Anche il MIUR riconosce (per ora) il pasto da casa

Anche il MIUR riconosce (per ora) il pasto da casa

di Cinzia Olivieri

 

Con nota n.348 del 3.03.2017 il Ministero è intervenuto infine a fornire indicazioni in merito alla “Consumazione del pasto domestico a scuola” e, rimettendo alle istituzioni scolastiche la valutazione, nei limiti della propria autonomia, discrezionalità e competenza, delle “soluzioni idonee a garantire la fruizione del cd. pasto domestico e l’erogazione del servizio mensa assicurando la tutela delle condizioni igienico-sanitarie e il diritto alla salute”, conferma, nell’attesa della pronuncia della Cassazione, che, a prescindere dalle modalità pratiche di attuazione, il pasto domestico deve essere quindi garantito e per l’effetto non può essere negato.

Appare superata pure la questione dell’efficacia della sentenza tra le parti. Infatti la suddetta nota precisa che da giugno 2016, a seguito di “alcune pronunce giurisprudenziali”, è stato riconosciuto alle famiglie (indicate genericamente a prescindere dalla posizione di appellante/ricorrente) “il diritto di usufruire in modo parziale del tempo attraverso la consumazione, negli stessi locali destinati alla refezione scolastica del pasto preparato in ambito domestico in alternativa al servizio mensa erogato dalla scuola

È opportuno tuttavia evidenziare che tanto la Sentenza n. 1049/2016 della Corte di Appello di Torino quanto le successive numerose ordinanze cautelari (anche in sede di reclamo) hanno riconosciuto precisamente il diritto degli istanti di scegliere per i propri figlitra la refezione scolastica e il pasto preparato a casa da consumare presso la scuola nell’orario destinato alla refezione” sul presupposto che il “tempo mensa” sia un momento educativo unico ed identico a prescindere da tale scelta, giacché non può implicare l’adesione obbligatoria ad un servizio a pagamento. Dunque chi consuma il pasto da casa o quello erogato dal servizio lo fa utilizzando lo stesso tempo mensa.

Invero, anche tra i decreti attuativi della L 107/15, l’atto 381 ribadisce che i servizi di mensa (art. 2) rientrano tra gli interventi per il sostegno al diritto allo studio che programmano gli Enti locali, nell’esercizio della propria autonomia di programmazione annuale e nei limiti delle effettive disponibilità finanziarie, umane e strumentali disponibili. Tali servizi (art. 6) possono essere assicurati agli alunni delle scuole primarie, laddove il tempo scuola lo necessiti, e sono “attivabili su istanza di parte”, gratuitamente o previo pagamento di una quota, “nei limiti dell’organico disponibile e senza nuovi o maggiori oneri per gli enti pubblici interessati”. Dunque sono assolutamente facoltativi.

All’autonomia dell’amministrazione scolastica è comunque rimessa l’organizzazione pratica del “tempo mensa” anche con riferimento ai locali da destinare al consumo dei diversi pasti.

Insomma tale disposizione si muove in linea con le precedenti indicazioni dell’USR Piemonte di ottobre 2016 e la successiva dell’USR Lombardia del 2.11.2016.

La nota ministeriale precisa poi che “insieme alle iniziative necessarie a proporre ricorso avverso le suddette sentenze” il Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione “ha avviato un confronto tra i soggetti istituzionali coinvolti, al fine di individuare, nelle more della definizione dei relativi giudizi possibili linee di condotta uniformi su tutto il territorio nazionale”.

Ebbene, premesso che la sentenza per la quale è stato depositato ricorso in Cassazione è quella della Corte di Appello di Torino n. 1049/2016, si conosce la composizione ed il lavoro dell’Osservatorio per la corretta fruizione dei pasti nelle scuole del primo ciclo costituito presso l’USR Piemonte, ma non quello presso l’ufficio ministeriale, per il quale si auspica un ampio coinvolgimento della componente (ed in particolare della rappresentanza) genitoriale, giacché per studiare linee di condotta uniformi sull’intero territorio nazionale è necessario accertare le diverse necessità territoriali attraverso chi è direttamente coinvolto nella questione.

Si comunica inoltre la costituzione di un tavolo tecnico presso il Ministero della Salute per l’aggiornamento delle Linee Guida sulla ristorazione scolastica per supportare scuole ed enti locali per scelte organizzative e gestionali del servizio. Peraltro, a tal proposito, foodinsider.it ha appena presentato la classifica dei menu scolastici italiani 2016/17 che premia i menu più equilibrati in base proprio ai parametri delle Linee Guida della ristorazione scolastica e delle raccomandazioni dell’OMS, considerando qualità, frequenza e varietà degli alimenti proposti nei menu scolastici. Il punteggio ottenuto è il risultato del questionario Menu a punti: sotto ai 50 punti è considerato non sufficiente.

Insomma a quanto sembra appare necessario pervenire ad un ripensamento della mensa sia dal punto di vista organizzativo che nutrizionale.

Ad ogni buon conto tra le indicazioni che vengono per evitare situazioni di criticità c’è quella di attivare procedure atte ad evitare possibilità di scambio di alimenti e conseguenti contaminazioni, adottando nei confronti di studenti ammessi al pasto domestico precauzioni analoghe a quelle previste nell’ipotesi di somministrazione dei cd pasti speciali, anche chiedendo il supporto del Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione presso l’Asl territoriale. L’assimilazione del pasto domestico al pasto speciale (in caso ad esempio di celiachia e/o di intolleranze alimentari) di fatto risolve in senso positivo la questione sollevata in merito alla possibilità del consumo del pasto domestico nel refettorio o comunque insieme a chi utilizza il servizio di refezione, dal momento che non è contestato che gli alunni con pasti speciali – per i quali pure sussiste un rischio di contaminazione – pranzino insieme agli altri.

Inoltre si raccomanda gli Uffici Regionali di mantenere un confronto costante con le istituzioni scolastiche affinché “nella gestione dell’erogazione del servizio … non si discostino dalle pronunce della Magistratura, così da escludere ogni responsabilità individuale” e sia favorita l’interlocuzione con le famiglie, raccogliendone “segnalazioni e richieste al fine di contemperare le opposte esigenze di tutte le alunne e gli alunni”.

Insomma pare legittimo concludere che l’indicazione fornita dagli uffici ministeriali sia di concedere il pasto domestico evitando ulteriore contenzioso.