P. Volponi, I racconti

Volponi, uno scrittore impegnato

di Antonio Stanca

Da Emanuele Zinato, uno dei maggiori curatori dell’opera di Paolo Volponi, poeta, scrittore e politico italiano nato a Urbino nel 1924 e morto ad Ancona nel 1994, sono stati raccolti nel volume I racconti, edito quest’anno da Einaudi nella serie “Letture Einaudi”, dodici racconti dell’autore urbinate. In un’ampia prefazione lo Zinato si sofferma ad illustrare la figura e l’opera del Volponi e ad indicare i collegamenti che a volte ci sono stati tra i racconti della raccolta ed alcuni dei suoi romanzi.

Questi racconti s’inseriscono in un arco di tempo che va dagli anni giovanili dello scrittore alla sua maturità. A volte sono stati scritti in preparazione di romanzi, hanno contenuto in breve quello che nel romanzo avrebbe avuto uno sviluppo maggiore, altre volte sono state prove poi abbandonate, altre ancora si è trattato di brevi prose del Volponi molto giovane che sono da considerare semplici esercizi di scrittura.

Anche poeta è stato Volponi ed una raccolta di poesie, Il ramarro, è stata la sua prima pubblicazione nel 1948. Seguiranno altre raccolte poetiche negli anni successivi quando cominceranno a comparire i primi romanzi. Nel 1962 Volponi esordisce come scrittore con Memoriale, nel 1965 con La macchina mondiale vince il Premio Strega e nel 1991 lo vince di nuovo con La strada per Roma, romanzo nel quale l’autore riprende e completa una narrazione precedentemente abbandonata, Repubblica borghese.

Altri romanzi, Corporale (1974), Le mosche del capitale (1989), ha scritto Volponi e intanto svolgeva un’intensa attività politica nelle file del Partito Comunista e poi in quelle di Rifondazione Comunista. E’ stato senatore della Repubblica Italiana per due legislature e deputato per una che non ha condotto a termine a causa della morte sopravvenuta.

Prima di entrare in politica e subito dopo essersi laureato in Legge all’Università di Urbino nel 1947, Volponi aveva lavorato a Roma presso un ente di assistenza sociale, poi a Ivrea presso la Olivetti dove era diventato direttore nel settore delle relazioni sociali, poi a Torino presso la Fiat con l’incarico di curare i rapporti tra la fabbrica e la città ed infine a Milano come consulente presso la Finarte.

Da queste esperienze nel campo dei rapporti delle relazioni sociali, dalla sua attività politica sempre rivolta a favore delle classi sociali più deboli si sentirà stimolato a scrivere quei romanzi dove si dice del malessere, dello stato di estraneità sofferto da chi ha lasciato il paese, la campagna per la città, per la fabbrica, delle gravi conseguenze derivate dall’industrializzazione, dalla trasformazione capitalistica della società, della crisi dei valori umani, morali, culturali, sociali provocata dall’affermazione di altri soltanto materiali, economici, della perdita d’identità verso la quale l’uomo moderno sembra inevitabilmente avviato.

Anche altri saranno i temi del Volponi scrittore, anche altre situazioni saranno da lui presentate ma potranno sempre essere ricondotte al denominatore comune di un’umanità che soffre, di una condizione umana che si è vista negata ogni possibilità di miglioramento, di sviluppo e che ha accettato di rimanere uguale, di procedere tra privazioni, rinunce, sotterfugi, clandestinità, pericoli, rischi anche di morte.

Pure nei racconti di questa raccolta protagonisti sono uomini, donne, vecchi, giovani soli perché esclusi dal sistema, perché poveri, perché malati, sono persone rimaste divise tra quanto avevano creduto di fare, tra come avrebbero voluto vivere e quanto hanno dovuto fare, come sono state costrette a vivere. Ognuno dei personaggi dello scrittore ha nutrito una speranza, ha pensato ad una vita diversa ed ognuno è stato sconfitto, è fallito quando non è morto perché ingiusto, crudele è stato il mondo con lui, nessun posto gli ha concesso, nessun modo di essere diverso. E non soltanto adesso ma sempre è stato così, sempre i poveri, i deboli sono rimasti fuori da quanto avveniva intorno a loro come appunto fanno vedere alcuni di questi racconti ambientati nella storia passata, nei tempi antichi. Fanno pure vedere, però, che la scrittura del Volponi non si limita a descrivere, a rappresentare una realtà così grave ma procede, nella sua solita maniera carica di tanti particolari da diventare a volte incomprensibile, alla scoperta delle cause, risale ai colpevoli, indica i responsabili di un simile stato di cose. E’ una denuncia, un’accusa quella che Volponi compie attraverso le sue opere di scrittore di racconti e romanzi. La sua è una letteratura impegnata a combattere l’ingiusto, il falso che esiste e che ha più spazio della giustizia, della verità. A muovere lo scrittore in questa direzione è stata la sua profonda formazione umanistica, è stata quella a fargli sentire vicini i luoghi, le persone del dolore, della pena. Per il loro riscatto egli ha voluto essere scrittore, perché superassero quello stato, perché raggiungessero una nuova condizione individuale e sociale.

Sono finalità che il Volponi aveva perseguito quando nell’industria svolgeva le sue mansioni di coordinatore, di curatore dei rapporti sociali, quando in politica teneva incarichi di rilievo e non può sorprendere che abbia continuato a farlo quando era scrittore.

Come nella vita così nell’opera è stato Paolo Volponi: un volto, una voce ha voluto dare a chi non ce l’aveva, a chi sarebbe finito senza che nessuno se ne accorgesse, a chi del silenzio aveva fatto la sua regola.