Riforma PA in CdM, metà dello stipendio sarà legato ai risultati: oggi nella Scuola è il 15%

da La Tecnica della Scuola

Riforma PA in CdM, metà dello stipendio sarà legato ai risultati: oggi nella Scuola è il 15%

La riforma Madia del pubblico impiego dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri giovedì 23 febbraio.

Tra le novità della revisione del testo unico, è previsto che venga portato almeno al 50% la retribuzione accessoria è legata ai risultati.

Oggi nel pubblico impiego è meno del 30%. Quindi, si andrebbe a raddoppiare, con le indennità che diverrebbero addirittura “quota prevalente”.

Numeri della Ragioneria generale dello Stato alla mano, scrive l’Ansa, la parte da leone la fanno le indennità fisse, ovvero voci che, seppure strutturate, rientrano nella parte variabile.

Stando alle tabelle, aggiornate al 2015, della Ragioneria generale, su uno stipendio medio annuo di 34.146 euro la parte accessoria, nel 2015 è di 7.439, in cui rientrano indennità fisse e non: 621 euro vanno agli straordinari, 4.559 alle competenze fisse e 2.259 a quelle accessorie, dove c’è anche la remunerazione della performance.

Ovviamente molto dipende dal comparto e qui parlano chiaro i dati dell’Aran, l’Agenzia che rappresenta il governo nei negoziati. Andando a guardare settore per settore quanto spetta alla produttività, al netto di ogni altra voce accessoria, viene fuori che, qui i dati non vanno oltre il 2014, in enti come l’Inps o l’Inail si sfiora il 38%, poco sotto nella Sanità (36%) mentre in altri si scende sensibilmente (inferiore al 28% nelle Regioni e nelle autonomie locali e al 23% nei ministeri) per scivolare intorno al 15% nella scuola e assottigliarsi ancora nel resto.

In realtà già la legge attuale, già prevedeva una percentuale ben maggiore. Ma sinora non ne è mai stata data applicazione.

La novità della riforma Madia è che introduce non solo la performance individuale, del singolo dipendente, ma anche a quella organizzativa, della ‘squadra’, spostando così l’attenzione sulla qualità del servizio reso.

Ma non convince i sindacati: “l’aggettivo prevalente”, quando ci si riferisce alla fetta che andrebbe a pagare la produttività, “deve essere eliminato, perché altrimenti non si riuscirebbero a pagare le indennità per i turni o la reperibilità”, dice il segretario confederale della Uil, Antonio Foccillo.

Secondo Maurizio Bernava (Cisl), “quel che conta è arrivare a definire insieme gli obiettivi a cui agganciare la valutazione” e quindi i premi.

Altre fonti sindacali evidenziano come il nocciolo della questione sia proprio definire cosa è salario accessorio, visto che oggi ingloba anche poste non variabili. Una scomposizione nata tempo fa per argomenti legati alle pensioni.