La laurea non serve per nidi e materne Così il senato smonta la delega 0-6

da ItaliaOggi

La laurea non serve per nidi e materne Così il senato smonta la delega 0-6

Da rivedere anche l’organico del potenziamento

Emanuela Micucci

Non potrà essere obbligatoria la laurea per insegnare nei nidi, nei servizi della prima infanzia, nelle materne. Mentre la destinazione alla scuola dell’infanzia di parte dei docenti dell’organico del potenziamento implicherà una loro diversa distribuzione fra i diversi ordini e gradi di scuole rispetto alle previsioni della Buona Scuola. Sono alcune delle osservazione dell’Ufficio Studi del Senato al decreto legislativo n.380 attuativo della delega sul sistema integrato 0-6 anni.

Il provvedimento stabilisce che dall’anno scolastico 2019-2020 la laurea in scienze dell’educazione a indirizzo specifico per educatori dei servizi per l’infanzia o la laurea magistrale a ciclo unico in scienze della formazione primaria siano un requisito necessario per l’accesso ai posti di educatore per l’infanzia.

Tuttavia, i tecnici del Senato ricordano che «continuano ad essere validi i titoli conseguiti, entro la data di entrata in vigore del decreto, nell’ambito di specifiche normative regionali» che ne hanno esclusiva competenza. Titoli che vanno dalla qualificazione universitaria a quella di livello secondario o professionale regionale, fino anche alcuni titoli in via di esaurimento, come quello di puericultrice triennale, ammessi in molti comuni. Per i titoli d’accesso per i docenti della scuola dell’infanzia i tecnici ricordano che un titolo universitario è stato introdotto con la L.41/1990 e dava accesso ai concorsi, aventi valore abilitante.

Nel 1997 un decreto ha disposto il graduale passaggio al nuovo ordinamento con la soppressione delle scuole e degli istituti magistrali, stabilendo però che i titoli di studio conseguiti entro l’anno scolastico 2001-2002 conservassero in via permanente valore legale e consentissero di partecipare ai concorsi per materna ed elementari. Tanto che il Consiglio di Stato (parere 03813/2013) ha inserito anche a questi docenti fra gli abilitati, cioè in II fascia. La laurea magistrale quinquennale a ciclo unico per l’accesso all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella primaria, che ha anche valore abilitante, risale al DM 249/2010.

Per l’insegnamento nelle sezioni primavera, infine, è stato genericamente previsto dall’accordo in Conferenza Unificata del 2007 che il personale educativo dovesse «essere fornito di specifica preparazione». Quindi, osservano i tecnici del Senato, «in mancanza di una precisa previsione normativa, sono stati i diversi soggetti gestori dei servizi a definire, a livello locale, quali requisiti e titoli di accesso dovesse possedere» questo personale. Solo l’accordo del 2013 ha precisato che per le nuove assunzioni «è opportuno procedere prioritariamente alla scelta di personale con consolidata esperienza nei servizi per l’infanzia e/o con specifico titolo di studio (laurea in scienze della formazione primaria o scienze dell’educazione)».

Altra questione: l’organico del potenziamento nelle scuole dell’infanzia statali, che il decreto gli assegna prendendo una quota parte dei docenti che costituiscono l’organico di potenziamento della L.107, senza però determinare esuberi nei ruoli regionali. Per i tecnici questo «implicherà una diversa distribuzione delle stesse risorse fra diversi ordini e gradi di scuole» e la necessità di «sostituire la tabella 1 relativa la comma 95 della L.107/2015» sulla ripartizione dei posti di potenziamento. Sul Buono nido fino a 150 euro per i lavoratori di aziende pubbliche e private i tecnici ricordano che il Bilancio 2017 ha già introdotto da quest’anno l’erogazione di un buono per il pagamento delle rette dei nidi pubblici o privati.

Per i tecnici del Senato, il termine di 6 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento «dovrebbe essere riferito all’adozione» del Piano di azione pluriennale per l’attuazione del sistema integrato 0-6 anni «e non alla predisposizione» come previsto dal decreto. Mentre in base alla sentenza 258/2016 della Consulta per definire i fabbisogni standard sarebbe incostituzionale l’individuazione di standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi 0-6 essendo una competenza regionale.