Insegno, non faccio lezioni

INSEGNO NON FACCIO LEZIONI di Umberto Tenuta

CANTO 796

In una civiltà statica i giovani debbono acquisire i saperi che serviranno per tutta la durata della loro vita.

Invece, in una civiltà in rapida trasformazione, qual è quella attuale, occorre imparare ad imparare per far fronte alla incessante obsolescenza delle conoscenze.

 

Fino a ieri, le conoscenze essenziali per vivere in una società caratterizzata dai lenti cambiamenti potevano essere fornite attraverso i libri o le lezioni dei docenti. Tant’è che nei Programmi didattici del 1867 per le scuole elementari si diceva: <<Il maestro si astenga dal dare dimostrazioni che in quella tenera età non sarebbero intese. Si limiti a imprimer bene nelle menti degli scolari le definizioni e le regole>>.

Letti, presentati, esposti, i saperi venivano memorizzati e valevano per tutta la vita degli alunni.

In una civiltà in rapida trasformazione, qual è quella attuale, nessuno sa quali saranno le conoscenze del prossimo lustro.

Che fare?

La soluzione è ovvia, scontata, evidente.

Occorre che gli alunni acquisiscano, non le conoscenze, ma la voglia e la capacità di acquisirle.

<<Non aspettar mio dir più né mio cenno;

libero, dritto e sano è tuo arbitrio,

e fallo fora non fare a suo senno:

per ch’io te sovra te corono e mitri>> (PURGATORIO, 139-142).                        

Ed allora, se non fa lezione, che cosa fa il docente?

Insegna!

Alla lezione (dal latino lectio, leggere) si sostituisce l’insegnare!

Insegnare!

Da non confondere col fare lezioni, come quasi sempre avviene.

Ma da intendere, in senso letterale, come tradurre in segni.

Il docente offre i segni concreti (materiali comuni e strutturati, materiali iconici e materiali simbolici).

Cioè, il docente offre i segni attraverso i quali gli alunni possano scoprire i saperi.

Ovviamente, gli alunni devono essere motivati a scoprire i saperi.

E ciò significa che gli alunni devono trovarsi in una situazione problematica.

È quello che avviene nel PROBLEM SOLVING.

Gli alunni si pongono delle domande e si impegnano a trovare le risposte (Tommaso D’Aquino parla di invenzione, da invenire: cercare, trovare, scoprire).

Attraverso l’impegno di soluzione dei problemi, gli alunni, non solo scoprono le conoscenze desiderate, ma imparano a scoprire.

Un’avvertenza!

Quando nella scuola si parla di ricerca, si fa riferimento, non tanto alla ricerca sui libri (oggi sulle enciclopedie di INTERNET), quanto alla scoperta. Scoperta che all’inizio deve avvenire in situazioni concrete, poi iconiche ed infine simboliche.

Situazioni che il docente crea utilizzando SEGNI, cioè materiali concreti (comuni e strutturati), materiali iconici e simbolici (oggi facilmente disponibili in formato digitale).

È compito dei docenti INSEGNARE: offrire i materiali e le situazioni che consentano agli alunni, suddivisi in gruppi, di riscoprire i concetti, le regole, le teorie.

Se proprio vogliamo salvare il termine INSEGNAMENTO, non intendiamolo come tenere lezioni, ma come tradurre in SEGNI, offrendo agli studenti i materiali, in un primo momento concreti, comuni e strutturati, in un secondo momento iconici ed infine simbolici.

Si ritiene opportuno evidenziare che i materiali iconici e simbolici oggi possono essere agevolmente offerti in formato digitale.

Fino a quando non creeremo una parola che indichi colui che guida gli alunni nei processi di apprendimento attraverso la ricerca/riscoperta/invenzione/costruzione dei saperi, continuiamo a parlare di INSEGNANTE, inteso come colui che organizza le situazioni problematiche di apprendimento, mediante l’utilizzo di SEGNI, prima concreti, comuni e strutturati, poi iconici ed infine simbolici.

E che, con meritato orgoglio, dice: io non faccio lezioni: la lezione è morta.

Io INSEGNO!

Io non lavoro nelle aule.

Io opero nei Laboratori riccamente attrezzati della scuola.

I miei studenti non stanno seduti in silenzio nei banchi.

I miei studenti comunicano tra di loro e con me mentre ricercano, scoprono, inventano e acquisiscono conoscenze, capacità e atteggiamenti.

E soprattutto io non mortifico con voti negativi, ma stimolo, incoraggio, valorizzo ogni piccolo successo dei miei alunni.

Alunni cari, tutti cari a me, che io amo chiamare studenti.

Studenti, perché tutti innamorati!

Innamorati delle conoscenze e delle virtù.

Innamorati nati, che io rinforzo sempre con i miei plausi.

Sappiatelo!

Io non mortifico mai.

Non mi macchio mai del grave delitto della mortificazione dei miei alunni.

I miei alunni sono tutti vivi!

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