Innovazione e PNSD: i perché di una riforma

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Innovazione e PNSD: i perché di una riforma

di Mariacristina Grazioli

Il Piano nazionale Scuola Digitale è arrivato come d’improvviso: tutti se lo aspettavano ma nessuno poteva immaginare come, quando e perché. Ed eccolo- splendido nelle sua veste grafica chiara ed accattivante- pubblicato nell’autunno del 2015, a seguito di una calda estate tutta dedicata alla nuova legge di riforma scolastica.

Il Piano Nazionale si descrive da sé: non è una legge (e non avrebbe potuto esserlo, poiché c’era già la 107/2015 a reggere l’impalcatura normativa), ma un documento di indirizzo del Miur.  In effetti la stessa denominazione di “Piano Nazionale” non poteva, né doveva, trarre in inganno. L’indirizzo del ministro, come atto fondativo, è certamente qualcosa di importante e delinea un cammino nazionale: la scuola “buona” nell’era digitale, ma meglio ancora, la “strategia” per la scuola buona e innovativa, che si “posiziona” nel sistema educativo dell’era digitale.

Il Piano si inquadra nel più ampio dibattito di  innovazione del sistema pubblico e traccia le linee di sviluppo ed indirizzo delle azioni del Miur più squisitamente governative, per una sostanziale innovazione del sistema scolastico, partendo proprio dal confronto con la cosiddetta “educazione digitale”.

Un bella sfida insomma che, certamente, parte dal testo di legge.

Anche se gli  obiettivi prioritari delle legge 107 sono legati a percorsi di progettazione delineati nei Ptof, nel tessuto normativo sono tuttavia citati molti ambiti di azione, tra cui: sviluppare le competenze digitali degli alunni, migliorare gli strumenti didattici laboratoriali,  garantire formazione per i processi di innovazione, provvedere all’adozione di strumenti organizzativi e tecnologici atti a favorire la governance, garantire la  trasparenza attraverso la condivisione di dati, formare i docenti all’innovazione didattica, sviluppare la cultura digitale,  formare il personale amministrativo e  tecnico all’innovazione digitale,  potenziare le  infrastrutture di rete, valorizzazione  esperienze nazionali,  definire i criteri  di adozione di materiale digitale quali testi didattici e  materiali didattici.
Non sembra davvero poca cosa questo elenco.

PNSD ed “Era Digitale”: documenti

Le sfide della scuola descritta dal Piano sono correlate all’impegno delle agenzie formative – tra cui la scuola- finalizzate a garantire l’apprendimento per tutto l’arco della vita ( life-long) e in tutti i contesti di vita, siano essi formali e non formali ( life-wide)
I documenti a cui fa riferimento il Pnsd sono di vario spessore ed estrazione. Primo fra tutti le pubblicazioni OCSE ( Centre for Educational Research ed Innovation – CERI) in cui si fa chiaro riferimento ad una domanda basilare “cosa dobbiamo fare per garantire ai bambini e gli adulti di tutto il mondo  di ottenere la migliore formazione possibile? Questa domanda è importante non solo per i futuro degli individui, ma anche per il destino del pianeta. I risultati di istruzione determineranno se l’umanità sarà in grado di affrontare le molte sfide che ci attendono, dai cambiamenti climatici alla migrazione, dalla pace alla crescita economica e il progresso sociale. Allo stesso tempo, la questione è estremamente difficile. Storicamente, i sistemi di istruzione si sono sviluppati a ritmi diversi, nelle diverse condizioni sociali, religiose e culturali. In un mondo vario e frammentato, ci sono molte definizioni di “buona educazione”1).
Innovazione e Cambiamento

Il futuro del Pianta è al centro del dibattito sociale, culturale economico e, ovviamente politico. L’idea di futuro è lontana da interpretazioni fantascientifiche: il futuro è un accordo tra generazioni che sanno dialogare su una visione condivisa per il raggiungimento e il mantenimento del benessere.
Per quanto riguarda  il futuro dell’istruzione è stato concordato un obiettivo ambizioso per la formazione, poi tradotto  come uno degli obiettivi di sviluppo sostenibili (SDG), da raggiungere entro il 2030. L’obiettivo 4 del SDG mira a garantire “la qualità dell’istruzione inclusiva ed equa  e  promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti”. Le parole chiave del processo di istruzione da qui al 2030 sono  qualità ed equità dei percorsi di apprendimento, attraverso un sistema di governance basato sulla  partecipazione.  
L’educazione SDG non prescrive come raggiungere qualità e l’equità.   L’obiettivo ha tuttavia una sua logica: tutti gli esseri umani debbono avere le conoscenze e le competenze per crescere nella vita, lungo tutto il suo arco, e contribuire alla loro società. La declinazione nazionale degli obiettivi SDG è la nuova sfida culturale, anche traendo spunto dagli indicatori OCSE.2)

Secondo il Weforum vi è dominanza di una visone   definita “New Vision for Education: Fostering Social and Emotional Learning Through Technology”, che prelude all’idea di affermazione del primato dell’uomo sulla tecnologia; un uomo con competenze chiave idonee ad intercettare e governare le sfide del futuro.
Le “Century Skills” composte da tre matrici  “Foundational Literacies, Competencies Character con le loro declinazioni, sono dunque al centro del progetto educativo, dove la tecnologia è il medium, non il fine.3)

L’Italia traccia la linea della scuola dell’era digitale con l’High Level Conference della Commissione europea del dicembre 2014. Ripensando ad alcune risoluzioni del Parlamento europeo ( Risoluzione  sui modelli di istruzione, adottata ottobre 2013 e  la Risoluzione sulle nuove tecnologie e risorse educative aperte adottata nel 2014) pare chiara la nuova traiettoria pedagogica dell’istituzione scolastica italiana chiamata a confrontarsi con il contesto socio-culturale mondiale, prima ancora che con il dilagante digitale.

I nuovi incipit? Fornire percorsi di apprendimento flessibili e contribuire a migliorare la qualità e l’accessibilità di apprendimento formale, non formale e informale anche con  l’utilizzo delle  Open Education Resources  per ridurre il divario digitale.

Le ragioni delle Rivoluzione digitale in chiave educativa ci sono tutte: la crisi dilagante economica e i tassi di disoccupazione giovanile allarmanti. L’istruzione “di qualità” secondo la Conferenza è quella che sa intercettare le difficoltà di collocabilità nel mondo del lavoro e superi i disallineamenti. Allora ecco che la scuola deve allearsi con il territorio anche in un’ottica diacronica e promuovere progetti intergenerazionali coinvolgendo associazioni, sindacati , Ong, centri educativi.

Se questa è la prospettiva culturale, il Piano nazionale rappresenta un generatore di “opportunità istituzionali diffuse” e produce- con i suoi investimenti -un “ impatto percepibile in tutto il Paese”.4)

E’ noto che in termini generici il cambiamento nasce dalla  necessità e che il “nuovo” subentra dopo l’attraversamento della linea di confine tra  quanto conosciuto e ciò che ancora è sconosciuto. La forte spinta innovativa del Piano deve dunque fare i conti non solo con i dati di necessità, peraltro sotto gli occhi di tutti,  ma anche con il modello culturale che a tutt’oggi la scuola identifica: non vi può essere infatti vero cambiamento, solo invocando un atteggiamento innovativo.

Traiettorie: oltre il Pnsd
(assetti culturali Uomo/tecnologia, Futuro/Innovazione)

Il cambiamento dettato da necessità è cosa nota: nasce da percorsi inaspettati dove l’intuizione spesso non è di un singolo individuo, ma si colloca su un processo più complesso, quasi tortuoso eppure assai concreto. E’ divertente infatti ricordare come un oggetto semplice e consueto come la forchetta rappresenti idealmente il concetto di innovazione connesso alla cultura, in questo caso, come  parte “ di un tessuto tecnologico e sociale, di un’ecologia di altri oggetti ed abitudini”.

Il rapporto tra innovazione e tecnologia è indiscutibile proprio nell’ambito della rivoluzione digitale; ed è proprio qui che si invoca una sorta di “ apertura all’innovazione” che collima con l’idea di “non ignorare le possibili ricadute negative delle innovazioni”. Se quindi il livello generale  di competenza innovativa è diffuso e compartecipato tra chi innova e chi utilizza, il processo che si innesca dovrebbe essere virtuoso pur che vi siano “ risorse culturali adatte a gestire le significative implicazioni ( per esempio, nel ridisegnare drasticamente i concetti stessi di privacy e responsabilità)”.6)

Viene da sé che l’innovazione non si ferma all’artefatto tecnologico – il digitale- appunto: l’innovazione è concetto ampio che sintetizza elementi tra dato tecnico, elementi culturali e socio-politici. Il rapporto Uomo- tecnologia in fin dei conti, induce ad un concetto di innovazione che non deve scadere nell’illusorio: non esiste una neutralità dell’innovazione, che infatti rappresenta un ibrido tra tecnologia, visioni morali e sociali. La sociologia della scienza ci viene in aiuto con la chiara indicazione che anche gli oggetti tecnologicamente più semplici e di uso comune rappresentano in verità dei ”rapporti sociali durevoli”7).

Da qui la necessità di creare una cultura dell’innovazione per comprendere pienamente anche il discorso su un futuro dialogato, dove non si scada nei comportamenti di chiusura al nuovo, ma nemmeno negli atteggiamenti miracolistici ed illusori, che conducono da un retropensiero dove solo “il nuovo è bello”.

La visione della scuola nel Pnsd: scenari possibili, opportunità, sfide

“La scuola è potenzialmente il più grande generatore di domanda di innovazione, e quindi di digitale, ed è in questa ottica che deve essere letto il Piano”.7)

La frase sintetizza le varie anime del Piano nazionale, quella educativa- pedagogica, quella organizzativo-amministrativa e anche quella socio-politica.

Le nuove azioni contemplante lungo tutto il Piano chiedono uno “sforzo collettivo” della “Scuola orientata al futuro” proprio perché “aderente alle esigenze degli studenti”. E’ un impegno della comunità educativa sostenuto dai “stakeholder  per la scuola digitale”. E’ l’intera società dunque che chiede di “dare agli studenti le chiavi di lettura del futuro” attraverso l’approccio al digitale come risorsa. E’ una scuola che non concede nulla alla “supremazia dell’asse tecnologico”, ma sa spostare l’attenzione “all’asse epistemologico e culturale” attraverso un rapporto di “interazione intensiva” tra docente- discente -tecnologia, ma dove il  “rapporto umano” è al centro dell’agire comune.

Il Piano si fa “azione culturale” ed “azione di sistema” per costruire una “nuova idea di Scuola” intesa come “ spazio aperto per l’apprendimento” e naturalmente punta all’innovazione dell’assetto complessivo, anche con idee che sviluppano il senso del “superamento del luogo fisico”.

L’orizzonte innovativo punta ad una “Scuola come piattaforma che metta gli studenti nella condizione di sviluppare COMPETENZE per la vita”. 9)

Per raggiungere lo scenario culturale del Piano e per sostenerlo pienamente cogliendone le opportunità reali, si sviluppa una significativa spinta alla sfida professionale, sia essa individuale che collettiva. Non pare perciò un paradosso che lo stesso Piano declami che “la buona scuola digitale esiste già” ed elenchi pedissequamente tutti gli interventi che il Miur ha tenuto a battesimo dal 2009 in poi, peraltro illustrati nel capitolo 2.1. I finanziamenti per l’innovazione sono certamente importanti per consentire l’azione di divulgazione tecnologia, ma ciò che il Piano sottolinea è la propagabilità delle esperienze “replicabili e sostenibili” destinate alla  costruzione di un”patrimonio di competenze e strumenti e modelli da non perdere”.

Dunque la vera innovazione sta in quel “movimento digitale” che si è sviluppato negli ultimi anni, ora approdato su European schoolnet in piattaforma MOOC 10).

Da lì in poi è stato un susseguirsi di propagazioni che hanno avuto un vertice anche in Avanguardie Educative di INDIRE. 11)
Lo spazio innovativo è libero, al di là di modelli Miur o altre indicazioni di enti di ricerca; un”humus innovativo vero sono le reti, formali informali, costituite da fondazioni o associazioni, reti di scuole o semplicemente comunità di pratiche, online e offline, che costituiscono il vero movimento digitale”. L’innovazione del Piano dovrebbe produrre una sorta di “emersione” del movimento digitale e la produzione di esperienze, modelli  e processi innovativi “dal basso”. 12)

Il “modello Pnsd”: le azioni in campo

Per portare a compimento l’innovazione occorre agire sui finanziamenti, che il Piano dichiara essere in abbondanza e ben distribuiti su azioni chiare e ben definite: ancora una nota di indirizzo allo spirito di innovazione che tende a sostenere l’idea che possa davvero  incominciare il cammino, senza particolari timori di fondo, poiché il sostegno economico è assicurato.

Dall’edilizia scolastica, ai centri di eccellenza con i laboratori territoriali per l’occupabilità, lo scenario è assai vario. Come nota a margine si potrebbe obiettare  che in effetti lo stato attuale dell’edilizia scolastica ben poco ha a che fare con l’innovazione, semmai guarda alle doverose azioni di continua manutenzione e gestione ordinaria e straordinaria, in una ottica di necessità. Si sarebbe portati quasi a pensare  che stona un poco  la brillantezza delle “scuole innovative” o Smartschool, con l’indissolubile leggerezza di certi soffitti che cadono a picco ed inaspettatamente sui banchi. Pur tuttavia l’idea di fondo non stona con l’impianto generale, che chiede eccellenza e capacità progettuale alle scuole, sempre più chiamate ad intercettare fondi ad hoc.

L’azione innovativa del Piano è poderosa: sono 35 le azioni in campo, ma certamente il numero è poco significativo rispetto alla micro- attività che l’assetto innovativo imprime all’organizzazione scolastica.

Cercando di fare un minimo di catalogazione per aree di intervento- lo sguardo è quello dirigenziale- possiamo trovare dunque cinque setting innovativi:
a) ambienti per la didattica integrata come aule “aumentate”-spazi alternativi-laboratori mobili (area didattica);
b) realizzazione di modelli di lavoro in team e di coinvolgimento della comunità e del territorio anche attraverso le tecnologie digitali ( area organizzativa);
c) sostegno ai processi di digitalizzazione della PA e azioni di sistema con attività di alleanze per l’innovazione della scuola (area amministrativa);
d) aumento e ottimizzazione delle dotazioni tecnologiche ( area infrastrutturale).

Bisogna essere sinceri: sconforta un poco questo Piano Nazionale per la Scuola Digitale. La gradualità e l’implementazione programmata vanno quindi prese con l’unica vera risposta sostenibile in un contesto professionale così complesso e per certe versi non privo di controversie: con calma.

Ma in tempi recentissimi, accanto all’ orami noto PNSD ecco spuntare il PNF , Piano Nazionale della Formazione che, incredibilmente, sembra nascere dalla stessa matrice, ma con più concessione alle annotazioni contrattuali.

Meno male: forse ce la facciamo, adesso che abbiamo due Piani da implementare.

Se per esempio mettiamo insieme l’azione 25 del PNSD (#25) leggendola in controluce con il capitolo 2.5 del PNF, e se poi vi innestiamo un Piano Innovativo strategico per l’una e un Atto di Indirizzo del Piano di Formazione di Istituto per l’altra, non potremo che compiacerci di un buon risultato di  sintesi culturale. Il dirigente scolastico digitalizzato, accellerato ed oberato -che a questo punto solo di notte si scopre innovatore e  formatore, ricercatore e studioso, per non togliere risorse e tempo alle emergenze giornaliere- accetterà la sfida per la  reale implementazione nei contesti di vita della sua comunità scolastica? Andiamoci “Piano”.


1)Dirk Van Damme Responsabile della Innovazione e misurazione divisione Progress, Direzione for Education and Skills in http://oecdeducationtoday.blogspot.it/2016/09/can-oecds-data-guide-world-towards_15.html
2)Education at a Glance 2016 del 15 settembre 2916- Regards sur l’éducation 2016
3)http://www3.weforum.org/docs/WEF_New_Vision_for_Education.pdf
a)Foundational Literacies (how students apply core skillsto everyday tasks): Literacy Numeracy Scientific literacy ICT literacy Financial literacyCultural and civic literacy b) Competencies (how students approach complex challenges): Critical thinking/ problem-solving. Creativity Communication Collaboration c) Character Qualities How students approach their changing environment) Curiosity, Initiative, Persistence/grit,Adaptability Leadership, Social and cultural awareness
4) Pnsd.
6) Massimiano Bucchi “ Per un pugno di idee- storie di innovazioni che hanno cambiato la nostra vita” ed Bompiani, 2016
7) H.Molotch “Fenomenologia del tostapane” ed Cortina 2005
8) Pnsd
9) Pnsd
10) http://www.europeanschoolnetacademy.eu
11) http//avanguardieeducative.indire.it
12) Pnsd