G. Catozzella, Non dirmi che hai paura

“Non dirmi che hai paura“, un romanzo di Giuseppe Catozzella

di Mario Coviello

Un libro necessario,appassionante, drammatico, per capire il nostro tempo e ritornare ad essere uomini,tutti.

Samia Yusuf Omar è morta nel mar Mediterraneo il 2 aprile 2012, mentre tentava di raggiungere le funi lanciate da una imbarcazione italiana.

Giuseppe Catozzella ha scritto in “ Non dirmi che hai paura”,edito da Feltrinelli nel 2014, la sua storia e tutti gli uomini e le donne di buona volontà devono leggere questo romanzo per incominciare a capire chi sono le persone di colore che attraversano sempre più numerose le nostre strade, per comprendere da quale baratro di sofferenze i più fortunati riescono ad arrivare ad un passo dalle nostre case e ci intimoriscono,imbarazzano. Contro la loro volontà questi uomini, queste donne e questi bambini sono diventati un problema da risolvere.

 

La storia di Samia

Samia è una ragazzina di Mogadiscio che ha la corsa nel sangue. Ogni giorno corre con Alì, l’amico del cuore ( ..abbiamo messo in comune tutto quello che avevamo, senza paure e avidità: ci siamo scambiati i nostri sogni…” )che diventa il suo allenatore quando entrambi hanno otto anni e la convince che vincerà le olimpiadi. La guerra rende la vita dei due ragazzi sempre più difficile e Samia può guardare il mare solo da lontano perchè la spiaggia è il luogo dove più facilmente si diventa bersaglio dei cecchini.

Samia ha un padre Yusuf che la ama ( …mi perdevo nel profumo del suo dopobarba, ed ero felice, mi sentivo al sicuro…)e la sostiene e una sorella Hodan che ..” gli ha regalato tutto il suo ottimismo..” e con il canto esprime la sua voglia di pace e di libertà.

Samia è costretta a correre di notte in uno stadio crivellato dai corpi di mortaio e di giorno corre con il burka, quando il fondamentalismo avanza e impone le sue leggi in quella terra martoriata.

Ma Samia non si arrende a dieci anni vince la sua prima gara in città e a soli 17 anni si qualifica per le Olimpiadi di Pechino…

” Ero la più bassa, la più magra, la più piccola..indossavo la maglietta bianca che profumava di sapone alla cenere…Ero arrivata ultima..e sono stata sommersa dai giornalisti di tutto il mondo.La ragazzina di diciassette anni, magra come un chiodo, che viene da un paese in guerra, senza un campo e senza un allenatore, che si batte con tutte le sue forze…. “ Arriva ultima ma diventa un simbolo per le donne mussulmane in tutto il mondo.

Torna a Mogadiscio riprende a correre con più lena ma comprende che da sola, senza un allenatore, non può vincere le Olimpiadi di Londra del 2012.

Con l’aiuto di una giornalista parte per Adis Abeba dove la attende un grande allenatore. Ma i documenti non arrivano e Samia, ancora una volta, può correre solo di notte perchè è una clandestina.

E allora, come la sorella, decide di partire verso l’Italia. Sola, intraprende un viaggio di ottomila chilometri, l’odissea dei migranti dall’ Etiopia al Sudan e, attraverso il Sahara, alla Libia, per arrivare via mare in Italia.

Il viaggio

“ Il viaggio è una cosa che tutti noi abbiamo in testa fin da quando siamo nati. Ognuno ha parenti o amici che l’hanno fatto…E’ come una creatura mitologica che può portare alla salvezza o alla morte con la stessa facilità..”

E Samia viaggia molto, vola per la strade di Mogadiscio, e leggera si fa trasportare dal vento; prende autobus che viaggia per giorni. Aerei che la terrorizzano e che ricorda a fatica perchè imbottita di sonniferi. E con i viaggi per Samia ci sono per la prima volta gli alberghi, le camere con l’acqua calda e la vasca dove rimanere a mollo per ore. C’è l’aria che odora, perchè non è impregnata di polvere da sparo.

Ma il viaggio più difficile Samia lo compie a vent’anni e le ultime ottanta pagine del romanzo raccontano la sua odissea, senza risparmiarci nulla.

I trafficanti di uomini sono senza scrupoli, non lasciano alla loro “merce” se non una busta di plastica nella quale Samia porta con sè la conchiglia che sa di mare che la madre le ha legato al braccio in un fazzoletto prima di partire.

“ Loro lo sapevano, hanno imparato a capire quando un uomo si trasforma in un bisognoso di rifugio. Lo leggono negli occhi. E’ una cosa che si vede…E’ l’odore dell’animale sottomesso.Lì per la prima volta siamo stati chiamati animali..”

Il viaggio è fame, sete, caldo, sudore, vomito, diarrea, di corpi che vogliono solo sopravvivere sempre e comunque. E leggendo ci si chiede come tutto questo è possibile, come fanno milioni di uomini a resistere per dare un volto alla speranza.

L’autore Giuseppe Catozella

è Goodwill Ambassador Onu e racconta così nelle sue note al termine del libro il suo incontro con Samia “ Mi sono imbattuto nella storia di Samia per caso…. e non ringrazierò mai abbastanza Hodan, sua sorella, per le lunghissime chiacchierate di quei giorni infiniti, per le sue lacrime e i suoi singhiozzi, per le sue risate e le sue canzoni, chiusi dentro una stanzetta d’albergo. Non la ringrazierò mai abbastanza per avermi dato il coraggio e la forza di raccontare la storia di sua sorella, che spero di essere riuscito a restituire almeno in minima parte.”

Il dovere di raccontare

E anch’io racconterò la storia di Samia ai ragazzi che incontro nelle scuole per parlare con l’Unicef di diritti, dei giovani studenti di Aleppo, dell’Iraq, dei ragazzi dell’orquestra de reciclados de Cateura Paraguay che con i loro strumenti fatti con i bidoni, i cucchiai, le lastre, si sono esibiti al Festival di Sanremo.

Anche voi dovete leggere questo libro e raccontare ai vostri figli, alunni, amici la storia di Samia. Solo così Samia non sarà morta invano e anche tutti noi potremo sperare di tornare ad essere uomini.