La “Rete” e i suoi nemici III

La “Rete” e i suoi nemici
La terza Risposta

di Luigi Manfrecola

Per la terza risposta (che pure avevamo promesso con riferimento alla questione fasulla della POST-VERITA’) da svilupparsi lasciandola sospesa a mezzo fra sociologia e psicologia, per questa volta e contro il nostro costume, utilizziamo un prodotto “riciclato” in quanto trascriviamo una nostra nota già qualche anno fa pubblicata sui nostri siti. Mi sembra assolutamente in linea col senso complessivo del discorso fin qui svolto relativamente alle “false verità” artatamente costruite e diffuse dai media asserviti al Potere. La riportiamo integralmente, a partire dal titolo…>>>>>>>>

 

Media e Potere: da Chomsky a Postman

Ci sono diversi media, con ruoli diversi: ci sono quelli dello spettacolo, le soap opera e così via, e poi tutti i giornali del paese (nella stragrande maggioranza). Tutti questi sono rivolti ad un pubblico di massa. Ma ci sono anche altri media, quelli di élite, quelli che, come si suol dire, stabiliscono l’ordine del giorno , perché dotati di grandi risorse e dedicati alla raccolta ed al commercio delle notizie ….

I media di élite stabiliscono le linee guida entro cui operano gli altri… I media di massa tentano essenzialmente di distrarre il pubblico e fanno capo a grandi imprese con alti margini di profitto. Con essi siamo al vertice della struttura di potere dell’economia privata, quanto mai tirannica. Le grandi corporation sono fondamentalmente delle tirannie, strutturate in maniera rigidamente gerarchica, e controllate dall’alto. Se non ti piace quello che fanno, ti sbattono fuori …

I media più importanti sono semplicemente parte di quel Sistema e funzionano come un sistema d’indottrinamento, affiancate da Grandi Università molto simili ai media stessi …

E’ il PUBBLICO il loro “prodotto”; il loro prodotto è “l’audience”; è un settore privilegiato, come le persone che vendono i giornali, ossia quelli che nella società prendono le decisioni che contano …
Cosa si potrebbe dire circa la natura del prodotto dei media? Che non appare il modo in cui essi sono orientati a presentare i fatti riflettendo l’interesse dei compratori e dei venditori, delle istituzioni e del sistema che gli sta intorno …

A tale proposito va ricordato che fu negli Stati Uniti che nacque il primo grande centro per la propaganda statale e fu chiamato “Commissione per l’informazione”, col compito di “controllare il pensiero della gente”. L’industria delle pubbliche relazioni, insomma, è un’invenzione americana e valse perfino a cambiare l’orientamento pubblico a favore dell’interventismo nella seconda guerra mondiale.
Un membro della Commissione – Lippmann – già all’epoca affermò che c’era una nuova arte nella democrazia, chiamata la “fabbrica del consenso”. Fabbricando il consenso, disse Lippmann, si può aggirare il fatto che formalmente una gran quantità di persone ha il diritto di voto. Si può svuotarlo d’importanza perché è possibile fabbricare il consenso ed assicurarsi che le scelte e gli orientamenti siano strutturati in modo tale che le persone facciano sempre quello che viene detto loro, anche se formalmente hanno la possibilità di partecipare ………………………………………………………………………………………………

Se mi avete seguito fin qui, presumibilmente vi sarete convinti che questa volta, con insolito stile, stavo producendomi in un’analisi largamente condivisibile, anche se suscettibile di parziale revisione. Ebbene vi state sbagliando perché mi sono limitato, finora, a riportare FRASI NON MIE ma del celebre CHOMSKY in “Media e potere”, raccolta recente di saggi del celebre studioso. Tanto vale a rafforzare un convincimento che molta parte di noi ha ormai maturato da tempo. A questo proposito, però, va detto che l’analisi dell’Autore merita comunque, a mio giudizio, un aggiornamento urgente, e per due ragioni.

In primo luogo perché Internet offre ormai largo spazio ad una pluralità di voci ed anche ad una controinformazione capillare ed efficace. Resta tuttavia il problema d’una verifica dell’attendibilità delle fonti e della loro faziosità, assai frequente. La seconda ragione fa capo ad una doverosa lettura della “cultura” dei tempi, intesa come forma mentis, atteggiamento diffuso ed impalpabile. E qui s’impone la necessità di integrare la lezione di Chomsky con quella di POSTMAN. Sì, perché gli atteggiamenti sono ampia parte del costume d’un popolo, della scala di valori acquisita, dei convincimenti condivisi, dello stile di vita adottato. In questo senso, a diffondersi sono proprio i “modelli di vita” presentati in televisione come vincenti, i beni ritenuti desiderabili per la propaganda martellante, le aspirazioni maggiormente condivise che finiscono col costituire la cultura popolare, quella civiltà dell’avere, quel consumismo insensato ed avido che incitano alla competizione ed all’individualismo diffuso. E questa “cultura” si assorbe principalmente per immersione e per immedesimazione, in maniera inavvertita ed inconsapevole; a poco a che fare con le idee esplicitamente manifestate e con i convincimenti chiaramente espressi poiché vive e si alimenta di atteggiamenti metabolizzati ed introiettati lentamente. Non a caso si è focalizzato da oltre 60 anni il concetto di “persuasori occulti” (Packard) per sottolineare le tecniche del marketing. Ma la questione non riguarda solo l’atteggiamento consumistico, che è solo una delle manifestazioni dell’uomo post-moderno.

La questione è ben più grave poiché coinvolge complessivamente la sua personalità, le sue aspirazioni, i suoi orizzonti di vita.
In tal senso aveva visto giusto un altro impareggiabile Autore, quel Postman che parlava di “PARABOLE TELEVISIVE” a voler intendere l’effetto perverso dei serial televisivi capaci di proporre tutto un mondo di fiction nei suoi finti valori, comunque improbabili e distanti dalla routine della vita reale. I miti del nostro tempo nascono soprattutto da queste esposizioni mediatiche che vengono rafforzate ed enfatizzate dai “servizi” calibrati sui gusti facili di un pubblico suggestionabile ed incline al sensazionalismo. In nome dell’audience si fa di tutto e così anche la violenza esibita, mostrata, frequentata ed ostentata finisce col perdere di mordente, non fa scandalo ma si trasforma in occasione di morbosa curiosità salottiera. Insomma, non sbagliava di molto chi affermava qualche decennio fa che la televisione aveva fatto gli italiani, prima che divenissero degli yankees. E così tutto ritorna, in un mondo globalizzato e dominato da un imperialismo americano che ha cancellato l’equilibrio, la saggezza, il gusto, l’armonia della nostra millenaria cultura europea. Oggi più di ieri, i media esercitano una feroce coercizione psichica che si avvale della forza d’una suggestione incontrollata ed incontrollabile.

Vi sorprenderò nel dirvi che a me fanno pena non solo i cittadini plagiati, ma perfino quegli stessi che li plagiano in quanto vittime d’una stessa visione distorta, povera e miserevole d’una esistenza che va vissuta con bel altro coraggio e ben altra consapevolezza della precarietà d’un vivere che ha bisogno di un’ansia di ricerca che possa illuminarla e darle un senso. Un senso che è possibile, forse, rintracciare nella solidarietà, nella fratellanza, nella consapevolezza d’essere tutti abitanti d’un medesimo “atomo opaco del male” di pascoliana memoria, e che non ha bisogno di ulteriori conflittualità, egoismi, protagonismi insensati.