Non decolla l’alternanza scuola-lavoro

Non decolla l’alternanza scuola-lavoro,
numerose le denunce di sfruttamento

Studenti utilizzati come manovalanza gratuita tra pulizie e telefonia

Studenti che finiscono in agenzie immobiliari a fare i telefonisti. Altri a cui tocca pulire i tavoli o i bagni nei ristoranti. Altri ancora che fanno fotocopie, volantinaggi o catalogano archivi e biblioteche. E’ l’alternanza scuola-lavoro “all’italiana”. Ovvero come vanificare un’ottima occasione – almeno sulla carta – di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro attraverso lo sfruttamento di molti studenti come manovalanza gratuita.
E’ quanto denuncia l’Unsic, sindacato autonomo con oltre 1.500 Caf sparsi sul territorio nazionale, che ha raccolto le lamentele di una ventina di utenti.
“L’obbligo dell’alternanza scuola-lavoro nelle scuole superiori, previsto dalla ‘Buona Scuola’, ha fatto esplodere un fenomeno un tempo riservato a limitate esperienze nell’istruzione tecnica e professionale – spiega Domenico Mamone, presidente nazionale del sindacato. “La conferma viene dagli stessi numeri ministeriali, secondo cui lo scorso anno hanno partecipato alle attività ben 652.641 studenti rispetto ai 273mila dell’anno precedente. Nonostante ciò e gli aggiustamenti in corso d’opera, il bilancio dell’esperienza non è esaltante a causa principalmente di tre fattori: la difficoltà, da parte del corpo docente, di collocare anche 500 studenti nelle aziende della zona, spesso refrattarie ad accogliere studenti, a cui si aggiungono gli immancabili nodi burocratici e i costi, ad esempio per le assicurazioni, spesso a carico degli studenti”.
Per legge sono 200 le ore minime da effettuare nell’ultimo triennio dei licei e 400 nell’ultimo triennio dei tecnici.
“Purtroppo nel nostro Paese, con la scomparsa dell’avviamento professionale e un apprendistato che non decolla, anche per un pregiudizio ideologico è stato tardivo il riconoscimento dell’importanza di un moderno collegamento tra la scuola e il mercato del lavoro, salvo alcune meritorie iniziative nel Nord Italia – continua Mamone. “Eppure la formazione non è semplice addestramento al lavoro, ma è costruzione di una persona. Offrire queste esperienze negative a giovani di 16-17 anni significa determinare un effetto-boomerang nel loro percorso di qualificazione”.

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