Non dimenticare Barbiana: a 50 anni dalla ‘Lettera a una professoressa’ dei ragazzi di Don Milani

da Tutto scuola

Non dimenticare Barbiana: a 50 anni dalla ‘Lettera a una professoressa’ dei ragazzi di Don Milani

È trascorso mezzo secolo da quando, guidati da don Lorenzo Milani, i ragazzi di Barbiana hanno scritto la famosissima ‘Lettera ad una professoressa’. Era il 1967. Da allora, come il nostro Paese, la nostra scuola è profondamente cambiata. Com’era l’Italia a quel tempo? Com’era la nostra scuola?

La professoressa, incarnazione di una scuola sulla difensiva

Ormai lontani dagli anni immediatamente seguenti il dopo guerra, dopo aver conosciuto il boom economico, anche l’Italia stava sperimentando quella che Richmond ha chiamato ‘l’esplosione dei numeri’ e ‘l’esplosione delle attese’, e cioè una grande crescita demografica e, conseguentemente, un accesso alla scuola di un numero imponente di alunni. L’istruzione era vista come la strada indispensabile per l’emancipazione dalla miseria, il miglioramento sociale ed economico, il conseguimento di uno status più elevato. Inoltre non ci si accontentava di frequentare la scuola elementare, si aspirava a proseguire gli studi e fu soprattutto la scuola media ad essere investita dall’onda demografica in ascesa. Il sistema scolastico di allora non era preparato a questa invasione. La scuola italiana riposava su un ordine consolidato nei decenni, che prevedeva solo per pochi l’accesso all’istruzione superiore, per pochissimi all’università. Questi pochi e pochissimi erano – è facile capirlo – quelli che avevano avuto il privilegio di nascere in famiglie agiate, nelle quali non solo non c’erano preoccupazioni economiche, ma un benessere anche culturale. Un sistema fatto a misura delle classi sociali benestanti si sentiva minacciato dai nuovi barbari che premevano ai suoi confini e cercò di difendersi, con l’arma della selezione. La ‘professoressa’ destinataria della lettera era l’incarnazione di questo tipo di scuola che sta sulla difensiva e che, incapace di rinnovarsi, combatte con le bocciature l’onda di piena che la sta investendo.

Una scuola che boccia

Don Milani raccoglie nella sua scuola di montagna gli scarti, gli ultimi, quelli che la scuola pubblica ha espulso, i bocciati. Propone loro una scuola severa, da viversi in un apprendistato faticoso, ma sempre meno duro che stare a sgobbare dall’alba al tramonto al lavoro nei campi, da sfruttati, riproducendo un ciclo della miseria che sembra- va impossibile da spezzare, fatto di ignoranza e dipendenza, senza potere e senza speranze.

La scuola della selezione

Perché la scuola pubblica li ha respinti? Perché non sono riusciti a rispondere alle richieste che veni- vano fatte, e che erano a misura di quelli che la scuola ce l’hanno già in casa (i ‘Pierino figlio del dottore’), che non devono certo faticare per imparare parole che già possiedono, che non hanno necessità di ricevere un libro di testo gratuito, perché nel loro salotto i libri non mancano, che non hanno paura dei voti, perché la sorte è stata gene- rosa con loro, li ha fatti nascere nell’agio e in ambienti ‘di cultura’ e i brutti voti non li riguardano. Il voto è lo strumento utilizzato per quello che la scuola del tempo lo sa fare molto bene: selezionare. Via via il percorso scolastico diventa un sentiero sempre più stretto, ma a differenza della parabola evangelica sono i ricchi a passare per la cruna dell’ago della selezione.

Barbiana, una scuola alternativa

La scuola di Barbiana è una esperienza di scuola alternativa, che, mentre critica il sistema esistente, propone un diverso modello pedagogico e dimostra con i fatti  che anche per chi è svantaggiato dalla sorte è possibile raggiungere il successo scolastico, conquistarsi il diploma e la laurea. La condizione passa attraverso un profondo cambiamento, che riguarda prima di tutto la cultura pedagogica, poi e conseguentemente, la didattica e l’organizzazione scolastica.