Accordo sugli statali, aumento medio di 85 euro

da Corriere della sera

Accordo sugli statali, aumento medio di 85 euro

L’intesa governo-sindacati. Impegno a mantenere il contributo di 80 euro anche per chi supera la soglia dei 26 mila euro

ROMA Governo e sindacati hanno firmato un accordo per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici, fermo da sette anni. L’impegno preso nel documento di quattro pagine è garantire a tutti i 3,3 milioni di lavoratori del settore un aumento medio di 85 euro lordi al mese. Sono compresi anche gli insegnanti, superando di fatto le regole meno generose previste dalla riforma della Buona scuola. Aumento medio vuol dire che alcuni prenderanno di più altri di meno, «con un maggiore sostegno ai redditi bassi», sottolinea il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia. Paradossalmente è stato proprio questo passaggio a complicare la trattativa, durata tutto il giorno.

C’era il rischio che l’aumento da 85 euro «mangiasse» il bonus da 80 euro per quei circa 600 mila dipendenti pubblici che con il nuovo contratto potrebbero superare la soglia di reddito di 26 mila euro lordi l’anno, tetto massimo previsto per avere diritto al bonus introdotto due anni fa dal governo Renzi. Nell’accordo firmato ieri c’è la promessa che non andrà così: per raggiungere il «comune intento di ridurre la forbice contributiva» governo, Cgil, Cisl e Uil si «impegnano nelle sedi dei tavoli ci contrattazione, a evitare eventuali penalizzazione indirette (…) sugli incrementi già determinati». La strada, però, è ancora lunga.

Quello firmato ieri non è il contratto vero e proprio ma un accordo politico che ne contiene i principi guida. Adesso partirà il confronto fra sindacati e Aran, l’agenzia che firma i contratti pubblici. Durerà qualche mese, in quella sede saranno negoziati e definiti gli impegni presi ieri. A partire dagli aumenti. L’aumento medio di 85 euro lordi al mese è da intendere «a regime»: la cifra sarà raggiunta per tappe successive nel corso di tre anni. Avere tutto e subito l’anno prossimo costerebbe troppo: quasi 3 miliardi di euro contro il miliardo circa che dovrebbe essere pescato dal fondo da 1,5 miliardi già inserito nella Legge di Bilancio e che servirà anche per altre voci, come il piano delle nuove assunzioni e la stabilizzazione del bonus da 80 euro per le forze dell’ordine. Sarà necessario, quindi, trovare risorse aggiuntive, rispetto ai 5 miliardi previsti nei prossimi tre anni.

Aumenti a parte, nell’accordo di ieri ci sono novità importanti. C’è l’impegno a inserire nel contratto premi che tengano conto non solo della produttività, da misurare «con nuovi sistemi di valutazione», ma anche dei «tassi medi di presenza» che andranno «incentivati» con apposite «misure contrattuali». Di fatto una lotta all’assenteismo sotto forma di incentivo, che si accompagnerà anche a un nuovo confronto su «malattia, congedi e permessi». Il governo si impegna anche a introdurre «forme di welfare integrativo», trasformando in servizi una parte della retribuzione. E promette anche il «superamento del precariato», rinnovando però i contratti al momento in essere.

Dai sindacati solo commenti positivi: «Abbiamo fatto un buon lavoro, così si avvia la stagione contrattuale», dice il segretario della Cgil Susanna Camusso. Per la Cisl, Annamaria Furlan parla di «svolta storica» perché ci saranno «non solo buste paga più pesanti ma anche più qualità del lavoro e del servizio». Secondo Carmelo Barbagallo (Uil) un «accordo così un anno fa ce lo potevamo sognare». Il presidente del consiglio, Matteo Renzi, dice che «dopo sette anni è la volta buona per i dipendenti pubblici», «i soldi ci sono». E viene attaccato dall’ex ministro Renato Brunetta: «La sua riforma è tornare a dieci anni fa, concertare con i sindacati su tutto». Resta da vedere che effetto avrà l’accordo di ieri sul voto per il referendum.

Lorenzo Salvia