Sul “linguaggio” della protesta dei docenti

A proposito delle dichiarazioni della Ministra Fedeli sul “linguaggio” della protesta dei docenti: non si faccia confusione fra piano della protesta e piano educativo

L’approccio politico concreto e aperto della Ministra Fedeli che, con l’assunzione della responsabilità del MIUR, ha consentito, per la sua parte, la ripresa dei tavoli negoziali, sembra venire offuscato dalle sue recenti dichiarazioni sul linguaggio usato dai docenti nella protesta contro gli effetti deleteri della legge 107/15.

Qualificare, come leggiamo dalle agenzie, alcune espressioni utilizzate da settori della categoria come “un linguaggio non degno di chi educa, di chi rappresenta la scuola” rischia di gettare cattiva luce e discredito sui docenti.
Cosa, questa sì, sbagliata in sé, per chi, come la Ministra, deve invece sapere ascoltare e semmai motivare tutto il corpo docente che ella rappresenta.
Anche perché in tal modo si confonde il piano della lotta sindacale e politica – nella quale anche espressioni mediatiche, che peraltro la FLC CGIL non condivide, hanno il loro legittimo corso – con il piano educativo che invece si esercita nelle aule scolastiche.
E su questo piano crediamo che la docenza italiana, ne siamo quotidiani testimoni, faccia bene il suo mestiere e regga da anni situazioni al limite del proibitivo.

La FLC CGIL rimane dell’idea che, al di là del linguaggio usato nella legittima battaglia rivendicativa, l’indebolimento dei poteri degli organi collegiali, la distribuzione discrezionale di premi in denaro, la chiamata diretta dei docenti senza oggettività e trasparenza, il mancato rinnovo del Ccnl da quasi 10 anni, meritano la protesta anche la più accesa. E ciò nulla a che fare con la dimensione educativa.
Se restiamo al merito delle questioni non possiamo non ribadire che quelle storture vanno superate.
Continuare il confronto è la vera e unica risposta concreta che si può dare a chi giustamente protesta.