dal sesto anno di età anagrafica, con l’accesso alla scuola Primaria. La scuola dell’Infanzia, infatti, non è obbligatoria. Ora, indipendentemente dal fatto che si parli di un alunno con disabilità o senza, la frequenza, in genere, viene stabilita dalla famiglia, se non prevista in modo specifico dal Piano dell’Offerta Formativa Triennale della scuola. Se la famiglia desidera ritirare il figlio prima del pranzo o subito dopo, può comunicarlo alla scuola e prendere il figlio all’ora concordata. Se invece la famiglia desidera lasciare il proprio figlio a scuola per tutto il tempo previsto dalla scuola stessa, allora può lasciare tranquillamente il bambino, senza sentirsi obbligata da alcuno a ritirare il piccolo.
Se la scuola vi invita a prendere prima il figlio, al di là della vostra decisione, potete far presente che ricorrete per palese discriminazione: un alunno con disabilità non ha un diritto ridotto alla frequenza!

Le scrivo per chiederle delucidazioni in merito a quanto avviene quando i genitori non accettano la proposta di obiettivi differenziati da parte del consiglio di classe perché lo studente non ha i prerequisiti per affrontare l’anno in corso.
E’ corretto predisporre un PEI per obiettivi minimi facendo peraltro
riferimento ad una cosiddetta “programmazione” equipollente così come richiesto dai genitori?
Da quanto previsto dalla normativa “l’alunno deve essere valutato come se non fosse in situazione di handicap”, pertanto presumo che non possa essere considerata la possibilità di predisporre alcun un PEI.

Il PEI deve essere obbligatoriamente predisposto per ogni nuovo anno scolastico: non sussistono motivazioni valide a supporto della omessa redazione da parte del gruppo di lavoro (insegnanti della classe, famiglia, specialisti Asl) di tale documento.
Per quanto riguarda la programmazione, parte integrante del PEI, unicamente nella secondaria di secondo grado è possibile adottare una “valutazione differenziata” o “riconducibile ai programmi ministeriali” (la norma per l’integrazione non fa mai riferimento agli obiettivi minimi).
Se a fronte della richiesta del Consiglio di Classe di adottare una valutazione differenziata, la famiglia (che deve essere obbligatoriamente consultata al riguardo e che deve esprimere formale assenso o rifiuto) rifiuta, allora il Consiglio di classe considera l’alunno non “con disabilità” per quanto riguarda unicamente la valutazione, mentre permane valida ogni altra forma e modalità prevista a favore dello studente con disabilità (prove equipollenti, individualizzazione del percorso, utilizzo di ausili, ecc.); ciò in base all’art. 15 dell’OM 90/2001.

Se la scuola superiore non informa la famiglia del fatto che, tenendo l’insegnante di sostegno al quinto anno, non si conseguirà il diploma ma solo un attestato di frequenza, si può recuperare in qualche modo (visto l’errore della scuola)? Il ragazzo ha ormai poco più di trent’anni e lavoricchia, ma il diploma gli farebbe comodo per cercare un lavoro migliore.
Poi.. Può essere che questa cosa fosse perlomeno scritta nel Pei? Ogni quanto si fa e si firma il Pei? Solo il primo anno o ogni anno?

Lei non ha specificato se trattasi di corso serale, rivolto agli adulti, o di corso diurno; non si giustificherebbe, infatti, uno studente di oltre 30 anni al corso diurno.
Ciò premesso, ricordiamo che il Piano Educativo Individualizzato deve essere redatto per ogni nuovo anno scolastico. In merito alla programmazione, parte integrante del PEI, è necessario acquisire il consenso firmato dei genitori o degli esercenti la potestà genitoriale per procedere con una programmazione differenziata, (gli studenti che seguono una programmazione differenziata conseguono un attestato).
Se la scuola non ha informato la famiglia, nei tempi utili, risulta inadempiente; ciò potrebbe comportare l’avvio di un’azione per omissione di atti d’ufficio e danni esistenziali.

Sono un insegnante di sostegno della scuola primaria. Avrei bisogno di una delucidazione: spesso noi insegnanti di sostegno ci troviamo a fare delle ore in più per uscite didattiche, gite, laboratori, spettacoli di fine anno senza avere la possibilità di recuperarle. A tal proposito vorremmo sapere se c’è una circolare ministeriale o una legge che regoli tale situazione.

La questione riguarda tutti i docenti, sia incaricati su posto di sostegno che su posto comune. Deve prendere visione degli accordi intercorsi fra le RSU e il dirigente del suo istituto, accordi che, in genere, sono prima  discussi in assemblea (docenti e Rsu).
Tenga presente, in ogni caso, che per i viaggi di istruzione e per le uscite didattiche la sua partecipazione è subordinata alla sua disponibilità. Per gli spettacoli e laboratori, si rimanda alla contrattazione di istituto.

Sono un educatore professionale che lavora nelle scuole in qualità di assistente educativo di minori con handicap. Visto che a livello nazionale non esiste ancora una lettura chiara ed univoca del nostro ruolo molti operatori, ma anche le scuole a cui veniamo assegnati, navigano nel caos con interpretazioni proprie e diverse tra un plesso all’altro. La domanda in questione è : noi Educatori abbiamo la responsabilità sul minore che seguiamo.

Se è vero che la responsabilità degli alunni è affidata ai docenti assegnati alla classe, è vero che anche gli assistenti hanno una loro responsabilità:
– vi è responsabilità penale per dolo o colpa grave o lieve se l’alunno subisce dei danni personali;
– vi è responsabilità civile per danni subiti dall’alunno in forza dell’art 1118 del Codice Civile, in quanto voi siete assegnati all’alunno con disabilità;
– vi è responsabilità per danni prodotti a terzi dall’alunno: siete responsabili solo per dolo o colpa grave e, in caso di colpa grave, siete liberati se dimostrate di aver fatto di tutto per evitare il danno;
– se l’assistente è individuato come accompagnatore in viaggi di istruzione o uscite didattiche, valgono le norme generali indicate sopra.
Occorre peraltro precisare che per l’assistente all’autonomia e alla comunicazione sussiste il divieto di portare gli alunni con disabilità fuori dalla classe, salvo particolari situazioni descritte e motivate nel PEI e per periodi limitati e, comunque, non in un’aula cosiddetta di sostegno o di gruppi di soli alunni con disabilità, condizione vietata in modo esplicito dalle Linee Guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità del 4 agosto 2009.

Sono il papà di un bimbo affetto da emofilia A grave, riconosciuto art 3 comma 3 legge 104 in situazione di gravità.
Volevo sapere se alla scuola dell’infanzia è prevista una figura che lo controlla a scuola, visto che per lui e molto pericoloso avere traumi,  che in classe è facile avere senza che la maestra se ne accorga.

Si può provare a chiedere al Comune la nomina di un assistente per l’autonomia ai sensi dell’art 13 comma 3 della legge n. 104/92; temo però che il Comune si dica non disposto a nominare per questo un’assistente. Chiedete ai docenti di avere particolare attenzione nei confronti del bambino. Al tempo stesso potreste tentare di avere una certificazione medica nel senso richiesto e, in caso di rifiuto del Comune, tentare un ricorso al TAR. Abbiamo, tuttavia, qualche perplessità circa l’esito positivo del ricorso.

Sono un insegnante di sostegno di un  liceo artistico. Quest’anno sto seguendo un alunno della classe  prima con una programmazione per obiettivi minimi.  Il ragazzo oltre alla  diagnosi primaria  per cui usufruisce del sostegno,  è fortemente obeso  e sta accumulando un numero eccessivo di assenze,  anzi ha già superato il limite annuo. Quando è presente, si impegna e partecipa attivamente alle lezioni. La mia domanda è questa:  per gli alunni disabili che seguono una programmazione semplificata, che cosa dice la normativa relativamente alle assenze? Hanno un limite annuo da non superare? La famiglia potrebbe appellarsi alla necessità di riposo determinata dall’obesità?  Si affatica facilmente.

L’art 14 comma 7 del DPR n. 122/2009 stabilisce che, se le assenze sono motivate e giustificate a livello sanitario, si può superare il quarto delle assenze senza che l’anno scolastico venga invalidato.
È però importante che lo studente riesca a farsi interrogare da tutti i docenti e sostenga tutti i compiti in classe, in modo da essere valutato da tutti i docenti.

Sono una docente referente per l’inclusione. Vorrei spere se è possibile fare i gruppi h senza operatori dell’ASP. Se sono obbligati a presenziare (almeno un operatore), potrei conoscere nello specifico quale legge tutela la scuola in questo senso?

L’art 12 comma 5 della legge n. 104/92 stabilisce che il GLHO deve essere composto anche dagli operatori sociosanitari che seguono il caso; l’art 15 comma 2 della legge 104/92 stabilisce che il GLHI, oggi GLI, deve essere composto anche dagli operatori sociosanitari di zona della scuola; pertanto avete l’obbligo di richiedere sia all’ASL che ai servizi sociali del comune di fornirvi i nominativi di tali operatori che dovete formalmente invitare ad ogni riunione; se poi, pur essendo stati regolarmente invitati, non partecipano, le riunioni sono egualmente valide e deliberano validamente anche senza la loro presenza.

Sono la Coordinatrice didattica di una scuola primaria paritaria.
Nel mese di novembre ho accettato l’iscrizione per la prima classe dell’anno scolastico 2017-2018 di un bambino i cui genitori  hanno parlato di difficoltà minime rilevate dai medici. Mi avevano promesso di consegnarmi la diagnosi in loro possesso ma, sebbene li abbia sollecitati più volte, non riesco a leggere alcun documento che descriva la reale situazione. Nel frattempo io ho accettato altre iscrizioni formando una classe di circa 26 allievi. Come devo comportarmi? Posso rifiutarmi di accettare questa iscrizione se non vedo chiaro? Posso sicuramente continuare ad insistere e aspettare il 28 di febbraio. Se non ricevo nulla entro quella data posso non ritenere valida l’iscrizione?

Se l’iscrizione è pervenuta nei termini, ma senza documentazione di disabilità, a nostro avviso, dovreste accettarla come iscrizione normale; fate quindi presente che senza certificazione l’alunno non verrà considerato con disabilità e non potrete trattarlo come tale ai fini del suo diritto allo studio. Se invece la certificazione perverrà entro il termine finale delle iscrizioni, dovete dargli la precedenza per l’iscrizione ai sensi dell’art 3 comma 3 della legge n. 104/92, purchè l’alunno presenti una certificazione di gravità ai sensi dello stesso art. 3 comma 3; se invece l’alunno è certificato in base al comma 1 dell’art. 3, egli non gode di priorità; però conserva la collocazione in graduatoria secondo la data di iscrizione.
Se siete una scuola anche paritaria, avete diritto a scegliervi un docente per il sostegno, comunicarne il nominativo all’Ufficio Scolastico Regionale, e pretendere dallo stesso Ufficio il pagamento, come per gli altri docenti.

Mia figlia deve frequentare la scuola superiore e oltre al sostegno ha bisogno di un educatore per supporto. Come devo muovermi per fare richiesta dell’educatore?

Se la Regione ha stabilito che gli assistenti di cui all’art 13 comma 3 della legge n. 104/92 per la scuola Secondaria di secondo grado vengano assegnati dalla Regione, dovete immediatamente chiedere o far chiedere dalla scuola alla Regione; se invece la Regione ha delegato un altro ente, ad es. la stessa provincia o il Consorzio dei Comuni, la richiesta va indirizzata a questo ente.

Avrei bisogno di qualche chiarimento in merito ad una situazione creatasi nell’istituto di scuola primaria dove mia figlia frequenta il secondo anno. Nella scuola, che fa tempo pieno, sempre dello stesso paese, in una quarta c’è un alunno con sindrome autistica che è senza insegnate di sostegno (questo perché il suo insegnante dell’anno scorso purtroppo è venuto a mancare e dicono di non riuscire a trovare un sostituto); dal 9 gennaio, il DS, senza preavviso, ha trasferito l’insegnante di matematica/scienze/geografia/motoria dal nostro istituto a tempo normale a quello a tempo pieno,  dando a questa maestra un incarico forse non suo …. il sostegno!! Ma il problema è che a metà anno non credo sia giusto e possibile legalmente trasferire un insegnante di quest’importanza per le classi seconde … solo per scelta personale!! Senza informare i genitori e figli delle classi seconde che si ritrovano spiazzati!!! E la continuità didattica? E quel povero bimbo che viene strapazzato da inizio anno???

È vero che la normativa assegna al Dirigente Scolastico il potere di assegnare i docenti alle classi, ma è pur vero che il principio della continuità didattica è egualmente presente nella normativa e costituisce, a nostro avviso, un limite ai poteri del DS quando sono in gioco i diritti di alunni.
Pertanto vi consigliamo di rivolgervi al responsabile regionale per l’inclusione scolastica.
Se non riusciste a risolvere tramite l’intervento del referente regionale, che potrebbe anche aiutare la scuola a trovare il docente per il sostegno, non vi resterebbe che rivolgervi ai sindacati-scuola o alla Magistratura.

Sono un’insegnante di sostegno della scuola media. Quest’anno mi è stato affidato in prima un ragazzino certificato che ha grossi problemi comportamentali che lo portano ad allontanarsi e a mettersi in situazione di pericolo. Purtroppo io e le altre due figure di sostegno che lavorano con me su di lui non abbiamo ricevuto un adeguato supporto innanzitutto dalla psichiatra, che ha fatto una diagnosi piuttosto approssimativa e che dietro nostra insistenza non è venuta a fare un’osservazione a scuola né ha mandato qualcuno per conto suo a farla. La famiglia è in difficoltà, la madre è l’unica che riesce a gestire un pò di più il ragazzino, lei sostiene che il figlio ha lo spettro autistico (anche io ho notato dei tratti caratteristici ma non figura nulla sulla diagnosi). A casa il bimbo passa ore ed ore davanti al televisore o sul tablet a guardare i suoi cartoni animati preferiti. A scuola non vuole entrare in classe, scappa, è salito sul tetto e su un ballatoio non protetto delle scale. Io ho fatto presente a tutti, psichiatra, genitori, colleghi e dirigente la pericolosità di certi comportamenti problema che il bimbo mette in atto. Nessuno pare preoccuparsi. Ho chiesto espressamente alla dirigente di mettere in sicurezza alcuni punti della scuola che, quest’anno con la presenza di questo alunno, sicuri non sono; lei ha detto che avrebbe contattato il comune ma ha minimizzato la mia preoccupazione. Le ho anche detto l’importanza di coinvolgere tutto il personale della scuola con un preciso piano di intervento in caso di necessità con il bimbo, che è a carico dell’intera scuola e non solo delle figure di sostegno. Spesso noi siamo fuori dalla classe e i colleghi curricolari nemmeno si chiedono dove siamo e cosa stiamo facendo. La dirigente propone come soluzione il contenimento fisico; io mi rifiuto di farlo, non è un metodo educativo, non sarei nemmeno in grado e soprattutto con questo ragazzino è deleterio, diventa aggressivo all’ennesima potenza, tira calci, pugni, morsi, urla ed è difficile calmarlo. Certi comportamenti problematici vanno compresi e prevenuti a mio parere.
Vorrei avere dei chiari e semplici rifermenti normativi su ciò che noi figure di sostegno, tutti i docenti di classe, i bidelli, la dirigente dobbiamo o non dobbiamo fare, specie in quelle situazioni di reale difficoltà (nello specifico qualcosa che indichi come il contenimento fisico è da evitare) e fin dove arriva la responsabilità di ognuno di noi.

In merito al quesito posto, ci siamo rivolti, in quanto esperta nel campo dell’autismo, a Donata Vivanti, vice-presidente della FISH.
Scrive Donata Vivanti, Responsabile gruppo scuola di FISH:

“Gentile prof.ssa,
la ringrazio per averci contattato. Lei ha ragione su tutto, è un peccato che la scuola non sappia valorizzare e talvolta nemmeno comprendere le risorse di cui dispone al suo interno. Una persona della sua sensibilità e lucidità di giudizio sarebbe ancora più preziosa se adeguatamente formata ad affrontare le situazioni come quella che descrive e considerata un valido sostegno innanzi tutto per i colleghi e il personale della scuola in generale, dirigenti compresi. Purtroppo nemmeno le neuropsichiatria infantili dispongono di una formazione adeguata, poiché si tratta di conoscere strategie di tipo comportamentale che hanno una valenza prettamente educativa. I neuropsichiatri e i medici in generale (lo dico sulla base della mia formazione di medico) non hanno le basi per comprendere e mettere in atto strategie di tipo educativo. Gli psicologi possono essere dotati di competenze di base più adeguate, ma sono pochi nelle ASL e in Italia generalmente poco esperti di psicopedagogia.
Per venire agli aspetti relativi alla violazione dei diritti dell’alunno, la Convenzione ONU sui diritti delle Persone con disabilità, che è legge in Italia dalla ratifica avvenuta con legge 18 del 2009, proibisce il contenimento, sulla base del Principio generale di rispetto della dignità intrinseca di ogni persona (Art.3 (a), e dell’articolo 17, che ribadisce che ogni persona con disabilità ha diritto al rispetto della propria integrità̀ fisica e mentale, su base di uguaglianza con gli altri, indipendentemente dal livello di sostegno necessario (Preambolo, (J)), una frase quest’ultima che viene usata nella Convenzione ONU per indicare la gravità della disabilità.
Inoltre l’Articolo 14, Libertà e sicurezza della persona, impone di garantire che le persone con disabilità godano del diritto alla libertà e alla sicurezza personale, su base di uguaglianza con gli altri (ovvero, non siano trattate diversamente dalle altre persone, in questo caso dagli altri alunni, per i quali non credo sia considerato accettabile esercitare la contenzione fisica); l’Articolo 15 stabilisce che nessuno può  essere sottoposto a tortura, a pene o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti (e la contenzione, per questo alunno, sembra essere una forma di tortura, viste le sue reazioni, oltre a configurarsi senza dubbio come un trattamento degradante); l’Articolo 16 impone di proteggere le persone con disabilità… contro ogni forma di … violenza e di abuso (la contenzione fisica lo è). Inoltre l’articolo 7, Minori con disabilità, impone di garantire il pieno godimento di tutti i diritti umani e delle libertà̀ fondamentali ai minori con disabilità. Infine l’articolo 5, Uguaglianza e non discriminazione, impone di adottare “accomodamenti ragionevoli”, ovvero “le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo, adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà̀ fondamentali” (Art. 2, Definizioni). La messa in sicurezza della scuola è quindi doverosa e, in prospettiva, utile per tutti gli alunni.
Inoltre, come lei ha ben compreso, la contenzione fisica non solo costituisce una violazione dei diritti dell’alunno, ma è anche una pratica controproducente, poiché peggiora i problemi di comportamento e a breve e lungo termine. Non solo infatti scatena reazioni violente, immediate, che lasciano capire quale sofferenza costituisca per l’alunno la contenzione, ma a lungo termine renderà sempre più difficile l’accoglienza e la permanenza dell’alunno a scuola, aumentando i comportamenti di fuga e l’esclusione dalla classe. Se in casi come questo può essere necessario un percorso di inclusione graduale nella classe, questo percorso dovrebbe essere condiviso con gli insegnanti di classe e con la famiglia, sempre con l’obiettivo di inserire l’alunno nella classe e in un percorso di crescita insieme ai coetanei. Non ho parole per il (purtroppo comune) comportamento dei docenti curricolari che si lavano le mani dell’alunno, contravvenendo al loro dovere di insegnanti. Anche loro avrebbero bisogno di una formazione molto più approfondita sulla disabilità, se non altro per acquisire le competenze necessarie a costruire insieme un percorso d’inclusione che in nessun caso può infrangere i diritti dell’alunno e prescindere dalle sue necessità.
Mi chiedo inoltre quale insegnamento possa dare agli altri alunni una scuola che ignora la dignità intrinseca di ogni essere umano, indipendentemente dalle sue condizioni; essa viola i diritti umani dei più vulnerabili e li espone a trattamenti degradanti, come la contenzione. Non sono certo gli apprendimenti accademici l’obiettivo principale dell’istruzione, ma la costruzione di cittadini giusti e solidali.
Mi auguro che la mia risposta possa aiutarla a far valere il suo sacrosanto punto di vista, e incoraggi la dirigenza ad avviare un adeguato percorso di formazione utile a prevenire i comportamenti problematici, piuttosto che a sanzionarli. Formazione peraltro utile per gestire tutti gli alunni in difficoltà, non solo gli alunni con disabilità comportamentali.”

Chiedo  informazioni per la redazione del PEI di un’allieva ipovedente affetta da retinite pigmentosa (primo anno di un Istituto di Formazione professionale).
Le difficoltà riguardano soprattutto la disciplina informatica: l’allieva non è in grado di seguire il programma della classe (es. l’utilizzo di word prevede la formattazione,…). A seguito di ciò si potrebbe decidere per la stesura di un PEI differenziato che , però, non porterebbe all’acquisizione della qualifica ma solo ad un certificato di competenze.
Mi potrebbe dare un supporto relativamente alle procedure da mettere in atto nel supporto degli allievi ipovedenti che non possono acquisire certe competenze disciplinari a causa del deficit visivo?

L’efficace utilizzo del computer e degli strumenti informatici, intesi come ausili, costituisce uno degli obiettivi fondamentali per gli studenti ipovedenti.
Se la studentessa mostra difficoltà in informatica, questo fatto non può costituire il motivo per passare ad un PEI differenziato. Provate da un lato a personalizzare l’intervento didattico, procedendo in modo graduale e dando tempo alla studentessa di familiarizzare con il computer e con le opportunità che esso offre, dall’altro a “modificare” lo strumento, affinché per la studentessa sia maggiormente accessibile.
Potreste rivolgervi ai CTS territoriali sia per avere informazioni pratiche sia per richiedere la configurazione del computer, l’installazione di software e l’adozione di particolare strumentazione, ovvero ausili, lavorando, al tempo stesso, sul potenziamento dell’autonomia. della studentessa.

Sono la mamma di una bimba certificata con anomalia genetica ritardo motorio e cognitivo.
Tra poco dovremo iscrivere alla scuola primaria nostra figlia, anche un altro bimbo che uscirà dalla scuola dell’infanzia (certificato spettro autistico) verrà iscritto per lo stesso tempo scuola di nostra figlia (di solito viene formata una sola sezione per questo tempo scuola).
Volevo sapere se è possibile mettere due bambini certificati nella stessa classe? Quali tutele hanno?
Noi genitori che potere abbiamo nella scelta dell’insegnante di sostegno?

Gli alunni certificati con gravità ai sensi dell’art 3 comma 3 della legge n. 104/92 hanno diritto di precedenza ad iscriversi alla scuola; in tal caso la classe non può avere più di 20, massimo 22 alunni in totale; non ci sono limiti attualmente all’iscrizione di due bimbi con disabilità nella stessa classe, a meno che il Consiglio di Istituto abbia deliberato in tal senso prima della data di inizio delle iscrizioni.
Alla classe alla quale saranno iscritti i due bambini verranno assegnati, per ciascun alunno, un docente per il sostegno, in base alle ore indicate nel PEI elaborato all’inizio dell’ultimo anno di scuola dell’Infanzia. Il docente di sostegno viene scelto dall’amministrazione scolastica fra i docenti specializzati in servizio (se di ruolo) oppure fra docenti a tempo determinato, scorrendo le graduatorie, in base al rispettivo punteggio. Se conoscete qualcuno nella scuola, potete chiedere al D.S., ma non è detto che la vostra richiesta sia accolta.
Oltre al docente specializzato, per ciascun bambino vengono predisposti, come alla scuola dell’Infanzia, i documenti previsti, ovvero il PEI, elaborato per ogni anno scolastico dal gruppo di lavoro, GLHO (insegnanti della classe, specialisti Asl, genitori) e, nei tempi previsti, l’aggiornamento del PDF (Profilo Dinamico Funzionale).

Sono un’assistente all’autonomia e alla comunicazione che lavora presso una scuola secondaria di primo grado. Seguo un ragazzo con un ritardo mentale gravissimo (non valutabile). Vi avevo scritto all’inizio dell’anno scolastico per la difficoltà nella gestione dei comportamenti violenti del ragazzo. In sinergia col docente di sostegno abbiamo lavorato su una fase di accoglienza per il benessere del ragazzo in questione. Purtroppo i comportamenti violenti anche se sono diminuiti non sono scomparsi, in quanto il ragazzo li mette in atto quando è stanco, quando ha malesseri fisici (ciò accade spessissimo a causa della sua patologia) o quando è oppositivo. Ovviamente abbiamo lavorato sulla gestione di tali comportamenti. Adesso vi scrivo perché è stato vinto un ricorso in merito alla mia figura professionale (25 ore, prima ne facevo 18). Considerate le difficoltà della gestione del ragazzo ( abbiamo sempre lavorato in compresenza con l’insegnante di sostegno per garantire la tempestiva gestione dei comportamenti problematici e per evitare che il ragazzo possa ferirsi a causa dei comportamenti autolesionistici che ha strutturato nel corso della sua vita) mi chiedo come possa tutelare adeguatamente il ragazzo e me stessa trovandomi potenzialmente da sola con lui ( purtroppo ci troviamo costretti a lavorare spesso fuori dalla classe per tutelare il gruppo-classe dagli atteggiamenti violenti e aggressivi che manifesta, ad es. morsi). Purtroppo non credo che la scuola mi possa affiancare del personale di supporto al di fuori delle 18 ore dell’insegnante di sostegno.
Chiedo a Voi come io possa essere tutelata legalmente (posso/ devo rimanere da sola considerate le specificità?) e come dovrei comportarmi durante la scopertura delle ore in cui mi troverò da sola col ragazzo (considerato che non sempre è possibile andare in classe perché il ragazzo si oppone e non posso certo costringerlo prendendolo in braccio e scatenando la sua aggressività!) per evitare di non poterlo tutelare adeguatamente evitando che possa farsi/farmi male. Comprendo perfettamente che il problema è relativo ad una gestione pratica ma mi preme capire se la mia posizione è a rischio e, in caso affermativo, come gestire la situazione (deve essere la scuola, il comune o la cooperativa a prendersi carico della gestione del problema o riguarda esclusivamente me?).

Premesso che non esiste la condizione di “non valutabilità”, e lo ha affermato la normativa italiana riconoscendo e tutelando il diritto allo studio di tutti gli alunni, indipendentemente dal loro funzionamento, come lei sa, l’assistente svolge la sua attività lavorativa in presenza del docente in servizio (sia esso di sostegno o incaricato su posto disciplinare). Ne consegue che durante le ore in cui lei presta servizio, deve svolgere tale tempo in classe, alla presenza del docente.
Sulla gestione dello studente deve intervenire il docente curricolare, che non può delegare tale gestione esclusivamente a lei.
Infine è opportuno aggiungere che è quanto mai necessario avviare, da subito, un percorso di graduale presenza nella classe, in modo che lo studente si abitui a stare con i compagni.

Sono la mamma di un bimbo di 6 anni, non vedente dalla nascita che il prossimo settembre inizierà a frequentare la scuola primaria dopo un anno di prolungamento della scuola dell’infanzia.
Nel nostro paese non esiste il tempo pieno e dovendo io riprendere il lavoro ad orario completo (l’azienda non mi concederà nessuna riduzione) ho fatto richiesta in alcune scuole dei paesi limitrofi, finora ho ricevuto solo risposte negative visto che prevedono una sola sezione di tempo pieno per il prossimo anno scolastico… è possibile che non esista una possibilità per uscire da questa situazione?

Premesso che è bene che il bambino segua il percorso con i suoi compagni, tanto che la stessa normativa ha più volte richiamato sul fatto di evitare i trattenimenti alla scuola dell’Infanzia, ogni scuola, prima di organizzare le sezioni di scuola Primaria, dovrebbe consultare i genitori in merito alla loro preferenza per il tempo-scuola. Da quanto scrive, la scuola da lei contattata non offre questo servizio.
Ora, l’art 3 comma 3 della legge n. 104/92 stabilisce che le persone con disabilità grave accertata hanno diritto di precedenza nell’accesso ai servizi previsti dalla stessa legge-quadro, principio che viene solitamente interpretato in riferimento ai servizi gestiti nell’ambito dello stesso comune di residenza. Quindi se ci fosse una scuola a tempo pieno nel vostro Comune avreste sicuramente diritto alla precedenza; per le scuole a tempo pieno gestite da comuni vicini, potreste provare a chiedere il rispetto della precedenza dal momento che nel vostro Comune non ci sono scuole a tempo pieno (domanda: non si capisce il rapporto 1:4 da lei descritto; perché mai un bambino, da solo, occuperebbe il posto di ben quattro alunni?)
Lo stesso dicasi per la richiesta di assistenza all’autonomia e alla comunicazione, che viene garantita dal Comune di residenza, a meno che i due comuni non concordino in proposito delle agevolazioni a favore dell’interessato non residente.
Per le ore pomeridiane potreste provare a chiedere se esiste un centro educativo gestito dal vostro comune o da un’organizzazione di volontariato e se il Comune si accolla la spesa della frequenza di vostro figlio. Infine potreste chiedere l’assistenza domiciliare pomeridiana al vostro Comune di residenza.

Sono un docente di sostegno della scuola secondaria di secondo grado. Mi si presenta il caso di un alunno accompagnato fino ad ora da certificazione che da’ diritto all’attivazione di un protocollo BES (disprassia). Una volta raggiunta la maggiore età, mentre frequenta il quarto anno, la famiglia presenta un certificato della ASL per deficit cognitivo lieve.
Essendo stata presentata tale certificazione per la prima volta per alunno maggiorenne, che quindi non era mai stato seguito da docente di sostegno (per altro con espresso rifiuto da parte della famiglia), avrebbe adesso diritto ad insegnante di sostegno?

Il diritto nasce siolo se c’è una certificazione dell’ASL o della Commissione INPS dalla quale risulti che l’alunno è certificato ai sensi dell’art 3 comma 1 o comma 3 della legge n. 104/92. Senza tale certificazione la diagnosi funzionale non basta. Con tale certificazione, anche se presentata con ritardo, si deve convocare un GLHO nel quale formulare il Profilo Dinamico Funzionale e quindi il Piano Educativo Individualizzato per l’anno scolastico in corso, indicando, nel Pei, le ore di sostegno da richiedere all’Ufficio Scolastico Regionale.

Sono la mamma di una ragazza di 15 anni di seconda superiore con certificazione, pei semplificato e vorrei sapere il docente di sostegno quando deve portarla fuori in che momenti. A mia figlia piacerebbe molto essere portata fuori dall’aula. Come posso fare?

Le uscite dall’aula, se necessarie, debbono essere concordate nel PEI e debitamente motivate.
Quindi se l’alunna desidera uscire, ciò potrebbe essere segno che in classe non è bene accolta o si trova male; e questo sarebbe indice di cattiva inclusione.

Sono un’insegnante di sostegno in un istituto tecnico, quest’anno seguo il caso di un ragazzo con ritardo cognitivo di media entità, iscritto in una prima. Si è deciso in consiglio di classe, in presenza dei genitori che spingono fortemente per il raggiungimento degli obiettivi di classe, di seguire gli obiettivi minimi per la maggior parte delle materie e obiettivi differenziati per due materie per riuscire se possibile a colmare le lacune accertate.
Ho posto la questione all’ufficio provinciale  che ha affermato la possibilità di  adottare tale modalità per valorizzare le capacità del
ragazzo.
Le vostre risposte  invece dicono che tale modalità non è possibile nelle scuole superiori  perchè porta a risultati legali contrapposti. I genitori possono agire contro la scuola per disattesa degli obiettivi?
Con tale modalità si passa ad una programmazione differenziata? I ragazzi con ritardo cognitivo medio/grave possono conseguire il titolo legale? Ho sempre letto, nelle varie disposizioni, riferimenti al ritardo cognitivo lieve.

Va detto che la condizione di disabilità intellettiva, termine che oggi sostituisce l’espressione ritardo mentale, non preclude il conseguimento del diploma; inoltre nessuna disposizione normativa ha mai fatto distinzioni fra “funzionamento cognitivo” e conseguimento del titolo di studio. Il conseguimento del titolo di studio è legato al percorso svolto. Il conseguimento del titolo di studio è legato al percorso effettivamente svolto, percorso strutturato coerentemente con la condizione della persona.
Per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado sono previsti, a scelta della scuola ma con precisi vincoli, due possibili curricoli: il primo semplificato o individualizzato, ovvero “riconducibile ai programmi ministeriali”; il secondo differenziato.
Il primo consente, superato l’esame di stato, di ottenere il Diploma, mentre per il secondo è previsto il rilascio dell’attestato. La scelta di una “programmazione differenziata”, tuttavia, non è scelta esclusiva della scuola: il Consiglio di classe deve, infatti, acquisire formalmente il consenso da parte della famiglia (OM 90/2001).
Occorre infine ricordare che l’adozione di una programmazione riconducibile ai programmi ministeriali (o programmazione semplificata) non esonera la scuola dal non tener conto della condizione di disabilità e delle opportunità che la norma prevede; in base dell’art. 16 della legge n. 104/92, il Consiglio di classe è tenuto a “individualizzare” il curricolo, strutturando prove equipollenti che si differenziano da quelle dei compagni per le modalità (esempi: prova scritta invece della prova orale o viceversa, o prova scritta integrata con la prova orale, ecc.) e/o per i contenuti (ad es. domande a scelta multipla, vero-falso, di completamento, ecc.), per l’uso di ausili (dattilobraille, puntatore oculare, tavoletta di etran, ecc.). Tali prove, comunque, debbono mettere l’esaminatore o il docente della disciplina in grado di verificare se l’alunna ha acquisito gli elementi sufficienti rispetto alle singole discipline; tale principio è stabilito nel DPR n. 323/98 art 6 comma 1.

Mia figlia ha seguito una programmazione col Pei per tutto il liceo conseguendo un attestato ora vorrebbe prendere un diploma integrando le materie o comunque conseguire la maturità avendo un diploma a tutti gli effetti in una scuola privata a cui abbiamo chiesto si può fare o ci sono accorgimenti?

Da quanto scrive non precisa se, durante la frequenza del liceo, per sua figlia sia stata adottata una programmazione differenziata oppure riconducibile ai programmi ministeriali; in virtù dell’Attestato conseguito, si deduce che voi abbiate firmato il consenso per l’adozione da parte della scuola di una programmazione differenziata.
Il conseguimento dell’Attestato non compromette la possibilità per gli studenti con disabilità di iscriversi come privatisti e di sostenere gli Esami di Stato per il conseguimento del titolo di studio; in questo caso la scuola predispone “prove equipollenti”, sulla base della programmazione riconducibile ai programmi ministeriali che la scuola dovrà predisporre nel Pei, formulato in base al DPR 24/2/94 e alle legge 104/92.

Sono un’insegnante di sostegno in ruolo. L’alunno con certificazione di disabilità la prossima settimana cambierà casa e quindi si trasferirà… va da sè che non frequenterà più la nostra sede.
Premetto che la nostra segreteria sta ancora cercando di nominare l’ultima insegnante si sotegno su incarico annuale; come potrò essere utilizzata io? Dal momento che nella classe dove è inserito il bambino HC ci sono diversi bambini con difficoltà certificate tramite PDP, potrei rimanere a lavorare nella stessa classe?

Il docente per le attività di sostegno è assegnato alla classe in cui è iscritto un alunno con disabilità.
Per quanto riguarda gli alunni con BES di seconda e terza sottocategoria (utilizzando l’espressione introdotta dalla Direttiva 27/122/2012) non è previsto in alcun caso che alla classe venga assegnato un docente specializzato per il sostegno.
Nel momento in cui l’alunno si trasferirà, da quanto scrive, è probabile che venga utilizzata nella classe dell’Istituto in cui non è ancora stato individuato il docente destinatario dell’incarico per il sostegno.

Vorrei conoscere la normativa riguardo l’utilizzo degli insegnanti di sostegno in sostituzione dei colleghi curriculari  assenti. È lecito utilizzare l’insegnante di sostegno in caso di assenza del docente curriculare della propria  classe?

In relazione al processo inclusivo, le Linee Guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità precisano che “l’insegnante per le attività di sostegno non può essere utilizzato per svolgere altro tipo di funzioni se non quelle strettamente connesse al progetto d’integrazione” (Linee Guida 4/8/2009, Prot. n. 4274). L’insegnante incaricato su posto di sostegno assume, infatti, la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui opera (art. 13, c. 6, della Legge 104/92).
In assenza, dunque, di uno dei due docenti che operano in contitolarità nella classe alla quale sono assegnati, in questo caso in assenza del docente curricolare, il docente per il sostegno non può essere utilizzato come supplente. Per le supplenze, il DS deve attenersi a quanto indicato dal DM 131/07 e dalla Nota Prot. n. 9839 dell’8 novembre 2010.

Vorrei sapere ogni quanto è necessario rifare la diagnosi funzionale e soprattutto se è necessario rifarla all’ultimo anno delle scuole superiori, tenuto conto che all’università non è previsto l’insegnante di sostegno.

La Diagnosi Funzionale viene rivista periodicamente, previa richiesta di aggiornamento all’Asl da parte delle famiglie, in quanto deve essere riconsiderata in base all’evoluzione della persona. L’aggiornamento della Diagnosi Funzionale avviene, di media, ad ogni passaggio di grado di istruzione o in presenza di condizioni nuove sopravvenute.

Sono una musicista iscritta alle graduatorie in terza fascia. Mi è stata proposta  una supplenza fino al 30 giugno su sostegno in una scuola media. Mi hanno specificato che il caso era molto grave  ma non potevo immaginare fino a che punto.
Mi hanno affidato una ragazza di 18 anni paraplegica che non parla e non si muove  autonomamente. Non è in grado nemmeno di formulare un si o un no. Viene alimentata con un procedimento lungo e minuzioso attraverso una valvola nello stomaco e cambiata con un procedimento alquanto faticoso e  pericoloso che prevede la svestizione e il togliere un busto molto particolare. La ragazza soffre anche di crisi epilettiche e noi dobbiamo essere in grado  di metterla in sicurezza fino all’arrivo dell’autoambulanza .
La preside minimizza sulle responsabilità e tutte queste mansioni dobbiamo eseguirle io e la mia collega di sostegno. Vorrei capire quali sono le mie effettive responsabilità e quali sono le reali mansioni che mi competono; questo non tanto perché non voglio assolverle ma perché mi sembrano cose estremamente delicate e pericolose che dovrebbe fare una infermiera specializzata.

I compiti di assistenza alla persona non rientrano nel mansionario del docente, pertanto sia lei che la collega di sostegno non avete titolo per svestire la ragazza dal busto e per alimentarla tramite la “valvola nello stomaco” (si deduce che trattasi di alimentazione via peg).
Per quanto concerne l’intervento sanitario, soltanto il personale che abbia frequentato un apposito corso può intervenire secondo gli accordi siglati fra scuola e famiglia, ovviamente su indicazione precisa dei sanitari.

Sono una mamma con bambini affetti da ipoacusia acuta  bisensoriale. Nel primo caso la bambina di 3 anni è diventata totalmente sorda in un giro di un anno e nel giro di un anno siamo riusciti ad avere un riconoscimento di sordità ma siamo ancora in attesa di verbale 104 , nonostante ciò la scuola ha assegnato una maestra di sostegno x 25 ore settimanali. Il secondo caso è un bambino di 6 anni che frequenta la 1a elementare, purtroppo la sua perdita uditiva è avventa intorno ai 4/5 anni e ad oggi siamo ancora in attesa dei verbali. Abbiamo presentato alla scuola primaria tutta la documentazione ufficiale medica compresa una documento rilasciato dal responsabile del reparto Audiologia del POLICLINICO che accerta la categoria di appartenenza del bambino che è sordo (percentuali di perdita attestati 80% su un orecchio e 90% sull’altro). La scuola ha assegnato inizialmente una maestra x 22 ore ma dal mese di ottobre ha dimezzato le ore da 22 settimanali a 2 a settimana, in una classe di 27 bambini. Il bambino in 1a elementare nonostante gli sforzi e l’impegno constatato dalle stesse insegnanti ha difficoltà e non sappiamo più come fare. Datemi consigli o procedure in quanto i verbali non sono neanche ancora elaborati.

In presenza di una diagnosi di disabilità certificata in base alla legge 104/92 art. 3 comma 3, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 80/2010, afferma che debba essere riconosciuto il rapporto 1:1 (nella scuola primaria corrisponde a 24 ore settimanali, di cui 2 di programmazione).
Per quanto riguarda il numero degli alunni, nelle classi prime delle scuole di ogni ordine e grado, compresa la scuola dell’Infanzia, in cui siano iscritti alunni con disabilità il numero complessivo degli alunni è pari a 20 (art. 5 del DPR 81/2009) con la possibilità di un aumento pari al 10% (art. 4 del DPR 81/2009).
In assenza del riconoscimento, determinato dalle norme vigenti, non resta che ricorrere al Tar.

Sono una docente di sostegno della secondaria di secondo grado, il mio alunno beneficia della 104 per 9 ore di sostegno. Le altre 9 ore le ho a disposizione. Secondo il coordinatore dei docenti di sostegno della mia scuola dovrei stare in classe anche durante le ore a disposizione fino a quando non mi si chieda di fare una sostituzione. Ma è così come dice lui?

È assai strano che, data la carenza di ore di sostegno assegnate dagli USR, ci sia in una scuola un docente utilizzato solo per metà orario su posto di sostegno e per l’altra metà “a disposizione”; per caso, non è che le ore di servizio “a disposizione” coincidano con le ore di potenziamento?
In ogni caso, stante così la situazione, potrebbe risultare opportuno che, in attesa di essere impiegata per altri incarichi nel suo Istituto, lei venga utilizzata nella classe alla quale è stata assegnata, ovvero la classe in cui è iscritto l’alunno con disabilità; in queste ore potrebbe, coordinandosi con i colleghi, ampliare l’offerta inclusiva per tutti gli alunni, favorendo il processo di integrazione dell’alunno con disabilità.

Sono una docente referente per l’Handicap. Nel corrente anno scolastico, presso la nostra scuola, si sono iscritti due bambini con handicap seguiti dai servizi sociali. Ci sono dei riferimenti normativi che regolamentano i rapporti tra assistenti sociali e scuola?

I rapporti sono quelli tra Ente locale e Scuola; quindi possono partecipare alle riunioni di GLHO, così come partecipano gli operatori sanitari che seguono il caso; ovviamente non partecipano alle riunioni di scrutinio.
È opportuno che quando vengono invitati a delle riunioni lo siano anche i genitori, onde evitare possibili conflitti tra loro. Comunque possono avanzare proposte come tutti, ma non possono imporre decisioni circa le didattiche da seguire, spettando queste decisioni definitive ai docenti.

Sono un’insegnante di sostegno che segue un bimbo per 11h; il bimbo ha una problematica organica con importante disturbo della tiroide tale da inficiare aspetti emotivo-comportamentali. Emerge notevole disturbo della regolazione. Dopo un anno negativo e traumatizzante vissuto in altro plesso del medesimo Istituto, i genitori hanno fatto uno spostamento interno. In meno di un mese e mezzo il bimbo ha fatto dei cambiamenti e miglioramenti incredibili, in primis a livello emotivo e conseguentemente a livello didattico/cognitivo. I genitori hanno ridotto persino la terapia farmacologica perché il bimbo è più tranquillo, sereno e sereno nel venire a scuola. Ora, i genitori in colloquio mi hanno chiesto se potevo rafforzare questo momento positivo del bimbo seguendolo una volta a settimana fuori scuola. Da parte mia propensa e felice nel poterlo fare, potendo gestire in tal modo tempi differenti, più diluiti col bimbo. Dopo averne parlato con la Dirigente, ricevo risposta negativa dicendo che non si può, è contro la legge. Mi domando se sia effettivamente così, essendo in part time e lavorando anche come libero professionista in qualità di psicoterapeuta. Lungi dal proporre alcun tipo di terapia (impossibilitata per codice deontologico e per diversa impostazione); mi domando se un percorso di supporto scolastico per un certo periodo, debba essere vietato!

Se il suo intervento rientra in un supporto scolastico all’alunno come l’aiuto nello svolgere i compiti, allora deve attenersi a quanto le ha indicato, correttamente, la DS; se, infatti, dovesse seguire l’alunno come docente, allora necessiterebbe dell’autorizzazione dell’Ufficio Scolastico Regionale.
Se, invece, intendesse seguirlo come psicologa, ed è autorizzata dall’Ufficio Scolastico Regionale a svolgere la professione, così come lo sono gli avvocati, gli ingegneri etc, allora può farlo, preferibilmente a titolo di volontariato, e avvertendo la DS.

Sono la mamma di un ragazzo che frequenta la prima media.  In seguito ai tanti problemi  il sostegno,  i docenti, che non  lo seguono, vogliono farmi firmare il Pei senza averlo letto senza aver fatto il glh.  Voglio cambiargli scuola. Tutto bene, d’accordo con il provveditorato, con il nuovo Dirigente.  Mi chiama il provveditorato x dirmi che avevano capito male (scuola elementare) e NON MI POSSONO DARE IL SOSTEGNO. Non ho capito bene perché…. La scuola nuova si trova in un altro comune, adiacente all’attuale e fra le due scuole vi sono 7 km di distanza. Possibile che non si possa cambiare scuola? Ma dove sono i nostri diritti?

In base alla normativa vigente, il PEI viene elaborato congiuntamente a inizio di anno scolastico dal GLHO, composto da tutti i docenti del Consiglio di classe, dagli specialisti dell’Asl e dalla famiglia; pertanto la famiglia, senza aver preso parte al tavolo di lavoro, non può firmare un documento che, di fatto, non può corrispondere ad un PEI. Per quanto riguarda il trasferimento: purtroppo, quando si cambia scuola e si va in un comune diverso, il docente per il sostegno non è obbligato a seguire l’alunno, anche se si tratta di pochi chilometri. Pertanto occorre chiedere all’Ufficio Scolastico Regionale che venga riconosciuto un altro docente; se l’Ufficio Scolastico Regionale si rifiuta, non resta che parlare con il referente regionale per l’inclusione, perché ottenga le nuove ore di sostegno per la nuova scuola e, in mancanza, si fa ricorso alla Magistratura.

Sono un’educatrice professionale che ha in carico un bambino di 12 anni affetto da distrofia muscolare per questo costretto ad utilizzare la sedia a rotelle.
Purtroppo per raggiungre alcuni labortori siamo costretti a movimentare il ragazzo su per le scale perchè la scuola è sprovvista di pedane per la carrozzina.
Se l’educatore professionale per problemi di salute a sua volta non può movimentare il ragazzo è possibile far svolgere il compito esclusivamente alle bidelle?

I collaboratori scolastici, in base all’Allegato A, Area “A”, prestano ausilio materiale agli alunni con disabilità “nell’accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche, all’interno e nell’uscita da esse, nonché nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale” anche con riferimento alle attività previste dall’art. 47 del CCNL. Pertanto, in relazione al caso da lei descritto, lo spostamento dell’alunno con disabilità deve essere assolto dai collaboratori scolastici.

Per quanto riguarda le barriere architettoniche, sarebbe opportuno che il DS intervenisse presso le autorità competenti, ovvero il Comune, affinché intervenga prontamente per rendere i locali della scuola accessibili.

Da circa due settimane ho cominciato a seguire a casa una ragazza di 20 anni che frequenta la 5^ superiore in un Istituto Alberghiero. La ragazza ha un ritardo moderato e, oltre al sostegno, le sono stati dati degli obiettivi minimi. Volevo chiedervi, oltre agli obiettivi minimi, ha diritto a compiti in classe semplificati? Perché lei ha gli stessi compiti in classe dei suoi compagni e, con le sue difficoltà, non è in grado di affrontarli, (soprattutto le domande aperte).

Nella scuola secondaria di secondo grado, il curricolo può essere “individualizzato”, finalizzato al conseguimento del diploma, oppure “differenziato”, in questo caso lo studente consegue un attestato.

All’inizio dell’anno scolastico, il GLHO, composto da tutti i docenti del Consiglio di classe, dagli specialisti dell’Asl e dalla famiglia, elabora il Piano Educativo Individualizzato, in cui viene indicato il curricolo adottato per lo studente con disabilità.

La dicitura “obiettivi minimi”, che ultimamente è stata adottata nel Secondo grado, è riferita al fatto che per la studentessa il curricolo adottato è “un programma semplificato riconducibile ai programmi ministeriali”; al di là dell’espressione, di fatto impropria, il Consiglio di classe, in forza dell’art. 16 c. 3 della legge n. 104/92, è tenuto a “individualizzare” il curricolo, strutturando per la studentessa prove equipollenti che si differenziano da quelle dei compagni per le modalità (ad es. prova scritta invece della prova orale o viceversa, oppure prova scritta integrata con la prova orale, ecc.) e/o per i contenuti (ad es. domande a scelta SÌ-NO, con domande successive di richiamo per verificare se la e le risposte precedenti siano casuali o frutto di conoscenza; oppure domande a scelta multipla, ecc.). Tali prove, comunque, debbono mettere l’esaminatore o il docente della disciplina in grado di verificare se l’alunna ha acquisito gli elementi sufficienti rispetto alle singole discipline; tale principio è stabilito nel DPR n. 323/98 art 6 comma 1.

Con l’accordo della famiglia e delle due scuole è fattibile che un disabile molto grave si iscriva presso una scuola secondaria di secondo grado, ma che per problemi di spazi frequenti ancora la scuola secondaria di primo grado?
Mi spiego meglio, il disabile vive una condizione di forte gravità e necessità di un ampio spazio che utilizza in modo quasi esclusivo. La scuola secondaria di secondo grado non dispone di tale spazio, mentre la scuola secondaria di primo grado si.
Se c’è l’accordo tra le due scuole (dello stesso paese) e la famiglia, è possibile che il disabile pur essendo iscritto alla scuola secondaria di secondo grado continui a frequentare gli spazi forniti dalla scuola secondaria di primo grado, affiancato dal docente di sostegno o assistente ad personam forniti dalla scuola secondaria di secondo grado?

A nostro avviso, nelle scuole statali ciò non è possibile; infatti, l’alunno ammesso alla frequenza della scuola secondaria di secondo grado deve frequentarla, avvalendosi dei locali e del personale della scuola. Non sarebbe giustificabile che l’alunno frequenti la scuola secondaria di secondo grado nei locali della scuola secondaria di primo grado, senza i suoi compagni e avvalendosi di docenti e di assistenti e, se necessario per l’assistenza igienica, anche di Collaboratori scolastici della scuola secondaria di secondo grado.
Ancor più impensabile appare il fatto che uno studente ammesso alla frequenza della scuola secondaria di secondo grado frequenti in una classe della scuola secondaria di primo grado.

Leggendo la vostra rubrica ho da sottolineare una grande inesattezza, i collaboratori scolastici anche in possesso dell’art 7 non sono assolutamente tenuti ad imboccare i bambini portatori di handicap
1 perchè il ccnl non lo prevede assolutamente, la dicitura assistenza è riferito ad altro che non è il cibo;
2 l’assistenza che il collaboratore è tenuto a espletare durante il pranzo è di pura e mera sorveglianza in quanto non in possesso delle vaccinazioni dovute per la distribuzione del cibo e altro;
3 l’assistenza richiesta in questo senso, come pure la pulizia igenica del corpo, e strettamente legata alla figura della assistente di base in quanto formato e autorizzato dalla norme legali sia civili che penali.

Quanto scritto nella nostra rubrica risulta corretto. Infatti la Tab. A., allegata al CCNL 2002-2005 e ribadita anche nell’ipotesi contrattuale 2006-2009, quanto ai compiti dei collaboratori scolastici stabilisce per  l’«Area A» che il personale è addetto a compiti di “vigilanza sugli alunni, compresa l’ordinaria vigilanza e l’assistenza necessaria durante il pasto nelle mense scolastiche”; nella stessa tabella, «Area A», fra i compiti del collaboratore scolastico, sono annoverate prestazioni di “ausilio materiale agli alunni portatori di handicap nell’accesso dalle aree esterne alle strutture scolastiche, all’interno e nell’uscita da esse, nonché nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale” anche in riferimento alle attività previste dall’art. 47.
Il riferimento all’art. 47 significa che queste attività, avendo un carattere specialistico, debbono essere oggetto di un apposito incarico da parte del Dirigente Scolastico e che rientrano nell’area B, area che comprende l’obbligo di seguire un corso di aggiornamento e il diritto di avere un aumento stipendiale che, in base alla sequenza negoziale del 2007, entra a far parte della base pensionabile.
Pertanto se il Dirigente Scolastico dà incarico ad un collaboratore o ad una collaboratrice scolastica di assistere durante i pasti un alunno che non ha l’uso delle mani, e quindi di imboccarlo, questo collaboratore o collaboratrice dovrà frequentare un corso di aggiornamento e  avrà il diritto all’aumento stipendiale. Laddove il collaboratore incaricato si rifiuti di prestare tale servizio senza giustificato motivo (ad es. disabilità ai sensi della l. n° 104/92) o si rifiuti di frequentare il corso di aggiornamento, che è divenuto obbligatorio in forza dell’art. 1 comma 181 lettera c) n. 8 della legge n. 107/2015, il dirigente scolastico potrà procedere ad irrogare sanzione disciplinare e addirittura a denunciarlo per inosservanza di obblighi d’ufficio, come è stato stabilito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 22786/16.

Sono una mamma che vuole fare il bene di suo figlio e perciò vi chiedo quanto tempo per legge una cooperativa o altri, previa certificazione 104 comma 3 art 3 e diagnosi funzionale, deve erogare l’educatrice in più? Mio figlio di 22 mesi ha una patologia rara, l’osteogenesi imperfetta, che consiste in una fragilità ossea; non ha handicap di altro genere, quindi può fare tutto, ovviamente evitando le situazioni ipoteticamente rischiose dove potrebbe cadere. Il bimbo, a detta del referente comunale e della dott.ssa che ha redatto la prima visita di neuropsichiatria infantile e di conseguenza LS diagnosi funzionale, poteva di frequentare da subito il nido (il bimbo ha avuto una frattura proprio al nido ed è stato ingessato 2 mesi: dal 18 ottobre è guarito e per i medici poteva tornare). Abbiamo portato la diagnosi funzionale ma ad oggi non hanno saputo dirci quando arriverà l’educatrice.

Gli asili nido sono oggetto di un diritto e non di una semplice concessione per gli alunni con disabilità, come espressamente precisato nell’art. 12 comma 1della legge n. 104/92; pertanto, con lettera raccomandata o con un fax, invitate il responsabile dell’asilo nido a garantire la presenza di un assistente per vostro figlio, altrimenti sarete costretti a rivolgervi al TAR con tutte le spese a carico dell’ente gestore dell’asilo.

Sono la mamma di una bimba con disabilità grave riconosciuta con 104/92 art 3 comma 3. Mia figlia frequenta la classe 4 scuola primaria e quest anno ha cambiato classe (non circolo) e tutte le insegnati compresa quella di sostegno. In questi anni è stato comprato del materiale strutturato e non (computer, software) che con l’avvenuto cambio di classe non ha seguito la bambina. L’attuale insegnante ha fatto richiesta di tale materiale ma hanno detto che lo stavano usando altri bimbi con la 104, inoltre alla richiesta di un elenco del materiale comprato e messo a disposizione di mia figlia, hanno risposto che l’avevano perso. Domanda: se il materiale è stato comprato per un alunno non dovrebbe seguire quest’ultimo? Vorrei fare chiarezza su questa storia e non so a chi chiedere, chi stanzia i soldi per questo materiale? Il comune o il provveditorato? L’elenco del materiale se la scuola dice di non averlo a chi posso chiedere?

Probabilmente la segreteria dovrebbe avere notizia dell’acquisto del materiale che dovrebbe essere inventariato e dovrebbe esservi un responsabile della custodia dello stesso.
Normalmente il materiale acquistato per un alunno con disabilità dovrebbe seguirlo per tutta la durata del ciclo di studi; potrebbe esservi materiale anche acquistato tramite una scuola-polo o un CTS e assegnato in uso alla scuola per poi essere riassegnato ad altra scuola, nel momento in cui l’alunno assegnatario ha terminato il ciclo di studi.
Comunque il materiale non è assegnato ad una classe, ma ad una scuola o ad una rete di scuole. Se non è possibile recuperarlo, il Dirigente chieda all’Ufficio Scolastico Regionale oppure ad un CTS, se presente nel vostro territorio, per poterne avere altro.
Se nel computer usato sino ad allora dall’alunno c’erano sofware personalizzati per quell’alunno, se ne può chiedere la duplicazione.

Sono un’insegnante di sostegno presso una scuola media secondaria di primo grado. Seguo un alunno disabile per 18 h settimanali in una terza media. A dicembre deve rifare la visita per l’attribuzione della 104 e del sostegno . Se non dovessero più riconoscergli questo diritto, in che modo verrei utilizzata dal dirigente per il resto dell’anno?

Intanto bisogna attendere l’esito della visita e la comunicazione ufficiale di tale esito alla famiglia; sino a questa data continua a valere la precedente certificazione.
Qualora la nuova dovesse essere negativa, sarà il DS a prendere accordi con l’USR che potrebbe confermarla in quella scuola o assegnarla ad un altro Istituto Scolastico.

Durante l’anno scolastico, in terza elementare, una delle maestre mi dice che mio figlio poteva essere dislessico; lo porto da una neuro psichiatra infantile che dopo vari controlli stabilisce che non lo è. A questa notizia la maestra non è d’accordo, quindi mi dice di riparlare con il medico. La dottoressa a quel punto chiede una relazione scritta con le spiegazioni per cui lei lo ritenesse dislessico: la maestra non ha mai fornito nessuna relazione. La mia domanda è questa: i docenti devono fornire una relazione per la quale l’alunno deve fare i controlli? oppure basta la loro parola? cosa prevede la legge? come mi devo comportare?

Per il riconoscimento della presenza di un Disturbo evolutivo specifico di apprendimento, la normativa vigente, sulla base delle indicazioni della Consensus Conference, attribuisce alle scuole il compito di attivare, dopo aver opportunamente informato le famiglie, interventi tempestivi, idonei per il riconoscimento dei casi sospetti di DSA (l’esito di queste attività non è configurabile come diagnosi); a fronte di “adeguate attività di recupero didattico mirato” e in presenza di persistenti difficoltà, la scuola deve darne comunicazione alla famiglia, la quale liberamente si rivolgerà agli specialisti per chiedere la valutazione. Queste indicazioni, richiamate nelle Linee Guida, sono esplicitate anche nella Nota interministeriale Prot. n. 297 del 17 aprile 2013, siglata dal Miur e dal Ministero della salute. Nella stessa nota è ribadito che è necessario distinguere le difficoltà di apprendimento dal disturbo, compito questo in carico agli specialisti; in ogni caso, sottolinea la nota interministeriale “le difficoltà di apprendimento possono essere superate”, mentre “il disturbo, avente una base costituzionale, resiste ai trattamenti messi in atto dall’insegnante e persiste nel tempo, pur potendo presentare notevoli cambiamenti”.  
In sintesi, se uno specialista afferma e certifica che il bimbo non è dislessico, la scuola deve accettare quanto lo specialista dichiara. Se riscontrano problemi, li documentino adeguatamente, segnalandoli a Lei: in base a tali indicazioni, deciderete voi se sia o meno il caso di chiedere una nuova valutazione.
Consiglio: si potrebbe suggerire ai docenti di provare a cambiare le metodologie didattiche adottate; a volte, infatti, i metodi di insegnamento possono risultare inefficaci per alcuni alunni.

Ho una figlia disabile che frequenta l’ultimo anno di una scuola statale di secondo grado. Il dirigente richiede la reperibilità mia e di mia moglie in casi di criticità scaturiti dal comportamento di nostra figlia.
La nostra disponibilità  negli anni ce sempre stata ma in quest’ultimo anno ci viene richiesto spesso di andare a scuola per cercare di trovare soluzioni. In un ultimo episodio, dopo averci telefonato per avvertici di quello che succedeva e essendo impossibilitati a raggiungere la scuola il dirigente ci ha contattati telefonicamente e con toni aggressivi ci ha convocati a scuola per stilare un protocollo d’intesa. Se vi è possibile dateci un consiglio su come affrontare quanto richiesto dal dirigente.

Purtroppo non è chiaro che tipo di comportamento tiene sua figlia. Se si trattasse di crisi di salute, basterebbe dire al Dirigente scolastico che, invece di perseguitarli tanto spesso, chiami il 118 e così si risolverebbe la situazione.
Se si tratta, invece, di crisi comportamentali, sarà necessario fare un incontro di GLHO con la presenza dell’ASL, ed eventualmente di un medico di fiducia della famiglia, e adottare insieme le misure idonee necessarie (educative o altro, in base alla valutazione che emergerà dall’incontro).
Quanto all’intesa, non sapendo che cosa propone il Dirigente, non siamo in grado di dare risposte; comunque l’eventuale richiesta di ridurre l’orario scolastico non sembra corretta, specie se è contrastabile con specifici interventi (da terapie di carattere psicologico a quelle educative o altro, in base a ciò che indicherà il GLHO).

Sono un’insegnante di sostegno, vorrei sapere se seguendo una programmazione per obiettivi minimi, ci sono dei vincoli per i livelli di apprendimento (base-intermedio-elevato)

Gli obiettivi programmati per gli alunni con disabilità, così come previsto dalla normativa vigente, sono “individualizzati”, ovvero coerenti con il funzionamento della persona e mirano allo sviluppo e al potenziamento delle capacità individuali (art. 12 c. 3 della l. 104/92).
La valutazione, di conseguenza, deve essere coerente con una progettazione individualizzata e il voto che viene attribuito, è espresso non in base a parametri standard, bensì a criteri definiti e coerenti con il Piano Educativo Individualizzato (art. 16 della legge 104/92); il che non esclude che, fra i voti, si possa attribuire 10.

Sono un’insegnante di scuola dell’infanzia vorrei dei chiarimenti circa la frequenza di un alunno disabile al quale sono state riconosciute 25 ore di sostegno. L’alunno frequenta per 40 ore settimanali, pertanto dalle 13.00 alle 16.00 l’insegnante curricolare opera da sola con il bambino disabile e l’intera sezione. Il bambino è autistico,  sulla diagnosi funzionale è specificato che ha bisogno, oltre che dell’insegnante di sostegno anche di un educatore. Nel plesso il pomerigio è presente dalle ore 12:30 alle 15:30 un’assistente su 4 bambini tutti con 25 ore e con necessità di un educatore oltre che dell’insegnante di sostegno. Il bambino che mi è stato affidato non ha raggiunto l’educazione degli sfinteri e frequenta senza pannetto; non comunica, non interagisce con i coetanei, porta tutto in bocca, vuole stare in braccio e tende a scappare fuori dalla sezione. In tali situazioni è difficile garantire il diritto allo studio di tutti i bambini e anche la sola vigilanza. Vorrei sapere come procedere per far si che il diritto allo studio e all’inclusione scolastica del bambino disabile vengano garantiti. Inoltre nel mio istituto comprensivo il primo giorno di assenza sia dell’insegnante di sostegno sia dell’insegnante curricolare non nominano.

Da quanto scrive, nella sua scuola vi è un assistente assegnato a più alunni nella stessa fascia oraria: come è possibile ciò? come può l’assistente trovarsi in più sezioni contemporaneamente, dato che egli viene assegnato ad un solo alunno per volta?
Per quanto concerne l’igiene personale dell’alunno con disabilità debbono provvedere i collaboratori scolastici in forza della Nota ministeriale Prot. 3390/01 e del CCNL del 2005 art 47, 48 e tab. A.
Per le risorse è, invece, necessario chiedere ulteriori ore di assistenza sulla base della Diagnosi Funzionale e del Pei; nel Pei, nello specifico, per ciascun alunno nel PEI di riferimento vanno indicate le ore di assistenza.
In merito alla questione delle supplenze, ovvero al fatto che per il primo giorno di assenza non si provvede a nominare supplenti,   va detto che ciò è previsto dalla L.n. 107/15 e, in forza di tale dispositivo, per le sostituzioni devono essere utilizzati i docenti dell’organico potenziato.

Ho chiesto la certificazione per mio figlio in ritardo ma a furia di pressioni da parte mia e delle insegnanti,  mio figlio frequenta la prmia elementare, siamo riusciti ad ottenerla fino a fine anno scolastico ma la scuola non mi ha assegnato nessun insegnante di sostegno!! Mio figlio ha problemi di apprendimento è iperattività e con problemi di comportamento cosa posso fare?

Anche se con ritardo, appena ottenuta la certificazione dell’art 3 comma 1 o comma 3 della l.n. 104/92, l’alunno ha diritto immediatamente ad avere le ore di sostegno indicate nel Pei e, se queste non arrivano, la famiglia ha diritto a fare causa alla scuola e all’Ufficio Scolastico Regionale per ottenerle.

Sono un collaboratore scolastico in servizio in una scuola secondaria di primo grado. Nella scuola ci sono ragazzi che per problemi di scogliosi o interventi chirurgici alle articolazioni, hanno richiesto alla scuola se i collaboratori possono portare gli zaini nelle classi sia all’entrata della scuola che all’uscita , constatato che questo servizio non è stato considerato come una intensificazione di servizio e quindi non compensata economicamente nel fondo d’istituto , parecchi hanno rinunciato a portare gli zaini ,il dirigente ha richiesto di motivare il diniego al servizio , ritenendo che questa mansione rientra nei nostri compiti nella voce di (servizio di ausilio materiale degli alunni in situazione di temporaneo handicap) ora la domanda è: questi ragazzi sono considerati portatori di handicap? spetta a noi il compito di svolgere questo servizio? se si va ritenuto intensificazione di servizio?

Il CCNL del 2005 agli art 47, 48 e tab. A ha previsto che tutti i Collaboratori debbano accompagnare gli alunni con disabilità dall’ingresso della scuola in classe, senza alcuna retribuzione aggiuntiva, rientrando ciò nel normale mansionario. Accompagnamento ovviamente non significa, come avviene nelle normali visite di cortesia tra ospiti, stare accanto all’ospite o precederlo nell’attraversamento dei locali; ma, trattandosi di persone che hanno dei particolari bisogni, significa sorreggerli, spingere le loro sedie a ruote e, se necessario, prendere per qualche minuto i loro zaini, come fanno di solito quanti ricevono in casa un ospite al quale tolgono di mano il soprabito per appenderlo.
Se ci sono ancora Collaboratori che pretendono una elencazione tassativa nel mansionario delle singole operazioni cui sono tenuti gratuitamente e  di quelle per le quali hanno diritto ad una retribuzione aggiuntiva, ignorando il senso chiaro del CCNL sottoscritto dai Sindacati, allora vuol dire che l’inclusione scolastica sta facendo dei paurosi passi indietro, testimoniati ad es. da quanti sostengono che  “l’accompagnamento ai servizi igienici” (operazione prevista con retribuzione aggiuntiva) dovrebbe consistere nell’accompagnare un alunno tetraplegico sino alla porta del bagno e non accudirlo all’interno dello stesso, proprio perché il CCNL usa il termine “accompagnamento”…

Sono responsabile di plesso in una scuola secondaria di primo grado e vorrei conoscere la normativa in merito alla sostituzione degli insegnanti di sostegno. Il caso in cui ci troviamo a operare è quello di un alunno autistico grave che tende a scappare dall’aula e che necessita di un’attenzione individualizzata e costante. In caso di assenza del docente di sostegno risulta pertanto impossibile all’insegnante di classe farsene carico contemporaneamente alla gestione della classe stessa. Nella scuola è presente un altro insegnante di sostegno che segue ben tre casi e non pare corretto lasciare questi ragazzi senza il loro insegnante, salvo situazioni emergenziali. D’altro canto chiedere alla famiglia di tenere a casa l’alunno con grave disabilità lede il suo diritto alla frequenza e mette in difficoltà la madre. Qual è il modo corretto di procedere, supponendo che l’assenza dell’insegnante duri pochi giorni e non sia possibile procedere alla nomina di un supplente?

Il Ministero ha stabilito che dopo il primo giorno di assenza deve essere nominato un supplente; c’è anche una vecchia decisione della Corte dei conti che ha affermato che non nominare il supplente può costituire l’illecito di interruzione di un pubblico servizio.

Mia figlia, che frequenta le elementari e ha la 104 art. 3 comma 1, per le gite paga tutta la quota? o solo il trasporto?

Gli alunni con disabilità partecipano alle gite pagando, come i compagni, la propria quota per intero; nulla invece debbono pagare per l’eventuale accompagnatore.

Sono una docente di sostegno di un istituto professionale,
le scrivo per  sapere se un alunno che accede all’esame di stato per conseguire un attestato di competenze in quanto ha seguito una programmazione differenziata per tutto il suo percorso scolastico alle superiori, è tenuto a pagare la tassa di 12 euro per il rilascio del diploma.

Solo se di famiglia disagiata in base ad un certo reddito, si ha il diritto di non pagare la tassa scolastica statale per gli esami secondo quanto previsto dall’art 29 della l.n. 118/1971.

I bambini con L.104 pagano eventuali spettacoli teatrali e corsi (musica, inglese, motoria) che si tengono a scuola in orario scolastico?

SI, come tutti i compagni. A meno che non versino in disagiate condizioni economiche, in forza delle quali, agli alunni con e senza disabilità, talora la scuola concede delle agevolazioni.

Mio nipote, che ha 5 anni, ha un piccolo problema: è un bambino con disabilità con autismo di frequenza lieve. Va a scuola. C’è l’insegnante di sostegno. Il bambino non sa parlare. Non sa dire quando deve andare al bagno; e quando deve fare la cacca chiamano la mamma, che poi se vede la mamma, piange. Cortesemente, di chi è la competenza: della scuola o della mamma?

L’assistenza igienica agli alunni con disabilità spetta ai bidelli (collaboratori scolastici); ciò in base alla Nota ministeriale prot n. 3390/01 e al Contratto collettivo nazionale di lavoro del 2005 art 47, 48 e tab. A.
Quindi dite al Dirigente scolastico che provveda subito a dare tale incarico a un bidello e a non disturbare più la madre, perché è compito della scuola provvedere a questi compiti.

Sono un’insegnante di classe di scuola primaria. Avrei bisogno di un chiarimento in merito alla formazione di gruppi utilizzando anche la figura dell’insegnante di sostegno. Noi vorremmo alternare la gestione dei gruppi, quindi capiterà che l’alunno diversamente abile rimanga con l’insegnante di classe nel suo gruppo e viceversa. L’insegnante di sostegno ci dice che non è possibile perché deve seguire l’alunno che le è stato assegnato. Premetto che anch’io sono specializzata e mi sembrava bello non delegarle sempre il bambino.

Da un punto di vista formale tutti i docenti della classe, sia quelli incaricati su posto comune che quelli incaricati su posto di sostegno, sono responsabili di tutti gli alunni della classe.
Peraltro la costituzione di gruppi eterogenei offre molteplici possibilità di apprendimento, favorisce la socializzazione e contribuisce alla realizzazione di una scuola inclusiva: si tratta di una modalità da incoraggiare e promuovere. L’alternanza della gestione dei gruppi è bene che preveda, come da lei ipotizzato, che l’alunno con disabilità si trovi sempre con il suo gruppo, pertanto una volta con lei, docente di posto comune, e una volta con la collega di sostegno.

Sono una collaboratrice scolastica che ha il compito di assistere una bambina di 13 anni disabile al 100% in carrozzina, la bambina non ha il controllo dello sfintere perciò devo cambiare il pannolino più volte al giorno, fin qui nessun problema, i genitori hanno avanzato la pretesa di educare la bambina all’uso del water costringendo noi collaboratori a lasciare la bimba per molto tempo sul water fin quando non fa pipì ( che non fa mai) poi prenderla di peso ( circa 60 kg) e metterla sul lettino per il cambio del pannolino, per me diventa un lavoro enorme con il rischio di farla cadere e tra l’ altro obbligare la bimba a fare cose che non riesce a fare, la domanda è: spetta a me educare il disabile all’autonomia delle funzioni corporali? Mi possono obbligare a sollevare e spostare una bambina così pesante?

In forza del CCNL del 2005 – art 47,48 e Tab. A – i Collaboratori scolastici hanno il compito solo di portare gli alunni con disabilità al bagno e quindi pulirli, se sono non autonomi, e riportali in classe; l’educazione all’uso degli sfinteri non rientra nel loro mansionario e non va svolto a scuola.

Sono un’ insegnante della scuola dell’infanzia, quest’anno è stato inserito un bimbo con disturbo dello spettro autistico a cui è stata assegnata la docente di sostegno ma non è stato costituito il gruppo integrato, in quanto la famiglia ha residenza in altra regione.
In questo caso la compilazione del PEi e del PDF spetta alle sole insegnanti e famiglia senza alcun parere medico? L’ unica documentazione in nostro possesso e’ una DF, peraltro poco esaustiva. Inoltre il bimbo avrebbe bisogno di terapia logopedica che la famiglia non può sostenere privatamente. Escludendo che la famiglia possa chiedere la residenza e rivolgersi all’Asl di competenza, ci sono altri enti che possono aiutarci?

La normativa sanitaria prevede che, nell’impossibilità di ottenere una prestazione dalla propria ASL di residenza, si possa ottenere da questa l’autorizzazione di un’altra ASL, la quale addebiterà all’ASL di residenza il costo delle prestazioni effettuate al cittadino (prestazioni che sono di competenza dell’ASL di residenza).
I genitori devono pertanto chiedere l’autorizzazione alla propria ASL di residenza per poi consegnarla alla ASL territorialmente competente per la scuola; in questo modo si potranno ottenere le prestazioni necessarie per il minore, come pure, in quanto previsto dalla normativa vigente, la partecipazione degli specialisti dell’Asl alle riunioni di GLHO per la stesura, insieme alla famiglia e ai docenti della sezione, del Profilo Dinamico Funzionale e del Piano Educativo Individualizzato.

Sono un’insegnante di sostegno assegnata ad una classe quinta di un istituto superiore, per 18 ore settimanali, dove al momento
dell’assegnazione era presente un solo alunno certificato. Successivamente a fine ottobre è arrivato un nuovo alunno, con certificazione per il quale non è stato nominato alcun insegnante.Posso io prendere in carico anche tale alunno, redigere eventuale PEI, o i genitori dell’alunno a cui sono stata, precedentemente, assegnata potrebbero reclamare?
Altro questione. Il nuovo arrivato maggiorenne,non ha mai avuto un PEI e qualcuno sostiene che non è possibile farlo al quinto anno.E’ veramente così?

Se al primo alunno sono state assegnate originariamente 18 ore settimanali, non si può ridurre tale numero senza informare la famiglia; se la famiglia non accetta, come è pensabile, la riduzione di tale numero di ore, la scuola deve chiedere all’USR altre ore di sostegno sulla base del Pei del nuovo alunno.
Lei, in qualità di docente assegnata alla classe, è tenuta, insieme a tutti i colleghi del Consiglio di Classe (e quindi anche al nuovo docente di sostegno) e alle altre figure previste (famiglia e Asl), a partecipare alla stesura del Piano Educativo Individualizzato per entrambi gli alunni.
Il Pei, come documento, viene scritto “nuovo” ogni anno; il fatto che nel passato non sia stato elaborato, non esonera il Consiglio di Classe a non predisporlo, in quanto lo studente ha diritto ad avere un PEI, che è lo strumento didattico fondamentale previsto per legge che deve indicare gli obiettivi da raggiungere e le risorse, tra le quali le ore di sostegno, per raggiungerli.
Questo è ribadito dal DPR 24 febbraio 1994, in applicazione dell’art 12 comma 5 della legge n. 104/92, e dall’art 10 comma 5 della legge n. 122/2010.

Sono lo zio di un bambino di 5 anni al quale è stata prescritta una terapia logopedista, psicomotoria e contestualmente L’INSEGNANTE DI SOSTEGNO.
Premetto che il bambino ha cambiato vari istituti di scuola materna tra pubblici e privati che hanno rispettivamente e letteralmente fatto in modo che andasse via per i “fastidi che provocava”.
In ultimo anche l’asilo al quale è attualmente iscritto, in quanto privato, ha comunicato a mia sorella che non è di loro gradimento la presenza di mio nipote presso la loro struttura.
Mia sorella ha attivato la procedura per la 104.
La mie domande sono:
1) VERRA’ ASSEGNATO L’INSEGNANTE DI SOSTEGNO A MIO NIPOTE NELLA NUOVA SCUOLA (PUBBLICA OVVIAMENTE)   VISTO CHE L’ANNO SCOLASTICO E’ GIA’ INIZIATO?
2) CHI DECIDE ,QUALE LEGGE NEL MERITO LO STABILISCE E SOPRATTUTTO COSA E’ PREVISTO CHE VENGA FATTO PER MIO NIPOTE?
3) SAREBBE POSSIBILE ASSEGNARLO AD UNA CLASSE DI UNA SCUOLA DOVE E’ GIA’ PRESENTE UN ALTRO BAMBINO CHE NECESSITA’ DI SOSTEGNO VISTO IL PREVISTO RAPPORTO INSEGNANTE – BAMBINO 1 A 2 E QUINDI PRESENTARE LA DOMANTA ALLA SEGRETERIA PROVINCIALE ANZICHE’ ESCLUSIVAMENTE AD UN ISTITUTO?

Affinché venga assegnato un docente per il sostegno, è necessario che l’alunno sia certificato con disabilità, ai sensi dell’art 3 comma 1 o 3 comma 3 della legge 104/92.
Dopo la valutazione, l’equipe, se riconosce il bambino come alunno con disabilità, rilascia alla famiglia il Verbale di accertamento e la Diagnosi Funzionale: documenti che la famiglia consegna alla scuola (in copia).
Il Dirigente Scolastico, ricevuta la documentazione dalla famiglia, chiede le risorse necessarie all’Ufficio Scolastico Regionale.
Quindi appena avrete tale certificazione potreste fare la richiesta alla scuola pubblica facendo presente che, anche ad anno scolastico iniziato, il bambino, una volta certificato fuori termine, ha diritto comunque al sostegno: una cattedra se ha l’art 3 comma 3 (22 ore settimanali), mezza se ha l’art 3 comma 1 (11 ore settimanali). Il bambino potrebbe essere accolto in classi o sezioni in cui sono iscritti altri alunni con disabilità.
Dopo la consegna dei documenti alla scuola, tutti i docenti della classe a cui è iscritto il bambino insieme ai genitori e agli specialisti dell’Asl elaborano, nella riunione del GLHO, il Profilo Dinamico Funzionale (che verrà periodicamente aggiornato) e il Piano Educativo Individualizzato (che viene scritto nuovo per ogni anno scolastico sempre dai docenti della classe insieme alla famiglia e agli specialisti dell’Asl).
È sulla base del PEI, formulato nella riunione di GLHO, che vengono indicate le risorse necessarie per l’alunno.

È lecito che un dirigente scolastico si rifiuti di far partecipare alla stesura del pei durante l’incontro con l’unità multidisciplinare un pedagogista clinico il quale effettua trattamento clinico Pedagogico al mio minore?

Quando i genitori desiderano far partecipare alla definizione del PEI un membro esterno (specialista, esperto di associazioni, ecc.), inoltrano richiesta scritta al Dirigente scolastico il quale, generalmente, autorizza la partecipazione, nello spirito di collaborazione e cooperazione fra scuola e famiglia.
Non esiste un diritto della famiglia di portare esperti di propria fiducia, anche se tutta la normativa invita a favorire l’intesa scuola-famiglia e, pertanto, tale possibilità dovrebbe essere normale.
Nel caso specifico, trattasi di specialista che interagisce con l’alunno, pertanto la sua presenza è auspicabile, proprio perché la coordinazione e la collaborazione sono i presupposti per elaborare una progettazione efficace ed efficiente, alla cui definizione, ciascuno dei partecipanti al Glho, offre il proprio contributo, in base alle specifiche competenze e al ruolo ricoperto (Linee Guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, 4 agosto 2009). 
Inoltrate nuovamente richiesta scritta al D.S. richiamando la normativa citata (oltre alla Legge 104/92) e in caso di diniego, chiedete che vi metta per iscritto le motivazioni.

Sono la madre adottiva di una bambina disabile che frequenta la scuola primaria classe 3a; ora il problema che pongo e il seguente: la bambina ha difficoltà nell’apprendimento e nel linguaggio ma soprattutto ha dei comportamenti problematici (tipo lanciare degli oggetti rovesciare banchi mordere l’insegnante) che l’insegnante di sostegno ( ha l’art.3 comma 3 della 104) non riesce a gestire. Ho fatto una richiesta scritta al dirigente scolastico dove si dice di far intervenire a scuola la Terapista che segue la bambina per aiutare la bambina, i compagni e le insegnanti stesse, ma mi è stato detto che non è possibile.

La collaborazione scuola-famiglia è la strategia più efficace per determinare azioni mirate a migliorare, come in questo caso, il comportamento. Dovrebbe essere apprezzata la vostra collaborazione e disponibilità.
Chiedete, come genitori. la convocazione urgente del GLHO o, se già avete predisposto il PEI, chiedete una seconda convocazione con la presenza del Dirigente Scolastico. Esprimete la vostra preoccupazione in merito agli episodi che si sono verificati a scuola e chiedete la presenza della specialista affinché possa, dopo opportuna osservazione, suggerire strategie utili al miglioramento del comportamento della bambina, specificando il tempo necessario. Naturalmente la scuola comunicherà a tutti i genitori della presenza della terapista, che seguirà le indicazioni del D.S. riguardo l’accesso presso l’aula della minore. Presentate, a supporto della vostra richiesta, la sentenza del Tribunale civile di Bologna con la quale è stato autorizzato l’ingresso in classe di terapisti della comunicazione per un alunno con autismo; per estensione tale Ordinanza può riguardare anche la situazione descritta  [Ordinanza Tribunale Bologna 20 dicembre 2013]. In caso di ulteriore rifiuto, rivolgetevi alla Magistratura.

Volevo sapere se l’assistente all’autonomia e alla comunicazione spetta solo ai disabili gravi o anche a quelli non gravi. Nel caso di specie si tratta di una bambina che oltre al  mutismo selettivo, ha un ritardo mentale medio e per questo è stata riconosciuta disabile non grave ai sensi dell’art. 3 comma 1 della legge 104. Il neuropsichiatra sostiene che per avere l’assistente specializzato occorre essere in situazione di gravità ed avere l’art. 3 comma 3 della legge 104. E’ vero?

Nessuna norma subordina la nomina dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione alla certificazione di gravità. La richiesta delle sue ore deve risultare dal PEI, motivata anche, ma non esclusivamente, dalla diagnosi funzionale dell’ASL.
Anche gli ipovedenti, che non hanno l’art 3 comma 3, ma comma 1, hanno diritto all’assistente per l’autonomia.

Sono la mamma di un bimbo di 5 anni affetto da disturbo dello spettro dell’autismo di livello 1 (il più lieve descritto dal DSM V). Il bambino, cui due anni fa è stato riconosciuto lo stato di disabilità grave e dunque il diritto al sostegno scolastico nella sua formula piena, frequenta il terzo anno di scuola d’infanzia, in un ambiente che posso oggettivamente ritenere positivo e sereno, almeno nelle grandi linee.  Purtroppo, queste grandi linee sono state turbate, quest’anno, da un rifiuto, da parte della dirigente scolastica, dell’autorizzazione all’ingresso in classe delle terapiste, che come lo scorso anno avevano programmato, d’intesa con l’analista comportamentale che (privatamente e a nostre spese) lo segue, un breve periodo di affiancamento del nuovo insegnante di sostegno (purtroppo la precarietà scolastica implica anche la non sempre positiva rotazione di queste figure, così importanti nel processo di recupero di questi bimbi). Bene, l’autorizzazione ci è stata negata con la motivazione che i docenti sono già sufficientemente attrezzati, e quindi non si ravvisa la necessità di un affiancamento specialistico. Motivazione che mi permetto di definire faziosa e lacunosa, dal momento che gli strumenti della terapia comportamentale, lungi dall’interferire con quelli della didattica (esclusivo appannaggio del corpo docente), si mettono a disposizione di quest’ultima, e richiedono un aggiornamento costante, che vada di pari passo con i sempre nuovi progressi o (purtroppo per noi) regressi del bambino. A differenza della motivazione generica addotta per il rifiuto (ricavata, tra l’altro, dall’uso improprio e parziale di un report dell’analista comportamentale sopra citata, la quale, pur decantando i meriti oggettivi degli insegnanti, sottolineava la necessità di un affiancamento, anche breve, al fine di coordinare il rapporto scuola-casa), ritengo di poter affermare oltre ogni ragionevole dubbio che detto rifiuto sia dovuto ad alcuni momenti di tensione veirficatisi durante la convivenza tra docenti e terapiste, per ragioni che non posso indagare, ma delle quali ho solo dei “sentito dire”, non trovandomi io in classe.
Ora,  questo quadro – forse sintentico e in parte approssimativo, ma comunque veritiero rispetto alla situazione creatasi –  lo sottopongo a voi con l’intenzione di chiedere se vi siano gli estremi, non voglio dire per impugnare, ma quantomeno per indurre la dirigente scolastica a rivedere la sua decisione, che, con gli elementi al momento a mia disposizione, ritengo lesiva di un preciso diritto di mio figlio, quello all’assistenza specialistica, che nel nostro caso passa attraverso necessari periodi di osservazione del bambino nel contesto classe. Preciso qui che la decisione presa dalla dirigente non è inserita neanche nell’ambito del piano educativo individualizzato, che, alla data di oggi, 21 novembre, non è stato ancora redatto, a causa della mancata convocazione del “gruppo h”, che, se sono bene informata, dovrebbe obbligatoriamente riunirsi prima dell’inizio dell’anno scolastico, e nell’ambito del quale decisioni di questo genere vanno inserite.

Una sentenza del Tribunale civile di Bologna ha autorizzato l’ingresso in classe di terapisti della comunicazione per un alunno con autismo [Ordinanza Tribunale Bologna 20 dicembre 2013].
Faccia richiesta formale al Dirigente scolastico allegando la sentenza e, in caso di ulteriore rifiuto, si rivolga alla Magistratura.

Vorrei sapere qual è il riferimento normativo che stabilisce il numero max di alunni per classe in cui è presente un alunno D.A. che segue il PEI ( in una classe di scuola secondaria di secondo grado).

L’art 5 comma 2 del DPR n. 81/09 stabilisce che di norma le classi prime delle scuole di ogni ordine e grado, e quindi quelle ad esse conseguenti, ove sono iscritti alunni con disabilità non possono avere più di 20 alunni; l’art 4 dello stresso DPR consente, eccezionalmente, l’aumento di tale tetto a 22 alunni e non oltre.

Sono un insegnante di sostegno di scuola secondaria di I grado. Da tre anni sono assegnata per le mie 18 ore ad una alunna, che però frequenta settimanalmente per sole 15 ore. Il dirigente scolastico utilizza le mie tre ore settimanali per farmi effettuare sostituzioni dei colleghi assenti come fossero ore a disposizione e come fossi una docente perdente posto. Nei riki due anni sul mio orario risultava comunque assegnata alla classe in cui era presente la mia alunna. Quest’anno, invece, nel quadro orario definitivo le mie tre ore sono esplicitamente ore a disposizione. È possibile che il ds utilizzino il mio orario in tal modo? Non potrebbe destinarmi per quelle 3 ore a compiti coerenti con il mio ruolo di insegnante di sostegno?

Purtroppo con le difficoltà per nominare i supplenti, i DS le trovano tutte per risparmiare; così, avendo le Sue tre ore in più, la mette a disposizione della scuola per supplenze.
Non è corretto; ma credo che non sia illegittimo.

Sono un’insegnante di sostegno di scuola media. Quest’anno in una classe seconda sono presenti due alunni certificati che, assieme ad altri alunni della stessa classe, non si avvalgono dello studio della Religione Cattolica, ma hanno scelto lo studio assistito. Al momento il docente per lo studio assistito non è ancora stato nominato, e per i due alunni poter essere seguiti in quest’ora dall’insegnante di sostegno (fuori dalla classe) risulta molto proficuo perché hanno la possibilità di svolgere attività di recupero, di prepararsi a verifiche, di migliorare il  metodo di studio, ecc. Mi chiedo, però, se è possibile continuare a prevedere il sostegno anche una volta che arriverà l’insegnante per lo studio assistito che dovrà seguire un gruppetto di 6-7 alunni: in questo caso, anche se il sostegno per i due alunni certificati continuerebbe ad essere molto importante, di fatto si creerebbe una compresenza di insegnanti non curricolari con funzioni simili, e l’insegnante di sostegno non svolgerebbe – per quell’ora – il ruolo di supporto alla classe e non avrebbe quindi alcuna funzione inclusiva…

Per gli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica, la scuola organizza attività alternative (CM 316 del 28/10/1987), per le quali vengono utilizzati docenti che, in base alla nota del MEF, non devono essere individuati fra i docenti della scuola già in servizio nella stessa classe.
Nella situazione descritta, essendo particolarmente esiguo il numero degli alunni interessati dall’alternativa ed essendo già in servizio i docenti per il sostegno, si potrebbero ipotizzare due piccoli gruppi eterogenei, condotti ciascuno dal docente per il sostegno. Questa modalità organizzativa consentirebbe di proseguire, approfondendole, le attività di potenziamento, sempre utili per tutti gli studenti. Ovviamente non si renderebbe necessaria la nomina di un terzo docente.

Sono  un operatore di mensa che si occupa della distribuzione pasti in un scuola elementare.
Causa terremoto e relativi piani di evacuazione, sono sorte delle diatribe rispetto al posto che deve occupare una bimba disabile in mensa.
E’ vero che esiste una legge che prevede l’uscita per ultimo dello studente disabile per non intralciare l’uscita degli altri bambini, e che quindi non deve essere posizionato in prossimità della porta, ma in una posizione che permetta agli altri di uscire velocemente? se si quale legge è?

Per quanto riguarda la norma si rimanda alla normativa sulla sicurezza e al DM 26/8/1992. Ogni scuola deve dotarsi di una procedura di evacuazione per condurre fuori dall’edificio alunni con disabilità o alunni che sono temporaneamente impediti.
Il Servizio di Prevenzione e protezione di Pisa e le Linee Guida per la pianificazione dell’evacuazione in edifici scolastici (predisposta dal Comando Provinciale dei vigili del Fuoco di Bergamo, giugno 2000) hanno pubblicato due opuscoli in cui sono descritti i criteri generali: 1) attendere lo sfollamento delle altre persone;
2) accompagnare, o far accompagnare, le persone con capacità motorie o sensoriali ridotte all’esterno dell’edificio;
3) se non è possibile raggiungere l’esterno dell’edificio, provvedere al trasporto del disabile fino ad un luogo idoneo, possibilmente un locale dotato di finestra, in attesa dei soccorsi;
4) segnalare l’avvenuta evacuazione del disabile o l’impossibilità di effettuarla.

Sono Presidente di un Comitato Genitori e rappresentante, per la componete genitori, del GLI. Avrei bisogno dei riferimenti normativi dai quali si evinca che è dovere del Dirigente Scolastico richiedere all’Ente Comunale le ore di assistenza educativa.

Il  Dirigente scolastico è responsabile del buon andamento della scuola e dell’inclusione; egli quindi deve chiedere le risorse necessarie a realizzare il risultato positivo (cfr. Legge 104/92). A parte il riferimento ai compiti del DS indicati nelle Linee Guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità del 4 agosto 2009, non c’è una norma che stabilisca ciò; ciò è una conseguenza del ruolo e della funzione del Dirigente, rafforzato dalla recente legge di riforma della scuola n. 107/2015.

Premesso che nella scuola in cui insegno sostegno, vi sono molte classi con 2 e anche 3 alunni certificati, spesso gravi, con obbligo di 18 ore di sostegno più ore di assistenza.
Quest’anno il ds, ha intimato di organizzare l’orario scolastico in modo che in classe, in ciascuna ora non ci sia più di un docente di sostegno o assistente. Ha anche imposto che gli alunni con 18 ore abbiano un solo docente di sostegno.  Ebbene questi due vincoli rendono molto difficile organizzare l’orario, e costringono ad impegnare ore di sostegno anche in discipline in cui non sarebbe necessario. Succede anche che nelle ore in cui è più utile il sostegno, ne può usufruire solo uno degli alunni della classe.
E, per ultimo, l’orario di servizio dei docenti diventa un ‘colabrodo’ pieno di buchi.
È legittima questa politica nella formulazione dell’orario delle lezioni?

Premesso che il “sostegno” non è un insegnamento, infatti il docente è incaricato “su posto di sostegno” per le attività finalizzate a promuovere e sostenere l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, va precisato che l’organizzazione delle ore di sostegno devono, prima di tutto, rispondere ai bisogni formativi degli alunni. Principio peraltro stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 80/2010, la quale stabilisce che le ore di sostegno sono assegnate ai singoli alunni e non possono essere spalmate a favore di altri; se in una classe ci sono due alunni con disabilità ai quali sono assegnate singolarmente una cattedra ciascuno, tali ore debbono essere svolte dai singoli docenti a favore di ciascuno degli alunni, anche nello stesso orario di servizio.
Le motivazioni a sostegno di una organizzazione, che risponde ai bisogni formativi degli alunni con disabilità, trovano esplicitazione nella progettazione annuale predisposta per ciascun alunno con disabilità (Piano Educativo Individualizzato).
Pertanto se voi ritenete che, sulla base del Pei (L. 104/92 e DPR 24 febbraio 1994), l’organizzazione oraria, per essere efficace e significativa ai fini del processo inclusivo e dei bisogni formativi dell’alunno con disabilità (Linee Guida del 4 agosto 2009), debba essere strutturata diversamente da quanto indicato dal Dirigente Scolastico, dovete sottoporre al DS quanto stabilito dalla Sentenza della Corte Costituzionale insieme a quanto indicato nel Pei e alle motivazioni a supporto.
Solo se altre soluzioni, come quella di questa scuola, sono concordate nei GLHO, allora è possibile derogare al criterio fissato dalla Corte.

Sono un insegnante di sostegno specializzata, con incarico annuale del CSA presso una scuola Primaria, inizialmente mi erano stati assegnati due bambini in classi diverse con 11 ore ciascuno, ora invece mi hanno assegnata ad una delle due classe con la presenza di un bambino certificato con 11 ore dicendomi che ho ventidue ore in quella classe per la presenza anche di un altro bambino Bes con particolari problemi, Ho provato a sollevare il problema chiedendo la giustificazione di quelle ore (anche per la firma dei registri e la compilazione del PEI) e mi è stato risposto dalla Coordinatrice che ho 22 ore sul suddetto bambino disabile e sono” titolare” della classe ( cioè ho contemporaneamente 22 sulla classe) anche qualora le docenti curricolari dovessero assentarsi. Cerco di spiegarmi: mi è stato riferito che io sono titolare in quella classe e quindi la sostituzione delle insegnanti curricolari non costituisce
supplenza.

Da quanto scrive, lei ha ricevuto l’incarico annuale ed è stata assegnata a due classi differenti dall’inizio dell’anno scolastico; a distanza di due mesi, viene spostata su una delle due classi, con evidente “interruzione di continuità educativo-didattica” non giustificata.
Non avendo sufficienti elementi, in base al testo da lei inviato, si profilano due situazioni:
1)       nel caso di interruzione della continuità educativo-didattica, ritenuta fondamentale anche dalla recente legge di riorganizzazione del sistema, la legge 107/2015, vanno tutelati i diritti dell’alunno; per garantire la continuità, infatti, la norma in vigore stabilisce che dopo 20 giorni dall’inizio delle attività scolastiche il docente non può essere spostato di sede (art. 461 del Decreto legislativo n. 297/94); scriva pertanto al Dirigente Scolastico richiamando il Decreto legislativo citato e aggiungendo che, oltre a motivazioni di carattere psico-pedagogiche, l’art. 1 comma 72 della legge n. 662/1996 assicura il diritto alla continuità; e dato che lei si trova nello stesso Istituto, deve essere riassegnata allo stesso caso fino ad oggi seguito;
2)       nel caso di ridefinizione dell’orario, in quanto uno dei due alunni ricorrendo ha ottenuto il rapporto 1:1, in forza di una Sentenza, dica alla famiglia del bimbo che ha ottenuto 22 ore che la scuola ne ha tolte 11 per assegnarle ad un bambino non certificato. Così la madre solleverà il problema anche presso l’Ufficio Scolastico Regionale, perché i bimbi non certificati non possono avere ore di sostegno. In questo caso, per quanto riguarda le supplenze, faccia presente che il MIUR ha stabilito che dopo il primo giorno di assenza deve essere nominato il supplente: si veda, al riguardo, la decisione del Consiglio di Stato, di seguito riportata.
In entrambi i casi, appare quanto mai opportuna la seguente domanda: lei afferma di aver ricevuto l’incarico di variazione dalla Coordinatrice; ora, essendo stata assegnata alle rispettive classi ad inizio di anno scolastico dal Dirigente Scolastico, le è stato consegnato un ordine scritto di modifica dell’incarico e di nuova assegnazione?
– Allegato –
Per il Consiglio di Stato, l’Amministrazione Scolastica non può ridurre le ore di sostegno ad altri alunni con disabilità in caso di sconfitta in un processo per il sostegno
di Salvatore Nocera
Sembra opportuno tornare sulla Sentenza n. 1134/05 del Consiglio di Stato in materia di aumento di ore di sostegno. Tale sentenza oggi dopo la sentenza n. 80/2010 della Corte costituzionale sembra ormai superata in meglio a favore dei diritti degli alunni con disabilità.
È però importante soffermarsi su un aspetto procedurale, trattato preliminarmente dalla decisione ed apparentemente di scarsa importanza rispetto all’esito del ricorso.
L’avvocatura dello Stato, che resisteva all’appello, sosteneva che il ricorso fosse da rigettare poiché non era stato notificato agli altri alunni con disabilità della stessa scuola, che avrebbero dovuto qualificarsi processualmente come “controinteressati; sosteneva infatti l’Avvocatura che, avendo l’Amministrazione scolastica regionale assegnato globalmente alla scuola un certo numero di posti di sostegno, in caso di vittoria del ricorrente, le ore in più a lui assegnate avrebbero ridotto quelle degli altri compagni con disabilità; di qui l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di notifica ai controinteressati. L’obiezione dell’Avvocatura veniva a legittimare una prassi che si era diffusa a partire dalle prime decisioni con cui i TAR aumentavano le ore di sostegno ad alunni certificati con disabilità grave. Se il Consiglio di Stato avesse accolta questa eccezione processuale avrebbe avvalorato una prassi che sostanzialmente riduceva il diritto dei singoli alunni con disabilità ad un semplice interesse legittimo, cioè tutelabile purché non in contrasto con l’interesse generale che sarebbe stato quello di non aumentare il contingente di ore di sostegno assegnato alle singole scuole.
Il Consiglio di Stato, sulla base della costante Giurisprudenza della Corte costituzionale, ha sostenuto che il diritto alle ore di sostegno è un diritto del singolo alunno costituzionalmente incomprimibile neppure per motivi di bilancio.
Ciò significa che, in caso di vittoria di un alunno, il numero delle ore di sostegno a lui aumentate non possono essere tolte agli altri alunni presenti nella scuola, vantando anch’essi un egual diritto soggettivo. Di qui il diniego della qualifica dei compagni come “controinteressati” e di qui l’ammissibilità del ricorso, che è stato vittorioso per l’alunno ricorrente.
Questa sentenza è comunque ancora arretrata rispetto alla più recente Giurisprudenza dello stesso consiglio di Stato, poiché essa, pur in presenza di un pieno accoglimento del ricorso in appello, alla fine compensa le spese che per il vincitore sono quelle di ben due gradi di giudizio con notevoli spese per consulenze, oltre che di parcelle legali.
Oggi sia i TAR che il consiglio di Stato non solo condannano l’Amministrazione scolastica resistente alla rifusione delle spese, ma anche al risarcimento dei danni patrimoniali e, più di recente, anche dei danni non patrimoniali, trattandosi di diritti fondamentali della persona.
Comunque questa decisione è assai importante per l’aspetto, apparentemente minore, evidenziato, del diniego di considerare “controinteressati” gli altri alunni con disabilità presenti nella scuola. Infatti, a seguito della Sentenza della Corte costituzionale n. 80/2010 il prossimo anno ci sarà un’alluvione di richieste di ore di sostegno in più e, in caso di diniego dell’Amministrazione scolastica, vi sarà un diluvio di decisioni dei TAR favorevoli ai ricorrenti.
Qualora l’Amministrazione volesse ridurre i danni, riducendo le ore di sostegno assegnate agli altri alunni presenti nella stessa scuola, è avvertita dal Consiglio di Stato che non potrà ricorrere a questa prassi illegittima, pena l’aumento del contenzioso in cui l’Amministrazione risulterà soccombente con condanna a spese e danni.
Le associazioni sostengono da anni che, se l’Amministrazione vuol ridurre notevolmente il contenzioso sul sostegno, deve adoperarsi normativamente e nella prassi a formare obbligatoriamente i docenti curricolari sulla didattica dell’integrazione scolastica, poiché è la presa in carico da parte di questi la vera e principale risorsa per l’integrazione stessa, ferma restando la collaborazione dei docenti per il sostegno.
Però l’Amministrazione sino ad oggi non solo non si è adoperata in tal senso, ma addirittura ha di recente aumentato paurosamente il numero degli alunni per classe, con la concentrazione di più alunni con disabilità nella stessa classe; ciò ovviamente impedisce ai docenti curricolari di prendersi anch’essi cura dell’integrazione degli alunni con disabilità, sia pur con la collaborazione dei colleghi per il sostegno. E così l’Amministrazione scolastica, nel vano ed illegittimo tentativo di ridurre le spese per l’integrazione scolastica, le vedrà notevolmente aumentare a causa del crescente numero di decisioni a sé sfavorevoli.
Come mai il livello politico del Ministero dell’Istruzione ed il Governo non sanno farsi i conti?

Ho saputo per caso che uno specialista del team che seguo mio figlio si recherà a scuola per effettuare un’osservazione durante le lezioni in classe. A noi genitori non è stato detto nulla. Infatti non siamo d’accordo che la psicomotricista vada in classe, perché non l’abbiamo mandata noi. Ora ci chiediamo se è possibile che la scuola possa fare questo senza dirci nulla. Che cosa possiamo fare noi?

Scrivete immediatamente una lettera di protesta al Dirigente scolastico, e se ancora lo psicomotricista non è andato, pretendete che non vada; se è già andato, chiedete subito una riunione di GLHO in cui discutere il caso, chiarendo che senza consenso dei genitori nessuno può sottoporre ad osservazioni  l’alunno.

Sono un’insegnante di sostegno e volevo porvi la seguente domanda: ” Può la titolare di un centro educativo privato e non accreditato partecipare alla riunione del gruppo H?” La legge 104/92 parla di operatori di servizi, ma non specifica se debbano essere solo pubblici o anche privati, accreditati o meno…

Se la famiglia ne fa richiesta e il Dirigente scolastico accetta, allora sì; diversamente non esiste alcun diritto.

Sono il  papà di un bambino diversamente abile che frequenta la 2^ classe della scuola secondaria di primo grado. Mio figlio è, tra le altre problematiche, sordo e ha necessità di essere guidato quando va in bagno e per mangiare.
Fermo restando che ai viaggi di istruzione deve andare l’insegnate di sostegno e l’assistente alla comunicazione (pagata dall’ente locale), come bisogna comportarsi per alimentazione e igiene? Chi deve pensare a tale figura? quale figura presente nella scuola può svolgere tale servizio? in base a quali norme?

Per quanto riguarda le uscite didattiche o i viaggi di istruzione, la partecipazione dei docenti non è obbligatoria: essa è su base volontaria; coloro che danno la disponibilità prendono parte a questo tipo di attività. Pertanto per il docente di sostegno non sussiste alcun vincolo.
Per quanto riguarda l’assistenza all’autonomia personale (alimentazione) può provvedere l’assistente alla comunicazione (salvo diverse indicazioni contrattuali).
Da quanto scrive, il ragazzo deve essere soltanto guidato verso il bagno e non richiede assistenza igienica: in questo caso sarà sufficiente che l’assistente piuttosto che il docente in servizio lo accompagni verso il bagno. Se, invece, si tratta di “assistenza igienica”, allora va prevista la partecipazione del collaboratore scolastico e non dell’assistente, in quanto “l’assistenza igienica e l’assistenza ai pasti” sono di competenza dei collaboratori scolastici in forza del CCNL del 2005 (artt. 47 e 48 e tab. A), in base al quale ai collaboratori spetta l’obbligo di frequentare un breve corso di aggiornamento e il diritto di avere un aumento stipendiale di circa mille euro annui che entrano nella base pensionabile.

Mi sono laureata in scienze della formazione e dell’educazione. Sono un’educatrice. Vorrei sapere se posso lavorare nelle scuole se è si come faccio a presentare domanda e soprattutto a chi rivolgermi.
Mi potete spiegare tutto l’iter per favore?

In genere il personale addetto all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale degli alunni con disabilità è assunto dalle Cooperative le quali, dopo aver ottenuto un appalto dagli Enti Locali, provvedono a collocarlo nelle scuole, in base alle richieste ricevute.
Deve pertanto rivolgersi alle Cooperative del suo territorio, formulando domanda o seguendo le procedure previste per l’eventuale assunzione.

Sono una terapista ABA, vi scrivo per conto della mamma di un bimbo con disturbo dello spettro autistico a cui è stata assegnata insegnante di sostegno per un numero di ore consistenti. Tale famiglia però si è recentemente trasferita in un’altra zona della stessa città e vorrebbe chiedere il trasferimento in corso d’anno ma le hanno detto che perderebbe il sostegno. È vero? In caso non lo fosse, qual è la normativa a cui può fare riferimento per far valere i suoi diritti?

Se un alunno si sposta da una scuola all’altra dello stesso Comune, il docente per il sostegno non può rifiutarsi di seguire l’alunno, poiché tale spostamento di sede non gli rende più gravoso il compito di docente, evitando così un aggravio per l’erario con la nomina di altro docente.
D’altra parte, se il docente è stato nominato per essere assegnato in quella classe in quanto vi era iscritto un alunno con disabilità, che cosa farebbe in quella scuola se l’alunno non c’è più? egli dovrebbe essere restituito all’USR, che potrebbe assegnarlo anche in altro Comune; quindi è più logico che segua l’alunno nello stesso Comune.

Sono la mamma di una alunna di quinta superiore, (104 art 3 comma 3), affetta da malattia genetica rara, EDS ipermobile. Viste le numerose assenze dello scorso anno è stata esonerata dalla frequenza. E’ uscita con la media del sette, nonostante l’insufficienza in inglese. Il preside ci ha consigliato di chiedere l’insegnante di sostegno. Abbiamo ottenuto nove ore. L’insegnante che ci è arrivato però finora ci ha creato solo enormi problemi: la prima settimana di scuola ha sostenuto che non sapeva se la ragazza avrebbe potuto sostenere l’esame di stato, senza addurre alcuna motivazione, nonostante lei non abbia alcun limite cognitivo (QI 142) e finora sia riuscita ad affrontare serenamente la carriera scolastica. Ripreso dal preside adesso sembra aver optato per una sorta di “desistenza”: non tiene al pari la ragazza nei programmi, non le fissa le interrogazioni, non controlla che gli insegnanti attuino il PEI. In compenso la mette in grave difficoltà con gli insegnanti e ancor più con i compagni, continuando a riprenderla per la sua scarsa attenzione (già certificata dalla psicologa), trattandola come una sfaticata se non prende appunti (spesso la malattia le blocca le articolazioni delle mani), rimproverando i compagni che le stanno vicino nel banco, e soprattutto riportando tutte queste a altre “mancanze” ai professori in classe. Questo ha generato uno stato di stress che penso possa ben immaginare. Abbiamo interpellato il provveditorato e ci è stato risposto di rivolgerci al Preside. Il dirigente ci ha ricevuto più volte senza mai fornirci una risposta ma prendendo tempo. Dopo l’ennesimo incontro stamattina in presidenza siamo stati accusati di pretendere dal professore cose che non sono di sua competenza. La mia domanda quindi è:
quali sono nello specifico le competenze dell’insegnante di sostegno?
Può proporre al consiglio di classe di non ammettere la ragazza all’esame, anche se solo con una materia insufficiente?
Noi abbiamo già chiesto due volte al preside di avviare la procedura di rinuncia al sostegno ma ci ha osteggiato in tutti i modi, paventando scenari apocalittici di mancata tutela in sede d’esame. L’altro quesito è: quale ruolo ha l’insegnante di sostegno in sede di esame di Stato? Infine, è possibile che la rinuncia all’insegnante abbia ripercussioni sull’istituto con indagini del provveditorato o simili?

Il docente deve essere “di sostegno” alla crescita in autonomia e sicurezza dell’alunno; in questo caso sta risultando di impedimento.
Proporrei che vi rinunciate o chiedendo la sostituzione con altro docente, che sia in grado di stabilire un “valido rapporto educativo” con l’alunna, oppure di rinunciarvi e basta, chiedendo ed ottenendo che il docente non abbia più rapporti con la ragazza, poiché il sostegno è un diritto ma non è un obbligo.
Eventualmente chiedendo in sostituzione personale addetto all’assistenza per l’autonomia fornito dalla Regione o da un ente cui la Regione abbia delegato questo compito.
Se necessario, colui che assiste l’alunno durante l’anno scolastico può essere nominato dal Presidente di commissione come assistente durante gli Esami di stato; se l’alunno non ne ha bisogno, ciò non avviene.

Vorrei sapere se ad  un ragazzo con  percorso differenziato art. 15 , che faccia esame di stato possa venire assegnato come accompagnatore il suo insegnante di sostegno.

Ciò è previsto sia dal Regolamento sugli Esami di Stato, DPR n. 323/98 art. 6 comma 1, sia dalle annuali Ordinanze emanate dal MIUR sugli esami di Stato nell’apposito articolo che riguarda gli studenti con disabilità.

Sono una docente di sostegno che segue un alunno in prima media , affetto dallo spettro autistico, ho preparato una piano educativo personalizzato con una programmazione DIFFERENZIATA. La mia domanda è bisogna FAR FIRMARE IL CONSENSO AI GENITORI O
Si fa solo nella scuola secondaria di secondo grado?

Il pei differenziato esiste unicamente nella scuola secondaria di secondo grado (art. 15 dell’OM 90/01).
Nella scuola secondaria di primo grado (ex-scuola media), il Pei deve essere “individualizzato o semplificato”, ovvero formulato sulla esclusiva base delle effettive capacità dell’alunno e, se egli mostra dei progressi rispetto ai livelli iniziali degli apprendimenti, deve essere promosso. Ciò è stabilito dall’art 16 comma 2 della legge n. 104/92, che Lei, da docente specializzata, può far presente ai suoi colleghi curricolari affinché lo applichino.