Quote azzurre nella scuola italiana

Quote azzurre nella scuola italiana

L’OCSE ci annuncia oggi una cosa che sapevamo già, e cioè che la percentuale dei docenti di sesso femminile è preponderante rispetto a quella maschile. Il dato europeo sarebbe il 68 %, e quello italiano – in alcune cose riusciamo a essere primi in classifica – sale addirittura all’83 %. L’OCSE  non pare però soddisfatta  di tale situazione, poiché nel comunicato si legge: “Persistenti squilibri di genere nella professione di insegnante hanno sollevato una serie di preoccupazioni” e via recriminando su questo tono. Rileviamo en passant il grano di incenso bruciato sull’altare del politicamente corretto (non “sesso” ma “genere”) e veniamo al punto. La premessa doverosa ma tutt’altro che ritualistica è che  le docenti svolgono mediamente assai bene il proprio lavoro: competenza e dedizione riescono a produrre risultati nonostante la scuola com’è oggi strutturata. Sì, diciamo “nonostante”, perché la miriade di incombenze burocratiche cui l’insegnante deve soggiacere (ormai si riempie un modulo anche per andare ai servizi) sembrerebbe tale da soffocare qualsiasi vocazione; eppure, nonostante tale fardello, maestre e professoresse il loro lavoro lo svolgono con un impegno che sfiora l’eroismo. Ma questa era la nostra premessa. Il dubbio che agita l’OCSE è che questa massiccia presenza dell’elemento femminile dietro la cattedra possa produrre dei danni, tanto che – prosegue il documento – “sarebbe interessante indagare il potenziale impatto del divario di genere nell’insegnamento, per esempio, sui risultati di formazione e di carriera”. Su tale questione non mettiamo bocca, preferendo spostare l’attenzione su un altro piano. A noi sembra che la sparizione del docente maschio dalla scuola proceda di conserva (seppure in parte per altre cause) con quella della sparizione del padre dalla famiglia. In poche parole: la femminilizzazione della scuola fa il paio con l’educazione familiare, la quale è impartita dalla madre perché il padre è stato espulso dal nucleo oppure, per motivi storico-sociologici che qui non richiamiamo, è una figura effimera e sbiadita e svolge un ruolo marginale. Nella sostanza, il problema è come incide sull’educazione e la crescita dei giovani italiani la presenza prevalente, in funzione genitoriale ed educativa, di uno solo dei due sessi. Quello cui la tradizione, ma forse anche la natura, affidano tanti preziosissimi compiti in favore della prole, ma non tanto quello del porre dei limiti e abituare ad una ragionevole disciplina nei rapporti con se stessi e con gli altri. Allora, oltre a interrogarsi, come fa l’OCSE, circa le conseguenze “sui risultati di formazione e di carriera”, bisognerebbe forse chiedersi quanto la sparizione del padre come dell’insegnante di sesso maschile, che del padre conserva le stimmate, incida sulle svariate forme di devianza e violenza giovanile di cui le cronache recano allarmante testimonianza.

Alfonso Indelicato
Responsabile Dipartimento Scuola della Lombardia
Fratelli d’Italia Alleanza Nazionale