Dieci domande e risposte sull’alternanza scuola lavoro

Dieci domande e risposte sull’alternanza scuola lavoro

di Stefano Stefanel

 

L’alternanza scuola lavoro è diventata uno degli elementi trainanti la progettazione delle scuole del secondo ciclo. La sua introduzione nei Licei ha messo in moto meccanismi progettuali interessanti e innovativi, nonostante sia stata introdotta attraverso la legge 107/2015 e quindi risenta della pessima pubblicistica legata al malcontento dei docenti per quella legge. Al di là delle considerazioni sull’avvio dei percorsi di alternanza, modificati dalla legge 107/2015 per gli Istituti tecnici e professionali e introdotti per i Licei, e senza voler precorrere un report in uscita che saranno possibili solo dopo almeno un quinquennio di lavoro e alcuni esami di stato conclusivi, può essere interessante farsi qualche domanda e fornire qualche possibile risposta a un anno e mezzo dall’avvio di questa innovazione.

In questo breve intervento citerò qualche esperienza della scuola che dirigo (Liceo scientifico Marinelli di Udine) a titolo esemplificativo.

  1. I Licei hanno potuto beneficiare delle esperienze pregresse degli Istituti tecnici e professionali?

La risposta in linea di principio è “no”. E gli stessi Istituti tecnici e professionali dovrebbero prendere spunto dalla legge 107/2015 per modificare un’esperienza che li ha arricchiti solo in parte. La progettazione liceale ha dato una spinta di tipo fortemente orientativo, in cui l’esperienza di alternanza scuola-lavoro,deve trovare lo spazio necessario a connettersi al percorso dello studente in riferimento al suo futuro. Il futuro dello studente liceale non è il futuro di molta parte degli studenti perché l’Università è il suo approdo naturale. Pertanto la progettazione liceale deve collegarsi ad un’analisi di professioni future connesse con la laurea e non a esperienze presenti connesse al mondo del lavoro, che possono essere ottime come esperienze, ma spesso non colgono il senso dell’alternanza scuola lavoro. Questo sta modificando anche il profilo delle esperienze delle scuole tecniche e professionali che stanno progettando percorsi molto più complessi che in passato.

  1. Come hanno inserito la valutazione dell’alternanza scuola lavoro?

Il problema valutativo è stato affrontato in maniera molto difforme e in molti casi ci si è limitati ad assegnare valutazioni di competenze che poi non hanno alcuna ricaduta sugli esiti dello studente. Riporto di seguito la delibera del Liceo che dirigo sulla valutazione dei percorsi di alternanza scuola lavoro: “I Consigli di classe sono tenuti a valutare i percorsi di alternanza scuola lavoro degli studenti attenendosi a quanto certificato dal tutor scolastico e dal tutor aziendale.

  • La valutazione dovrà confluire in un voto inserito nel registro del docente della disciplina prevalente individuata dal consiglio di classe.
  • Nell’ambito delle competenze di cittadinanza acquisite dall’allievo, coerentemente con la vocazione del liceo, si privilegeranno la capacità critica e la consapevolezza dell’orizzonte problematico nel quale si inserisce l’esperienza. La valutazione, su più discipline, potrà anche essere differita nel tempo a seguito di esperienze complesse che si concretizzano in diversi momenti del curricolo (legge 107/2015 e linee guida) e che implicano pluri-interdisciplinarietà.

Qualora il percorso di alternanza scuola – lavoro non abbia attinenza diretta con il percorso disciplinare del Liceo lo studente avrà diritto ad un credito formativo qualora la valutazione del tutor aziendale sia massima in tutte le voci della scheda in uscita dal percorso”.

La scelta fatta da noi è quella di produrre una valutazione disciplinare laddove esiste un collegamento diretto con le materie studiate nel liceo (percorsi di giornalismo valutazione in italiano, percorsi nell’editoria valutazioni in italiano o in filosofia, percorsi nei laboratori di fisica dell’università valutazioni in fisica, ecc.) oppure un credito formativo in presenza di valutazioni massime nelle tre voci della scheda in uscita .

  1. Come fare coi crediti?

L’alternanza scuola lavoro come anche i percorsi di eccellenza (anche solo di tipo progettuale) previsti dal comma 29 dell’art. 1 della legge 107/2015 permettono di analizzare la questione del credito formativo, ma anche di introdurre il possibile credito disciplinare. Il credito formativo viene assegnato per la certificazione di attività riconosciute o per decisione del consiglio. Esistono però attività – sia di alternanza, sia progettuale, sia autonome dello studente – con una grande valenza didattica e culturale che stanno molto strette dentro un credito formativo dato veramente “ a pioggia”. L’introduzione del credito disciplinare nella scuola che dirigo (1 o 2 voti in più nella pagella finale rispetto al voto di presentazione da parte del docente di classe ottenuti per alte prestazioni definite dal Collegio docenti) ha tolto una parte di potestà sul voto dello studente all’insegnante, ma ha reso autonomo lo studente nella ricerca di risultati di alto livello in percorsi formativi anche di alternanza scuola-lavoro.

  1. Nuovi spazi di progetto per le scuole?

L’entrata dei Licei nell’alternanza scuola-lavoro ha prodotto una serie di nuove potenzialità progettuali. Settori come quello artistico, universitario, medico, culturale in senso lato stanno entrando a regime portando una ventata di novità nelle scuole. Il tutor aziendale di questi percorso non è più quello del settore produttivo o dei servizi, ma è un tutor connesso alla cultura e ai suoi sviluppi. Musei, Pinacoteche, Giornate del Fai, Mostre possono diventare il luogo del raccordo, anche progettuale, tra scuole e territorio. Progettare mostre è un mestiere importante che si può iniziare ad imparare nella scuola superiore. Ma anche tutto il mondo della scrittura (libri, siti, giornali, ambienti, ecc.) presenta potenzialità formative, professionali e culturali innovative. Anche la partita delle esperienze all’estero cambierà il turismo scolastico spostando l’attenzione sulle possibilità formative e professionali dei viaggi all’estero.

  1. Che ruolo hanno i tutor scolastici?

I tutor scolastici hanno un ruolo centrale perché progettano e non possono limitarsi a controllare che la documentazione sia corretta. Il ruolo progettuale anche in questo settore introduce novità non da poco in un mondo come quello della scuola che ha strutturato le sue progettualità molto spesso per linee interne e che invece ora deve cominciare ad occuparsi seriamente del mondo circostante, con i suoi limiti, i suoi problemi, le sue pratiche. La questione della progettualità entra nel profilo del docente tutor interno di alternanza scuola-lavoro, introducendo novità che presuppongono un grande sforzo formativo.

  1. Il primo ciclo non entra in questa progettualità?

Un errore che si sta per-correndo è quello di lasciare il primo ciclo al di fuori della progettualità dell’alternanza scuola lavoro. I vecchi tirocini delle studentesse dei licei pedagogici nelle scuole dell’infanzia e primaria sono proprio “vecchi tirocini” che con la nuova alternanza scuola lavoro hanno poco da spartire. Una politica veramente verticale deve fare conoscere e vedere i percorsi di alternanza scuola lavoro del triennio superiore anche al primo ciclo, perché devono essere introiettati nell’estremamente carente percorso orientativo degli Istituti comprensivi. Attualmente gli istituti comprensivi orientano i propri studenti per livelli didattici (dai Licei agli Istituti professionali in ordine di voto) e lo fanno conoscendo poco e male i percorsi superiori. Dentro quei percorsi ci sono diverse esperienze di alternanza scuola lavoro e questa conoscenza dovrebbe essere uno degli elementi dell’orientamento. Inoltre i Licei possono proporre percorsi di alternanza negli Istituti comprensivi connessi alla funzione docente (lavoro che molti laureati faranno o cercheranno di fare). Ma per fare orientamento e alternanza scuola lavoro anche i docenti degli Istituti comprensivi devo venir formati.

  1. Quando?

Uno dei punti dirimenti è quando collocare i percorsi di alternanza scuola lavoro. Se sono collocati dentro l’orario didattico lo studente deve veder armonizzato il proprio impegno dentro la scuola con quello fuori dalla scuola, pena conflitti tra esperienza e valutazioni degli apprendimenti. Se sta fuori dall’orario scolastico deve comunque essere messo in condizione di farlo a mente serena senza che vi sia il conosciuto ricatto mattutino delle discipline (“tu fai quello che vuoi, ma io poi ti interrogo”). L’alternanza scuola lavoro deve costruire uno strumento di armonia formativa e non di ulteriore divisione oraria.

  1. L’impresa simulata?

L’impresa simulata presenta più rischi che vantaggi. Troppo teorico e slegato alla realtà il percorso simulato rischia di essere una nuova materia che si aggiunge alle altre teoriche. Inoltre il tempo dedicato a progettare qualcosa e poi a realizzarlo lo rende spesso irrealistico perché se messo sul mercato l’oggetto prodotto avrebbe un prezzo proibitivo. Io penso che l’impresa simulata non sia un buon metodo di alternanza scuola lavoro (lascia la realtà ancora una volta fuori dalla scuola).

  1. L’impresa realizzata?

Un ottimo metodo di alternanza scuola lavoro sarebbe quello dell’impresa realizzata dallo studente. Penso alle Student company delle scuole finlandesi e svedesi dove gli studenti fanno impresa e la validazione dei percorsi (anche 45 moduli sui 75 che lo studente deve validare nel triennio) passa attraverso l’utile realizzato dallo studente, che nelle scuole finlandesi non deve essere inferiore agli 8.500 € all’anno (cifra che per il Ministero finlandese la famiglia finlandese non è disponibile a pagare per far riconoscere i moduli). In un istituto di Jyvaskyla ho visto un’azienda di acconciatura femminile messa in piedi da tre studentesse con oltre mille clienti paganti (80% studenti, 20% esterni). Il 5% dell’incasso va alla scuola che fornisce le strutture, il resto lo tiene lo studente. Questo sistema non è possibile in Italia perché i minorenni non possono avere la partita IVA. Ma realizzare un’impresa a scuola e vederla valutata dal mercato penso sarà un prossimo passaggio dell’alternanza scuola lavoro, che dovrà essere anticipata dall’introduzione di una modifica normativa relativa alla fiscalità dei minorenni.

  1. Realtà o simulazione

Il futuro è di “realtà”, quindi di percorsi autentici in cui lo studente è valutato dalla scuola, ma si introduce in contesti non scolastici. E’ possibile anche che questa realtà sia introdotta dalla scuola: il Bilancio sociale del Liceo Marinelli di Udine è stato redatto da me, da alcuni docenti, da due studenti in alternanza scuola lavoro (100 ore dal 20 agosto al 10 settembre) in collaborazione con gli Uffici. E sta in bella evidenza sul nostro sito.