S. Vegetti Finzi, L’ospite più atteso

Dalla donna alla vita…

di Antonio Stanca

Silvia Vegetti Finzi è una nota psicologa italiana, è conosciuta anche all’estero dove molte sue opere sono state tradotte. E’ nata a Brescia nel 1938. Per il padre ebreo è stata esposta alle persecuzioni naziste. A Milano si è laureata in Pedagogia e specializzata in Psicologia Clinica. Dal 1975 ha insegnato Psicologia Dinamica presso l’Università di Pavia.

Nel 1980 è entrata nel “Movimento Femminista” e per esso si è impegnata nell’Università delle donne “Virginia Woolf” di Roma. E’ membro della “Società Italiana di Psicologia” e della “Societè Internationale d’histoire de la psychoanalyse”. Insieme a collaboratrici nel 1990 ha fondato la Consulta di Bioetica.

L’“Istituto Gramsci” di Roma, la “Casa della Cultura” di Milano e la “Libera Università dell’Autobiografia” di Anghiari sono altri centri dove la Vegetti Finzi risulta ancora impegnata.

Suoi interessi specifici sono stati la storia e lo sviluppo della psicanalisi da Freud ai nostri giorni, la psicologia dell’infanzia, dell’adolescenza, della maturità, soprattutto femminile, della scuola. Con i mezzi che le provenivano dalla sua formazione di psicologa e di psicoterapeuta si è applicata a questi studi per scopi non solo professionali ma anche morali, civili, sociali. Lo ha fatto per sapere e per far sapere di più circa certi aspetti, certe figure, certe situazioni della vita, della storia, perché quanto da lei scoperto giungesse anche agli altri, a tutti, servisse a farli sentire più sicuri nelle circostanze che potevano capitare. Un impegno di carattere umanitario è stato il suo lavoro ed in questo è stata aiutata dal marito Mario Vegetti, storico della Filosofia Antica.

Ha scritto molte opere di divulgazione da sola o in collaborazione, è stata presente su molti giornali e riviste, ha curato programmi televisivi, ha ricevuto molti riconoscimenti.

Una ricerca a livello internazionale ha condotto negli anni Settanta circa le cause e le conseguenze del disadattamento scolastico.

Al servizio degli altri sembra sia sempre stata, per i loro bisogni sembra abbia studiato e scritto e la donna, la donna bambina, ragazza, moglie, madre, nonna, è stata una figura preferita, un tema ricorrente nella sua attività di studiosa, di psicologa, di psicoterapeuta.

Dalla mitologia alla religione, dall’epica alla storia, dalle favole alla letteratura, dalla filosofia alla scienza, dal passato al presente, la Vegetti Finzi ha seguito la donna, l’ha osservata, studiata, capita, spiegata, ha voluto procurarle quella posizione, quella dimensione che le erano sempre mancate perché sempre una condizione d’inferiorità è stata la sua rispetto a quella dell’uomo. Una rivendicazione, un riscatto di quanto alla donna non è stato mai riconosciuto, dei valori che le sono sempre stati negati ha voluto compiere con i suoi studi. E così in questa recente pubblicazione intitolata L’ospite più atteso (Vivere e rivivere le emozioni della maternità) ed edita presso Einaudi nella serie “Vele” (pagg. 129, €12,00). Qui è l’esperienza della maternità quella che l’autrice vuole rappresentare e lo fa nei modi del romanzo, immaginando, cioè, di dire di Lena, una donna milanese che, insieme al marito, è in attesa del parto dopo che la prima volta non era andata bene. I due vivono nella Milano degli anni ’60, dei tempi della contestazione, sono giovani professionisti, hanno il loro lavoro ma sperano in un altro migliore. Sembra di assistere ad una narrazione che ha i suoi personaggi, i suoi tempi, i suoi ambienti anche se l’attenzione di chi scrive è particolarmente rivolta a lei, a quella Lena che da quando ha scoperto di essere incinta è stata assalita dai pensieri più strani, dai più lieti ai più tristi, ha capito che la sua vita stava cambiando e sarebbe continuata a cambiare. Il tempo della sua gestazione sarà quello dell’opera, sarà il percorso compiuto dalla Vegetti Finzi senza mai perdere di vista quella donna, senza mai smettere di dire quel che fa, pensa, ricorda, vuole e perché lo fa, lo pensa, lo ricorda, lo vuole. Starà, vivrà con lei, con il suo corpo, la sua mente, la sua anima, vi entrerà fin nel profondo, sarà la sua psicologa, la sua psicoterapeuta, entrambe intente a fare della maternità un evento eccezionale, fondamentale nella vita, nella storia, e della donna la protagonista unica, insostituibile, inalterabile di esso. Un evento per il quale vasta, immensa, infinita diventerà la scrittura dell’autrice poiché due saranno i piani sui quali si muoverà, quello privato, personale di Lena e l’altro pubblico, sociale di tutti, quello della donna di adesso e l’altro della donna di sempre, quello di una maternità determinata e l’altro della maternità di ogni tempo, di ogni luogo, di ogni umanità. Ogni momento, ogni aspetto di quel particolare periodo della vita di Lena, compresi i giorni della nascita della bambina, della degenza in ospedale e del ritorno a casa, sarà colto dalla Vegetti Finzi, spiegato e ampliato tramite collegamenti con la storia, la letteratura, l’arte, la filosofia ed ogni altra cultura. Niente sembra sia sfuggito di quanto nel tempo, passato e presente, si è pensato, fatto, scritto, detto a proposito della gestazione, della nascita e della donna che le compie.

Ma come per altri aspetti, per altre manifestazioni della sua vita neanche per queste sembra che la donna abbia goduto di affermazioni, di benefici, di particolari apprezzamenti e questo la Vegetti Finzi vuole mostrare, far sapere tramite quella lunga, lunghissima indagine che conduce circa quanto riguardo alla donna è avvenuto nel tempo, nel pensiero, vuole accusare questi, li vuole incolpare. Primaria è stata sempre la posizione, la figura maschile e non si è tenuto conto che la donna è all’origine della vita, che la donna dà la vita, che con la donna ha avuto inizio la famiglia, che le famiglie sono diventate comunità, società, paesi, città, nazioni, storia.

La donna fa nascere, porta alla luce e per tanto tempo, per secoli è rimasta nel buio, nel silenzio. Da questa che sembra una condanna la vuole riscattare l’autrice con un’opera dedicata specificamente all’esperienza della maternità ed estesa a cogliere tutto quanto di essa ha fatto e fa parte, impegnata a scoprire i sensi, i significati di ogni pensiero, di ogni azione di una gestante, a ricavare quanto serve per fare di lei una figura eroica data la potenzialità che reca con sé, la sua capacità di aggiungere altra vita alla vita, altro tempo al tempo, altre possibilità, altre evenienze, altre idee, altre speranze a quelle che già ci sono.

La gestazione come fenomeno da rispettare, onorare vuole far intendere la Vegetti Finzi, la nascita come avvenimento miracoloso poiché segno tangibile di una vita che non ha mai voluto finire, che è sempre continuata, ha sempre vinto, superato la morte.