La scuola ha bisogno di volare

La scuola ha bisogno di volare, ma non con le ali di Icaro

di Domenico Sarracino

Ci piacciono la sobrietà e la presentabilità: le abbiamo invocate ed attese, ed ora che ci sono le salutiamo come un buon inizio … e con qualche consiglio che viene dall’avere attraversato la scuola italiana in lungo ed in largo, ormai da un po’ di tempo.

Di recente abbiamo sentito il nuovo ministro Profumo sul canale ABC: l’eloquio era preciso e pulito mentre disegnava i nuovi scenari, l’importanza delle nuove tecnologie, la scuola trasparente e capace di valutare e valutarsi, il  suo ruolo strategico per la necessaria e indilazionabile innovazione del nostro paese, la necessità di rimotivare i giovani all’impegno ed allo studio, le cure da dedicare ad essi dopo le sottrazioni di futuro degli ultimi decenni.

Una bella ed accattivante proiezione verso il futuro.

Non ci piaceva il passato ministro, quello che stizzito non sapeva che gridare “non è vero!” quando qualcuno osava dirgli che tagliava ed impoveriva la scuola, e si lanciava spada in resta ad esaltare la sua riforma epocale ed i suoi “illuminati” cambiamenti, mentre faceva strame di leggi, contratti, verità, conoscenza della realtà.

Ce lo dicevano (lei ed i suoi) ogni giorno in televisione, nelle più svariate trasmissioni, in tutti gli orari, a tutte le fasce di utenti, dando per fatte cose che non avevano né capo né coda, né mezzi, né basi: giuridiche, finanziarie, pedagogico-educative,  organizzative, amministrative.

E la gente, non tutta ma tanta sì, finiva per crederci.

Avevano scoperto la potenza persuasiva della notizia spettacolarizzata e dell’annuncio, e ne facevano uso a larghe spanne: annunciale le cose, dille in televisione, ripetile alle persone mentre cucinano o mangiano o sonnecchiano, e vedrai che diventano senso comune, “verità”.

Il marchingegno l’ha evidenziato molto bene Michele Serra, osservatore di usi e costumi del nostro “bel paese”,  in un suo acutissimo intervento ormai di qualche tempo fa.

Ma dalle persone sobrie e presentabili, dalla “gente nova”, soprattutto da chi (Rossi Doria) ha conosciuto i ragazzi di strada e per essi ha tentato l’impossibile ed ha visto la scuola dalla parte delle radici, ci aspettiamo ben altro.

Innanzitutto una coerente operazione di verità da cui far discendere interventi chiari ed onesti che rispondano agli urgenti bisogni del presente e siano basi solide per forti ed originali  idee  con cui disegnare le prospettive educative su cui fondare il nuovo patto sociale, nutrire la capacità di responsabilità e di cittadinanza, gettare le basi per un nuovo modo di vivere.

Dagli “uomini nuovi” ci aspettiamo soprattutto  che siano veri riformatori, a partire dal metodo.

Non vorremmo ancora dirlo definitivamente ed aspettiamo ancora, ma non possiamo negarci che alcuni segnali, alcune uscite sono ancora alla vecchia maniera e che alcuni “stornelli” li abbiamo già sentiti.

Ci accompagna fortemente e da tempo  un ragionamento che a noi sembra di semplicissima evidenza e cioè che nella scuola non si riuscirà a fare niente di meglio se non si parte dai fatti, dallo stato reale delle cose, e che per fare ciò non c’è altra strada oggi credibile che quella di conoscerla dal di dentro, senza filtri e mediazioni.

L’abbiamo già scritto: a noi sembra che i pilastri portanti del sistema-scuole oggi non siano in condizione di poter reggere ulteriori pesi e  che la quotidianità sia sempre più affaticata.

Ed anche  la gente di valore che è nella scuola e che è ancora tanta, può fare poco se i meccanismi si incagliano e tutto intorno gira male e sono negate anche le più basilari esigenze di un normale funzionamento.

Solo qualche esempio per un rapido ripasso.

Continuano ancora, anche in questi giorni, i tagli sugli organici; continua la follia degli accorpamenti e  delle mega-scuole con più ordini, livelli e plessi; continuano  l’indifferenza verso i problemi di guida, propulsione e coordinamento dei dirigenti scolastici destinati come Sisifo a fatiche  infinite quanto vane.

Si  negano i compensi per le “funzioni superiori”, sono numerosissime le “reggenze” che presto riguarderanno anche i  DSGA; niente si dice sui  tagli  alle collaborazioni dei vicepresidi,  al personale di segreteria  e ai  collaboratori scolastici. Si esaltano le nuove tecnologie ma non ci sono risorse per gestirle e mantenerle; non si fa altro che parlare di qualità  ed innovazione,  ma le ore settimanali di lezione saranno ancora ridotte, e le classi diventeranno sempre più numerose e la  legge 440 diventa l’ombra di se stessa e potremmo continuare con il nodo irrisolto del decreto Brunetta, le visite fiscali, il problema delle manutenzioni degli edifici e della loro sicurezza, il meccanismo dei finanziamenti con i suoi antichi ritardi e le irrisolte pendenze.

Ancora nessuna risposta concreta ed operativa a queste questioni: il ministro ha sì parlato  di rilancio dell’Autonomia, di “Organico funzionale”, di edilizia scolastica di qualità e di ridefinizione del ruolo sociale della scuola, ma anche lui queste buone intenzioni  le ha lasciato nel limbo dell’indefinito.

Intanto ancora una volta il nostro ministero, dopo i tagli lineari di questi ultimi tre-quattro anni subiti dal mondo della scuola  su  tutti i fronti, diretti ed indiretti,  sarà sottoposto ad un’altra operazione , quella dei tagli mirati, contro cui, se fossero  davvero  tali,  non avremmo da eccepire. Ma abbiamo ragione di temere che ancora una volta si corra il rischio  di guardare alle pagliuzze della scuola  e non si vada a vedere le travi che sono altrove!

Mi domando se sia onesto parlare di decollo della scuola verso le novità che urgono se prima o contemporaneamente non si ristabiliscano un po’ di normalità, un po’ di certezze e di quotidiano buon governo: se, ad esempio,  non si perde lo sprezzante vizio di non rispondere a chi pone nodi interpretativi e domande serie, o situazioni che riguardano il normale funzionamento del servizio scolastico ( le già citate questioni delle vicepresidenze, delle reggenze, “funzioni superiori”, etc.).

Insomma aspettiamo  da anni una vera stagione di riforme e di innovazione (che non è cosa facile), ma il vero riformatore  non è chi saltando le durezze della reale situazione promette future meraviglie e intanto va avanti alla vecchia maniera: il vero riformatore è chi sa costruire meraviglie partendo da una seria e credibile ricognizione del “giocattolo” che ha in mano.

E poiché comincio a vedere (e  non sono il solo) che anche questa volta le buone indicazioni ed intenzioni sono sempre da venire, mentre il quotidiano non solo non ferma la deriva in atto, ma la prosegue, io lancio questa proposta alla “gente nuova” del nostro  Ministero.

Se volete partire col piede giusto, guardate alle scuole, partite da lì, lasciate stare un po’ le verità degli “esperti” e  dei consiglieri e di arruffate sperimentazioni, e prendete a caso o  per sorteggio cinquanta – cento scuole dei vari ordini e gradi e delle diverse aree geografiche.

Prendetele come un campione, senza promesse  di premi né minacce di punizioni, ma con il solo dichiarato intento  di voler sapere, capire e conoscere, di calarvi nelle situazioni;  e cercate di farlo nel modo più diretto e personale, ricorrendo il meno possibile alle informazioni di seconda mano.

Avrete così uno spaccato  reale di come stanno le cose nel bene e nel male:

capirete quanto imbrigliano il buon lavoro i nodi irrisolti sopra richiamati , e che se la scuola non crolla è perché c’è tanta gente appassionata del proprio lavoro (che tiene agli alunni, prepara lezioni,  corregge compiti, si autoaggiorna, impara nuove tecnologie, tiene contatti, partecipa ad incontri) per la quale lo stato attuale del sistema, il più delle volte, è più una camicia di forza che un supporto ed un propulsore.

Il tempo che viviamo, a scuola e fuori di essa, ci impone di sapere guardare in alto ed al nuovo, ma occorre nel contempo badare bene  a dove  poggiamo i piedi.

Volare, insomma, ma non con le ali di Icaro.