SULL’INTESA PER IL RINNOVO DEI CONTRATTI DEL PUBBLICO IMPIEGO

SULL’INTESA PER IL RINNOVO DEI CONTRATTI DEL PUBBLICO IMPIEGO

 

L’Intesa politica sottoscritta ieri l’altro tra i vertici di CGIL-CISL-UIL e della Funzione Pubblica, propedeutica al rinnovo dei contratti di oltre tre milioni di anime, segna un magnifico ritorno al passato, ipocritamente camuffato dal capovolgimento del gioco delle parti: con la più consistente, e più conservatrice, delle tre confederazioni sindacali a dettare il preambolo di un’esigita Pubblica Amministrazione profondamente innovata, più efficiente-efficace-economica e a servizio dei cittadini; perciò impegnata a realizzare obiettivi che siano trasparenti, misurabili e idonei a migliorare concretamente la qualità dei servizi resi e la certezza dei tempi di risposta, con contestuale individuazione di nuovi (ancora?) sistemi di valutazione che garantiscano un’adeguata valorizzazione delle professionalità e delle competenze e che misurino e valorizzino i differenti apporti individuali all’organizzazione.

Il tutto,ovviamente, impone una radicale e ramificata condivisione dei processi di riforma, con l’impegno della controparte pubblica, in sede di revisione del Testo unico sostitutivo del D. Lgs 165/01, di restituire alla naturale signoria del contratto – che dovrà altresì individuare ulteriori ambiti di esercizio della partecipazione sindacale – l’esclusiva regolazione dell’intero rapporto di lavoro, inclusi i diritti e le garanzie dei lavoratori, nonché i pertinenti aspetti organizzativi, in proposito specificandosi che il ricorso all’atto unilaterale da parte del dirigente potrà avvenire solo dopo che egli abbia esperito tutte le procedure negoziali e ciò nonostante perduri uno stallo nelle trattative, tale da recare – solo, e non altro – un pregiudizio economico all’azione amministrativa, per un periodo di tempo definito nei contratti collettivi, che comunque determineranno la durata massima della vigenza dell’atto unilaterale (sic!).

In concreto, vanno a ramengo l’intero dispositivo della Riforma Brunetta (D. Lgs 150/09) in punto dei rinforzati poteri datoriali della dirigenza pubblica e – nello specifico, per quanto concerne la dirigenza scolastica – gl’istituti rivoluzionari introdotti dalla legge 107/15: l’intera partita del bonus premiale, che sarà contrattato, la chiamata diretta dei docenti (con il presumibile smantellamento degli ambiti e il pieno ripristino della mobilità selvaggia) e infine non escludendosi l’annacquamento delle sanzioni disciplinari, sull’abbrivo di una montante, e stravagante, giurisprudenza che vuole il dirigente scolastico facoltizzato, nei confronti dei docenti, alla sola irrogazione dell’avvertimento scritto e della censura.

In cambio di quest’accordo fortemente innovativo (UIL), che consente di riaprire la stagione dei rinnovi contrattuali (CGIL), si concede, nientepopodimenoché, l’adozione di misure contrattuali, beninteso! – per contrastare fenomeni anomali di assenteismo e, più ancora, che incentivino più elevati tassi medi di presenza, in discontinuità con il passato. E si accettano, come cifra dignitosa (CISL), gli 85 euro lordi mensili medi spalmati nel triennio 2016-2018, corrispondendosi all’idea fissa della ministra Madia e del sottosegretario Rughetti, della piramide rovesciata o della logica alla Robin Hood, di assicurare i maggiori aumenti agli stipendi più bassi e salvandosi gli 80 euro mensili netti per chi al momento percepisce un lordo anno inferiore a 26.000 euro. Cosicché lo strumento contrattuale, che per dettato della sentenza della Corte costituzionale 178/15 dovrebbe assicurare la giusta retribuzione in base alla qualità e alla quantità del lavoro svolto, si trasforma in un’impropria misura assistenziale: dopo il pasticcio combinato dalla Funzione Pubblica sulla decretazione attuativa della legge 124/15, ci sarà ancora lavoro per il Giudice delle leggi oppure farà premio la ritenuta intangibile sovranità di una privata fonte pattizia?

Pur tuttavia, se si vuol conferire una connotazione, per così dire, virtuosa a quella che altrimenti sarebbe una deriva egalitarista, e per assicurare una compiuta coerenza a questa prefigurata innovativa impostazione, nel momento in cui sarà ripartito il complessivo monte salari tra i ridotti quattro comparti e le parimenti quattro accorpate aree dirigenziali – facendo parte a sé la Presidenza del Consiglio – l’atteso Atto d’indirizzo dovrà concretizzare il comune intento, anche e non meno nell’ambito di queste ultime, di ridurre la forbice retributiva tra i 149.100 dirigenti generici, o semplicemente normali, e i circa 7.500 specifici o speciali parenti poveri finora confinati nella riserva indiana della ex quinta area della dirigenza scolastica, quale mera appendice del comparto scuola, e ora collocati nell’area Istruzione e Ricerca a fianco dei colleghi, di pari seconda fascia, provenienti dalla soppressa area settima dell’Università e remunerati con 31.015 euro annui lordi in più (93.905 – 62.890 = 31.015). A meno che non si vogliano utilizzare le eventuali parti speciali o sezioni speciali per regolare non già alcuni peculiari aspetti normativi, come prevede l’inequivoca lettera figurante nel CCNQ del 13 luglio 2016 (che vuole espressamente armonizzare e integrare le discipline contrattuali, in primo luogo – è dato ragionevolmente da presumersi – i relativi trattamenti retributivi), bensì proprio per cristallizzare l’originaria pesante discriminazione economica della più rognosa dirigenza pubblica, siccome gravata da una crescente congerie di responsabilità, che si sarebbe già dovuta risolvere, oltre dieci anni fa, con il suo secondo contratto nazionale, come da ordini del giorno votati all’unanimità dal Parlamento della Repubblica, da dichiarazioni apposte a verbale dalle parti contraenti, da vani solleciti della magistratura contabile in sede di certificazione dei CC.CC.NN.LL. e da tutta la dottrina.

DIRIGENTISCUOLA esporrà le ragioni della categoria il 14 dicembre al sottosegretario della Funzione Pubblica Angelo Rughetti, nell’apposito incontro chiesto e concesso, unitamente alla consegna delle oltre mille firme raccolte da dirigenti esasperati ma non rassegnati.

E spererebbe di essere sostenuta da chi ha i numeri (CGIL, CISL, UIL, SNALS) per poter firmare da soli il nuovo contratto di chi soffre di una – a suo tempo – da esse denunciata emergenza salariale; e, naturalmente, dal più autorevole e relativamente più rappresentativo sindacato della dirigenza scolastica, a tutt’oggi inspiegabilmente silente.