AA.VV., Una bussola per la scuola

Per una scuola che orienti

di Maurizio Tiriticco

Una bussola per la scuola
Nuove strategie pedagogiche
 e didattiche per gli studenti di oggi
a cura di: Angela Maria Volpicella e Giorgio Crescenza

Per le Edizioni Conoscenza, Collana “I Libri di Minerva”, di Roma è stato recentemente pubblicato un bel volume collettaneo dal titolo “Una bussola per la scuola, nuove strategie pedagogiche e didattiche per gli studenti di oggi”, a cura di Angela Maria Volpicella, pedagogista presso l’Università “Aldo Moro” di Bari, e di Giorgio Crescenza, docente di lettere nella scuola secondaria superiore. Il volume è presentato da Massimo Baldacci, che sottolinea l’importanza e la necessità di una scuola che orienti in un mondo in cui la progressiva “liquefazione delle strutture sociali”, di cui alle analisi di Zigmund Bauman, e l’ideologia del capitalismo globalizzato, mettono a dura prova quelle certezze e quelle speranze di cui una generazione di giovani dovrebbe invece alimentarsi quotidianamente, e in primo luogo nella scuola. Seguono alcuni saggi di estremo interesse.

Giorgio Crescenza rileva le difficoltà della “missione dell’istruzione”, oggi, in cui alle difficoltà in cui si trovano gli studenti in una scuola, la cui organizzazione è quelle di sempre, non si è in grado di dare risposte adeguate, fatta eccezione dei Panebianco, dei Galli della Loggia e delle Mastrocola “che hanno in mano la ricetta: scuola selettiva e rigorosa, naturalmente fondata sul liceo e con chiacchiere accattivanti. La scuola deve essere deduttiva e astratta perché questa forma la mente e la rende flessibile ai saperi successivi, a tutti i saperi, anche quelli meccanici”. Ebbene, a questa scuola che non esiste più l’attuale governo ha tentato di porre rimedio con quella legge 107 la quale, però, “si è rilevata un tentativo maldestro di guadagnare il consenso della categoria, ottenendo il risultato opposto, perché la sensibilità degli insegnanti italiani, tra i più malpagati in Europa, è stata ferita soprattutto dalla pretesa di squilibrare il potere a favore del preside”. Di qui l’esigenza di “tutta un’altra scuola”, di cui Crescenza traccia le le linee portanti.

Angela Maria Volpicella affronta il tema dell’”essere docenti nel secondo millennio” e si pone la seguente domanda: “quali competenze di cittadinanza deve possedere il docente, dal momento che le stesse devono essere trasmesse all’allievo”? E affronta nel dettaglio e descrive quelle competenze chiave di cittadinanza di cui alla “Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio” del 18 dicembre 2006, recentemente recepita dal nostro Governo e dalla nostra scuola (dm 139/2007). Le competenze, com’è noto, sono le seguenti: imparare ad imparare; progettare; comunicare; collaborare e partecipare; agire in modo autonomo e responsabile; risolvere problemi; individuare collegamenti e relazioni; acquisire ed interpretare l’informazione. Ciascuna competenza viene illustrata e commentata con mirate e dettagliate argomentazioni.

Massimiliano Fiorucci affronta il tema dell’”educare alla cittadinanza globale in una prospettiva interculturale”. Di qui la necessità di una “pedagogia interculturale” intesa come pedagogia relazionale che si proponga “di affrontare i problemi dei rapporti tra membri di diverse culture ai fini dell’accettazione e del rispetto reciproco”. L’educazione interculturale, invece, si configura come la risposta in termini di prassi formativa alle sfide poste dal mondo delle interdipendenze e deve stabilire quali valori trasmettere e come trasmetterli, per cui “si trasforma in didattica, attraverso percorsi di attività sia cognitiva sia di contatto esperienziale con approcci diversi”.

Angela Maria Volpicella affronta la problematica della “pedagogia dell’inclusione”. Mi piace sottolineare la seguente riflessione: “Ciascun individuo tende ad appartenere contemporaneamente a più reti tra loro diverse, così come la costellazione delle reti sociali che egli attraversa è destinata, nel corso della sua vita, a modificarsi, evolvere con modalità diverse e non determinabili a priori: esistono relazioni che possono essere rilevanti per la loro contemporaneità in determinate fasi della storia della vita e che terminano di esserlo nei periodi successivi”. Spetta quindi alle istituzioni “creare una rete educativa inclusiva in un’ottica preventiva e promozionale piuttosto che riparare a privilegiare una prospettiva che sia diretta dal basso verso l’alto”.

Giorgio Crescenza affronta il difficile tema della “mediazione scolastica” e del “docente protagonista della formazione”. Prova anche a delineare quelle attività su cui il docente potrebbe basare la conduzione della classe. Ne individua venti che vanno dalla semplice “accoglienza dell’altro” all’adoperarsi “affinché i protagonisti del conflitto trovino essi stessi soluzioni idonee e condivise”. E’ interessante anche una citazione di Don Milani a proposito della mediazione che parte dalla constatazione che “la scuola sia l’unica differenza fra l’uomo e la bestia, per cui ha un problema solo: i ragazzi che perde e in particolare perde gli ultimi, i cretini e gli svogliati e divide i Gianni dai Pierini”. Crescenza sottolinea anche che oggi la mediazione scolastica e la sfida dell’interculturalità costituiscono i nuovi traguardi con cui la scuola si deve misurare.

Rosa Gallelli tratta dei “vecchi e nuovi media, tra insegnamento individualizzato e didattica collaborativa”. In effetti, si tratta di un breve saggio su come sollecitare oggi e implementare apprendimenti utilizzando correttamente e produttivamente i nuovi media. E’ bene citare questo passaggio: “Se è vero che – in sintonia con quanto gli studi e le ricerche di natura pedagogico-didattica sono andati elaborando (Calvani, 2008, Galliani 2009, Maragliano 2007 2008, Rivoltella 2005, Trentin 2008) – la moltiplicazione dei mediatori di conoscenza consente di arricchire la didattica tradizionale di vie di insegnamento-apprendimento differenziate, è anche vero che tutto questo va incontro alle istanze delle nuove generazioni…)”.

Giuseppe Bagni affronta il difficile problema dinanzi al quale si trovano gli insegnanti oggi, quando occorre passare “dall’organizzazione della lezione alla didattica per competenze”. In effetti, passare da una pedagogia per obiettivi – tematiche forti degli anni Settanta e Ottanta – alla pedagogia per competenze non è impresa facile. La disamina condotta da Bagni è di estremo interesse perché di fatto ripercorre la storia – se possiamo dire così – della valutazione nella nostra scuola fino a un approdo che attualmente non è certo quanto sia condiviso. In effetti, prime di costituire un fatto puramente scolastico, “valutare è un’attività intrinseca all’attività della mente; valutiamo costantemente nel senso che selezioniamo alcun aspetti e rispetto ad altri creando dal loro intreccio continue configurazioni di senso. Una valutazione coerente e comprensibile allora può costituirsi solo a partire dalla condivisione, tra tutti gli attori della scuola, delle configurazioni di senso private e personali di ciascuno. E’ certamente un processo lento e faticoso, ma ben più significativo dell’inseguire il mito dell’oggettività. Comporta la ricerca di un’intersoggettività che ponga le proprie radici nel profondo della professione docente”.

Maria Concetta Rossiello affronta il tema del “counseling scolastico, la scuola come spazio di dialogo”. L’incipit è significativo: “L’ampliarsi delle aree e delle forme di disagio che stanno investendo massicciamente bambini, adolescenti e giovani, e che si esprimono ora in forme di violenza distruttiva, ora in comportamenti di passiva dipendenza e di autoesclusione dalle reti relazionali e comunicative, stanno coinvolgendo sempre di più il sistema scuola”. Di qui nasce l’esigenza della scuola del ben-essere. E il counseling scolastico costituisce una delle pietre miliari per contrastare tale fenomeno. “Il counseling non è affatto un’attività terapeutica, come alcuni credono, ma una particolare modalità di approccio psicopedagogico volta a sostenere l’allievo nell’individuazione e presa in carico di esperienze difficili legate a problemi di identificazione, di sfiducia nelle proprie possibilità, di ‘paura di non farcela’ (Volpicella, 2008, p. 117)”. Spetta quindi al counseling il compito di “favorire un equilibrato rapporto tra aspetti cognitivi e aspetti emozionali e motivare nonché sollecitare a una risposta attiva tesa a trasformare la propria situazione esistenziale, a rimuovere, cioè, quella sofferenza da cui nasce la richiesta d’aiuto”.

Angela Balzotti affronta il tema dell’educazione alla salute mentale. Nell’introduzione l’autrice sottolinea il fatto che, “in accordo con gli orientamenti dell’OMS, anche il nostro Paese ha ormai accolto l’idea che ‘guadagnare salute’, accanto all’assenza di malattia fisica, consista anche di quei meccanismi generatori, di tipo non lineare, modellizzati secondo una concezione difficile e dinamica di salute. In tal senso , possiamo sostenere che l’intrinsecamente e obsoleto e limitato concetto di malattia, come ‘malattia d’organo’ è stato superato, apparendo assolutamente insufficiente a descrivere una ‘realtà’ così nuova e ricca che articola l’’organismo’ e il suo benessere vs i suoi processi patologici quali fenomeni complessi”. Dopo un’articolata disamina sul problema ‘salute’, l’autrice affronta il tema della scuola come promotrice di salute. “La scuola è il primo presidio nel campo della comunicazione della salute e lo è, in particolare, nel campo della ‘salute mentale’. Comunicare ‘salute mentale’ richiede però un’attenzione particolare: l’oggetto della comprensione è la mente e i complicati livelli di analisi del suo funzionamento”.

Il volume raccoglie saggi di un estremo interesse, i quali sollecitano ulteriori interessi e approfondimenti. In una scuola che si fa sempre più problematica e non sempre in grado di rispondere ai variegati bisogni dei bambini e degli adolescenti di oggi, è estremamente necessario che i suoi addetti, insegnanti e dirigenti abbiano chiare le mete da perseguire e gli obiettivi da realizzare. Indipendentemente dalle richieste sempre più problematiche e a volte stravaganti dell’amministrazione scolastica, possedere e utilizzare una bussola è estremamente necessario. Anche se non si tratta di un’operazione facile, in un mondo in cui gli avvenimenti e i cambiamenti in atto mettono a dura prova certezze e convinzioni. In una società difficile la scuola deve essere in grado di dare risposte, proprio perché solo le nuove generazioni devono essere in grado di affrontare problemi che sono così diversi e complessi giorno dopo giorno.

Una bussola per la scuola, appunto!