Inclusione: prima riflessione sulle innovazioni principali

da Tuttoscuola

Inclusione: prima riflessione sulle innovazioni principali

Lo schema di decreto  recante norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità sembra apportare alcune significative novità all’intero sistema organizzativo dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, vediamo quali le principali innovazioni in una prima riflessione.

Formazione
La formazione sembra essere una delle principali innovazioni che attraversano l’intero decreto. Si inizia con quella per gli assistenti all’educazione e all’autonomia (presenti dalla scuola dell’infanzia a quella di secondo grado). Questa figura professionale, in molti casi gioca un ruolo chiave nel processo inclusivo, ma fino ad ora, non era prevista una regolamentazione e formazione di queste figure: “Con intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati i criteri per una progressiva uniformità su tutto il territorio nazionale della definizione dei profili professionali del personale destinato all’assistenza educativa e all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale, anche attraverso la previsione di specifici percorsi formativi propedeutici allo svolgimento dei compiti assegnati”. (art. 4)

Anche per la formazione iniziale dei docenti sono previste modifiche sostanziali: sarà infatti attivato un corso di pedagogia e didattica speciale “per le attività di sostegno didattico e l’inclusione scolastica: è annuale e prevede l’acquisizione di 60 crediti formativi universitari, comprensivi di almeno 300 ore di tirocinio, pari a 12 crediti formativi universitari.”(art. 13, comma 2.b). Per diventare insegnanti specializzati sul sostegno si dirà dunque addio al TFA, che sarà sostituito da un corso universitario annuale.

Strumenti per l’assegnazione del docente di sostegno
A cambiare sembra anche essere parte dell’iter che prevede l’assegnazione dell’insegnante di sostegno. La diagnosi funzionale, redatta da un’équipe esclusivamente medica, e il profilo dinamico funzionale  saranno sostituiti dalla valutazione diagnostico-funzionale. Essa “ sostituisce la diagnosi funzionale ed il profilo dinamico funzionale.

Ad essere modificato è l’art. 12, comma 5 della legge 104/92, che ora reciterà: “All’accertamenlo della condizione di disabilità degli alunni e degli studenti ai sensi dell’articolo 3, fa seguito una valutazione diagnostico funzionale di natura bio-psico-sociale della disabilità ai fini dell ‘inclusione scolastica, utile per la formulazione del Piano Educativo Individualizzato (PEl) che è parte integrante del progetto individuale di cui all’articolo 14 della legge 8 novembre 2000, n. 328“. In questo modo si cerca di snellire la procedure di inclusione scolastica, spesso eccessivamente burocratizzata.

Continuità didattica
Il tema della continuità didattica, sostenuto con forza dai dossier realizzati da Tuttoscuola e ripresi dai media in queste settimane, è presente nel decreto, all’articolo 16. Sembra che il MIUR voglia garantire il più possibile la dimensione della continuità didattica per gli alunni con disabilità. L’aspetto più interessante sembra essere il comma 3, che prevede la possibilità per il DS di proporre “non prima dell’avvio del1e lezioni, ai docenti con contratto a tempo determinato per i posti di sostegno didattico, e ferma restando la disponibilità dei posti e le operazioni relative al personale a tempo indeterminato, un ulteriore contratto a tempo determinato per l’anno scolastico successivo”. Ci chiediamo se questa misura potrà bastare a sanare una situazione di grande fragilità, che da nord a sud, caratterizza il panorama scolastico italiano. Nemmeno la scelta di rimanere minimo per dieci anni sul sostegno, prima di chiedere il trasferimento sul posto comune assicura affatto la continuità. Se il decreto è chiaro nel sottolineare il nuovo requisito temporale (I docenti assunti a tempo indeterminato sui posti di sostegno, in possesso dei requisiti e comunque nel limite dei posti vacanti e disponibili dell’organico dell’autonomia, possono chiedere il passaggio sui posti comuni, trascorsi dieci anni scolastici di appartenenza nelle sezioni dei docenti per il sostegno didattico), questo si limita a dire che il docente deve rimanere dieci anno sul sostegno, ma non nella stessa scuola o con gli stessi alunni. Si allungano i tempi della permanenza sul sostegno dunque, ma la continuità ancora non è garantita con misure ad hoc, sufficienti a rispondere ai bisogni delle scuole italiane.