La genesi dell’economia e la perdita della sovranità monetaria

La genesi dell’economia e la perdita della sovranità monetaria

di Luigi Manfrecola

 

In linea teorica l’economia è stata ed è lo strumento utilizzato dalle Comunità per regolare gli scambi di prestazioni fra i cittadini in modo da assicurare la sopravvivenza e il soddisfacimento dei comuni bisogni.

Dalle primitive forma di baratto, si è poi gradualmente passati ad un sistema più efficiente creando un mezzo convenzionale (LA MONETA) cui attribuire un valore di scambio che si legasse al potere di transazione di cui ciascun cittadino potesse disporre. In origine, dunque, a ciascun membro della comunità sarebbe toccata una disponibilità di moneta-valore proporzionata al lavoro prestato in favore degli altri….

Con il nascere dello Stato, cui la Comunità conferisce il potere di regolamentare la vita pubblica, evidentemente la Moneta diviene strumento “pubblico” anch’esso e da gestirsi in maniera centralizzata , così da amministrare e regolare gli scambi fra i cittadini stessi ai quali andrebbe garantita una più o meno equa distribuzione.

“Più o meno” equa distribuzione poiché da subito gli Organismi sociali cui viene ad essere delegato il Potere (per fatto di nascita o in via elettiva) utilizzano tale leva strumentale per una distribuzione DISCREZIONALE che consenta di premiare alcuni più “vicini” al Governo o ritenuti più utili per l’ordine statuale, così da far nascere altrettante classi sociali (in origine premiando Sacerdoti e Guerrieri in maniera preferenziale rispetto al cosiddetto popolo minuto…).

Di conseguenza, il criterio di “utilità sociale” viene ad essere subito distorto ed inquinato dal Potere costituitosi.

E tuttavia, ciascuno Stato, dovendo sopravvivere, non può fare a meno di assicurare le condizioni generalizzate di un pur minimo sostentamento per tutti i cittadini.

Secondo la moderna Teoria della Moneta, dunque, lo Stato che amministra il denaro è anche quello che lo crea (lo stampa) e ne dispone a piacimento senza alcuna altra preoccupazione che quella di dover “costringere” i cittadini a farne uso per le comuni esigenze di libero scambio.

Fino a quando dispone d’una tale SOVRANITA’ monetaria, ciascuno Stato non ha alcun obbligo di limitare l’emanazione di moneta per assicurare un cosiddetto equilibrio di bilancio e può garantire velocità e distribuzione del denaro messo in circolo proprio in funzione delle necessità che si manifestano.

Così, in periodi di stagnazione degli scambi e di carenza di denaro, può battere più moneta incrementando la spesa sociale a favore dei poveri e dando impulso all’economia mediante il varo di opere pubbliche che creino occasioni di lavoro e le moltiplichino.

Per conservare l’equilibrio del sistema, in caso di inflazione, può – viceversa -azionare più rigidamente la leva fiscale per prelevare e sottrarre parte della massa di moneta circolante con una Tassazione che, teoricamente, dovrebbe puntare anch’essa al riequilibrio distributivo: maggiormente penalizzando chi abbia accumulato maggiori riserve di denaro.

Ciò significa che in tale sistema la tassazione non vale a finanziare la spesa pubblica poiché non è detto che lo Stato debba sempre spendere in maniera proporzionale a quanto drena e incassa dal basso mediante le tassazioni stesse.

PERTANTO NON SUSSISTE ALCUNA OBBLIGATA RAGIONE CHE DEBBA INDURRE UNO STATO A GARANTIRE L’EQUILIBRIO DI BILANCIO se esso può gestire sovranamente la propria economia.

Se un problema viene a crearsi, ciò dipende dai vincoli di un MERCATO GLOBALIZZATO e dominato da un’insensata speculazione parassitaria fine a se stessa che è il punto d’approdo di un’ideologia capitalistica e finanziaria avida e vampiresca.

Se tutto quanto abbiamo detto è vero, come è vero, possiamo temporaneamente ricavarne alcune considerazioni, riservandoci per l’immediato futuro l’approfondimento ulteriore del discorso.

1) Lo Stato è e deve restare il PRIMO GARANTE del lavoro con il necessario investimento di risorse economiche (che poi ritorneranno successivamente mediante le leve fiscali), da concepire come mezzo naturalmente e doverosamente utilizzabile per le pubbliche finalità per le quali è nato , come è nel PATTO SOCIALE originario.

2) Considerata l’assoluta arbitrarietà dei mezzi impiegabili, come sosteneva Keynes, si potrebbe arrivare al paradosso di creare anche artificialmente le occasioni di lavoro e di sostentamento per tutti mettendo alcuni a scavare fossi ed altri a riempirli subito dopo.

3) Aver ceduto la SOVRANITA’ monetaria significa aver ceduto all’ottusa Germania ed alla sedicente, surrettizia e fittizia Comunita’ Europea lo scettro per amministrare “ad libitum” ed ideologicamente i destini dei nostri giovani senza futuro.


Sottrarre denaro dal circuito economico – mediante una politica finalizzata a garantire un “surplus “del bilancio statale – equivale a costringere i cittadini a ridurre le spese e ad impoverirsi o a indebitarsi presso il sistema creditizio . Da ciò deriva, oltre tutto, il trasferimento di risorse economiche nazionali ad un settore (quello creditizio o bancario) che ha ormai dimensioni transnazionali e che alimenta in modo gigantesco il DEBITO PUBBLICO del Paese, mettendoci, una volta di più, alla mercé della finanza speculativa e ricattatoria. Si crea, insomma, quel circuito nefasto per cui possono essere poi programmati dei veri e propri attacchi ad un Paese che si veda/giudica indebolito per il grosso Debito Pubblico accumulato. (Ma , per inciso, andrebbe osservato che non ha senso alcuno che uno Stato, che dovrebbe amministrare equilibratamente le pubbliche risorse, non lo faccia e consenta una   disparità distributiva tale da indurlo poi a chiedere in prestito denaro dai cittadini stessi per poter alimentare quella spesa sociale che sarebbe suo prioritario dovere garantire in primis…).

Riportando testualmente da Wikipedia > “In situazione di deficit pubblico, lo stato dotato di sovranità monetaria immette moneta nel sistema economico onde finanziare l’acquisto di beni e servizi dai privati e dalle aziende private le quali di conseguenza pagano i loro dipendenti con questo denaro creando perciò un effetto a catena che condiziona la massa monetaria circolante e la velocità di circolazione della moneta. Questo processo tende a ridurre la richiesta di prestiti nei confronti del settore del credito. Si abbassano così anche i tassi di interesse richiesti dal settore del credito per la concessione di prestiti ai privati”.

Il che , in soldoni, vuol dire che una politica economica condotta e sviluppata ” in disavanzo” , immettendo risorse nel Sistema prima ancora di recuperare tali risorse con la successiva leva fiscale, costituisce uno shock positivo per la crescita economica e per l’occupazione ( e l’America di Obama proprio in tal senso docet…) .

Ma in Italia, come si è detto, la SOVRANITÀ MONETARIA non l’abbiamo conservata, purtroppo….

A questo punto, il riferimento a James Kenneth GALBRAITH è d’obbligo, alla faccia di quei colleghi , Soloni dell’Economia, che ne hanno contestato le teorie in virtù della comoda propensione  alle elucubrazioni accademiche per puri giochi intellettuali, tenendosi ben distanti dalla realtà e dalle sofferenze sociali che non li hanno fin qui toccati, proprio in quanto Grandi Sacerdoti del Potere Finanziario mondiale.

Per questa stessa ragione non approfondiamo qui il discorso nelle sue presunte implicazioni derivate dalla teoria (TMM) di cui si è colto il cuore, perché deve bastarne solo il cuore…

Viceversa. faremmo il gioco dei Gran Sacerdoti si ci mettessimo anche noi a cianciare di Transazioni orizzontali e verticali, di Bilancia dei pagamenti, di Importazioni e di Esportazioni …e chi più ne ha più ne metta…

E tuttavia, qualche mostro sacro preferiamo invocarlo proprio a chiusura di questa breve nota. A scanso di equivoci e per non essere tacciati di arbitrarietà…Penso che possa bastare, accanto al parere di Galbraith, l’altrettanto inequivocabile e recente testimonianza di un Nobel per l’Economia, un tale Paul KRUGMAN.

Ebbene, anche questo Gran Sacerdote – in polemica con molti colleghi e all’incalzare della crisi del 2008 in negli USA (peraltro ormai risolta proprio nel senso da lui indicato) – scriveva in “Fuori da questa crisi. adesso   : “Ciò che impedisce la ripresa è una mancanza di lucidità intellettuale e di volontà politica: Ed è compito di tutti coloro che possono fare la differenza, dagli economisti ai politici, ai cittadini responsabili, fare tutto ciò che è in loro potere per rimediare a quella carenza. Possiamo mettere fine a questa depressione: dobbiamo reclamare politiche che vadano in quel senso a partire da oggi stesso. Uno dei temi principali di questo libro è che un’economia profondamente depressa, dove con la manovra sui tassi di interesse le autorità monetarie non possono controllare praticamente nulla,abbiamo bisogno di PIU’ SPESA PUBBLICA, non il contrario. L’incremento della spesa federale mise fine alla Grande Depressione, e oggi abbiamo bisogno di un processo analogo…..In ogni caso, per capire come funziona l’economia, dovremmo ragionare in base all’evidenza empirica e non al pregiudizio. E uno dei pochi benefici di questa depressione è stato il diffondersi di studi economici sugli effetti intervenuti (negativamente fin qui > N.D.R.) nella spesa governativa. (pagg.258-259). ….Fortunatamente, i ricercatori del Fondo Monetario Internazionale si sono sobbarcati questo lavoro, identificando non meno di 173 casi di austerità fiscale nei paesi avanzati tra il 1978 ed il 2009. E hanno scoperto che a politiche di austerità fanno seguito la contrazione dell’economia e l’incremento della disoccupazione (Pag. 266).