Una lingua in decadimento?

Una lingua in decadimento?

 di Maurizio Tiriticco

A tutti è noto che la competenza linguistica è costituita delle seguenti abilità: ascoltare, parlare, leggere, scrivere, tradurre (da una lingua a un’altra, da un dialetto a una lingua), transcodificare (tradurre in lingua messaggi non verbali). Un parlante normale, dalla nascita alla maturità, apprende nella misura in cui il “campo di comunicazione” glielo consente. Tale campo è dato dai parlanti che lo allevano fisicamente e lo “alimentano linguisticamente”, dalla madre e dal padre, nonché dal gruppo parentale e dal milieu socioculturale in cui il nuovo nato cresce, si sviluppa e apprende. Ad ambiente “povero” sotto il profilo della elaborazione linguistica corrisponde un apprendimento povero e viceversa.

Si tratta di studi ormai datati. Già negli anni Sessanta dello scorso secolo il ricercatore inglese Basil Bernstein aveva individuato essenzialmente due codici linguistici. Uno è il codice “elaborato”, ricco sia sotto il profilo del vocabolario (un alto numero di parole note e correttamente utilizzate) che della grammatica (un ampio uso soprattutto delle proposizioni subordinate); l’altro è il codice “ristretto” (un numero basso sia di parole che di legami sintattici). Per quanto riguarda un nuovo nato, questi è “fortunato”, se nel corso del suo apprendimento e sviluppo linguistici vive, cresce, opera e apprende in un ambiente socio-familiare linguisticamente ricco; altrimenti è dichiaratamente “sfortunato”. Occorre anche sottolineare che l’imprinting linguistico avviene nei primissimi mesi dopo la nascita. Pertanto ad un milieu sociofamiliare povero corrisponde uno sviluppo linguistico povero e viceversa.

Queste annotazioni le sto facendo perché negli ultimi tempi la televisione – grande veicolo di apprendimento linguistico per chi vede/ascolta; e, di fatto, anche di apprendimento comportamentale – ci espone sempre più ad una sorta di progressivo impoverimento linguistico. Ma non è stato sempre così. Tutti – proprio tutti, forse, no – ricordiamo la TV degli anni Cinquanta dello scorso secolo, quando il maestro Manzi con la pazienza tipica dell’insegnante elementare convinto del suo ruolo, insegnava a leggere, scrivere e far di conto, con tanto di gesso e di lavagna (ma usò anche la lavagna luminosa!!!) ai tanti italiani che non avevano fruito di un’istruzione di base efficace. Oggi un maestro Manzi sarebbe impensabile! Ormai tutti, proprio tutti, leggono, scrivono e fanno di conto, dato l’uso diffuso di tablet e cellulari (che, forse, indirettamente, insegnano più della scuola!!!). Ma c’è lingua e lingua! C’è una lingua che è strumento del pensiero, quindi di arricchimento culturale, e una lingua che, invece, è mero consumo del trito, se non addirittura del… nulla! C’è una competenza linguistica funzionale e c’è una competenza linguistica strumentale! Qui il discorso sarebbe complesso e lo lascio ai competenti in materia.

Tornando alla “vecchia” TV, ricordo anche che lo stesso Direttore generale Ettore Bernabei era molto attento al fatto che la televisione assumesse un ruolo indiretto di educazione linguistica e di educazione a dati valori! Questi ultimi, ovviamente, discutibili quanto si vuole! Comunque, altri tempi, certamente! Anche perché la TV era solo quella dello Stato e non aveva concorrenti! E fu una TV anche “educativa”! Va sottolineato che la transcodifica televisiva dei grandi romanzi fu un’operazione culturale di grande successo. Ricordo i Promessi Sposi, La Cittadella, di Cronin, Canne al vento, Cime tempestose, di Jane Eyre, Piccolo mondo antico, Francesco di Assisi. C’è anche da dire, forse, che la TV di allora era sì di Stato, e che lo Stato era – se così si può dire – di marca DC; ma qui il discorso si farebbe complesso e sarebbe fuori tema. Comunque, per almeno due decenni la TV di Stato fu una sorta di seconda maestra di lingua e, se vogliamo, anche di vita! Niente cosce al vento! Però, quando apparvero le gambe della sorelle Kessler… insomma, le polemiche non mancarono! Oggi farebbero solo sorridere! In seguito, negli anni Settanta è nata la TV cosiddetta commerciale: quindi niente canone, libera concorrenza, se no, spietata, pubblicità a iosa. E, soprattutto, la legge del mercato! Occorre dare al pubblico ciò che il pubblico vuole! Altrimenti questo cambia canale!!! Lo zapping: un’operazione monstrum da battere! Occorre inchiodare il pubblico a “quel” canale, comunque! Altri orizzonti, quindi, rispetto alla TV di Stato degli anni Cinquanta.

Inutile dire che la larga diffusione di una TV “libera” e “indipendente”, non “statale”, che dovesse andare incontro alle “attese del popolo” era garantita soltanto se queste attese fossero state soddisfatte. Insomma, è come se la maestra in una prima classe, invece di insistere sulla lingua italiana, avallasse tutti i dialetti e li promuovesse anche! Ne conseguirebbe una babele linguistica! Ebbene, questa babele è stata effettivamente avviata: ed è un fenomeno per ceti versi preoccupante! Fatta salva, ovviamente, la libertà di informazione. Non è un caso che la competenza linguistica degli italiani è una delle più basse a livello mondiale. Mi viene in mente quanto ci ricordava Don Milani: “È solo la lingua che rende uguali. Uguale è chi sa esprimersi e intendere l’espressione altrui.” Certamente! Ma quale lingua rende uguali? La “lingua del maestro”, avrebbe aggiunto Don Milani! E come li bacchettava i suoi alunni se non si fossero impadronititi della lingua corretta, che era anche quella del padrone! Ma non è così, oggi! La lingua che si adotta è la “lingua dell’alunno”! E’ molto più facile raggiungere l’alunno con la sua lingua e convincerlo così a qualsiasi cosa! Quindi… ci troviamo davanti a una corsa sfrenata alla semplificazione, all’impoverimento sintattico e morfologico: poche frasi, pochi verbi, pochi sostantivi, soprattutto poche congiunzioni subordinate!

E un Salvini è un maestro in tale campo! Un Don Milani alla rovescia! Salvini è il primo della classe di un’intera scuola di politici dei giorni nostri! Addio ai funambulismi di un Aldo Moro o al parlar forbito di un Umberto Terracini! Si leggano i discorsi tenuti all’Assemblea Costituente! Tutti di alto profilo! Una lingua italiana corretta oltre misura. Come corretta oltre misura è la lingua di quella nostra Carta costituzionale che anche un bambino di scuola primaria può leggere e comprendere senza particolari difficoltà. Ma un conto è un “parlar semplice”, che nasce sempre da un pensare complesso! Altra cosa, invece, è un “parlar povero”, che nasce da un altrettanto “pensar povero”. E’ tempo di populismi! Di semplificazioni! Di imbarbarimenti linguistici! Uno spettro di aggira per l’Europa, diceva un Manifesto: quello del comunismo. Un nuovo spettro si aggira oggi, quello del populismo, del parlare povero, che non è il parlar semplice! E che è anche e soprattutto il pensar povero! E’ il tempo dei Salvini! E un Salvini ha mille alunni – linguisticamente parlando e, purtroppo, anche politicamente – pronti a seguirlo, perché lo capiscono, perché parla come loro.

E’ evidente che all’impoverimento della competenza linguistica corrisponde l’impoverimento culturale, e civico, anche! Anche perché tale impoverimento viene premiato da un lato da politici balbettanti, dall’atro da trasmissioni come la Zanzara in cui la parolaccia è il sostituto del pensar poco e pulito. Si tratta di fenomeni interessanti, che il buon De Mauro è in grado di comprendere e studiare con piena cognizione di causa! Fenomeni di decadimenti linguistici e culturali che io mi limito a registrare

Stavo per chiudere quando Alessandra Cenerini mi informa che dai recenti dati OCSE-PISA, snapsot of performance in science, reading and mathematics, l’Italia è ancora, come sempre, pressoché al palo: 35° posto, se non ho contato male (anch’io scarseggio in competenze di base). Il che significa che noi, Patria, con tanto di maiuscola, di illustri letterati come Dante e Manzoni, nonno e padre della nostra bella lingua, se si può dir così, ora, all’inizio di un nuovo millennio, che non farà sconti a nessuno, ci dobbiamo misurare con un impoverimento linguistico e culturale veramente preoccupante. Una sfida per la nostra scuola! Una sfida che non so se la legge 107 sia stata in grado di comprendere e raccogliere!

Comunque, per parafrasare un noto titolo, io speriamo che me la cavo!