Una scheda che certifica cosa?

Una scheda che certifica cosa?

di Maurizio Tiriticco

 

Ottima – e ovviamente ineludibile – è stata la scelta a suo tempo operata dalla nostra amministrazione di “agganciare” le competenze da fare acquisire ai nostri alunni al termine del primo ciclo di istruzione (14 anni di età) e dell’obbligo di istruzione (16 anni di età) al primo e al secondo livello degli otto indicati dall’European Qualifications Framework, di cui alla “Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio” del 18 dicembre 2006. Si tratta di una scelta con cui si sono volute modulare le finalità del nostro “sistema educativo nazionale di istruzione e formazione” con quelle degli altri Paesi membri dell’Unione europea, fatte salve, ovviamente, le nostre peculiarità nazionali.

Si vedano al proposito comparativamente sia la citata Raccomandazione che il dm 139 del 22 agosto 2007 e i due relativi allegati. Il primo riguarda gli “assi culturali” distinti in quattro ambiti: quello dei linguaggi; quello matematico; quello scientifico-tecnologico; quello storico-sociale. Il secondo indica e descrive le otto “competenze chiave di cittadinanza da acquisire al termine dell’istruzione obbligatoria”.

Tali competenze riguardano lo sviluppo/crescita dell’alunno/persona – in relazione alle suddette otto competenze chiave europee indicate tra parentesi – in considerazione di:

  1. a) la costruzione del SE’, cioè della persona in quanto tale (imparare ad imparare; progettare), come esito dei processi di “formazione”;
  2. b) la costruzione di corrette e significative relazioni del SE’ con gli ALTRI anche in quanto cittadino (comunicare; collaborare e partecipare; agire in modo autonomo e responsabile), come esito dei processi di “educazione”;
  3. c) la costruzione di corretti rapporti con le COSE, con il FARE (risolvere problemi, individuare collegamenti e relazioni; acquisire e interpretare l’informazione), anche in quanto futuro lavoratore, come esito dei processi di “istruzione”.

E’ opportuno ricordare al proposito le finalità che ci siamo proposti quando, alla fine del secolo scorso, abbiamo varato il Regolamento relativo all’autonomia delle istituzioni scolastiche con il dpr 275/99. In effetti, il comma 2 dell’articolo 1 così recita (le maiuscole sono mie): “L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di EDUCAZIONE, FORMAZIONE e ISTRUZIONE mirati allo sviluppo della PERSONA UMANA, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il SUCCESSO FORMATIVO, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento”. Giova ancora sottolineare che: a) la FORMAZIONE afferisce alla persona; b) l’EDUCAZIONE afferisce al cittadino; c) l’ISTRUZIONE al soggetto che apprende in funzione di un significativo inserimento nel mondo del lavoro; tutti fattori che giustificano ed esigono il SUCCESSO FORMATIVO.

Tra parentesi, vorrei ricordare che con il regime fascista il Ministero della Pubblica Istruzione fu rinominato dell’Educazione nazionale. Le ragioni sono ovvie: un regime dittatoriale non può non investire anche il campo dell’EDUCAZIONE, ovviamente… a tutto tondo e a senso unico! Ricordo che gli alunni ogni anno, nella ricorrenza del 28 ottobre 1922, “marcia su Roma”, giuravano: «Nel nome di Dio e dell’Italia giuro di eseguire gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e se è necessario col mio sangue la causa della Rivoluzione Fascista».

Questa lunga premessa mi consente di riconoscere che è senz’altro corretta la scelta operata dal Miur di proporre alle scuole del primo ciclo una “scheda di certificazione delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione” costruita e scandita sulle otto competenze chiave europee, di cui alla citata Raccomandazione del 18 dicembre 2006. Giova ricordare che anche le competenze da certificare al termine dell’obbligo di istruzione sono le medesime, ovviamente secondo una lettura e un peso maggiori.

Ciò che invece non mi convince del tutto è la declinazione – o meglio, la riscrittura – che viene operata dall’amministrazione, per quanto riguarda le competenze descritte, ricavate dal profilo dello studente di cui alle “indicazioni nazionali” relative al primo ciclo di istruzione (dm 254/2012). Mi sembra che si sia operata una sorta di dissoluzione delle materie di studio… o discipline – forse più elegante – in favore di un “saper fare” che delle discipline richiama solo e volutamente un’eco lontana! Rilevo quanto segue.

Fanno parte della stessa voce (n. 2 della scheda) le lingue straniere. Ma, se un alunno va “bene “ in inglese e “male” in una seconda lingua comunitaria, come la mettiamo? Non vengono distinte le competenze matematiche da quelle scientifico-tecnologiche (n. 3 della scheda): entrambi afferiscono, in effetti, a materie/discipline diverse. Non viene distinta la storia dalla geografia (n. 8 della scheda): in effetti, non è detto che un alunno “vada bene o male” in ambedue le discipline! Per non dire poi del fricandò che viene fatto per gli “ambiti motori, artistici e musicali”. Un alunno può saltare un metro e novanta, ma non sapere nulla di arte, e viceversa! Un altro può avere un gran talento nel disegnare e dipingere, ma non salta neanche trenta centimetri. Un altro ha un gran talento nella chitarra, ma non sa tenere un pennello in mano!

Insomma, che fine hanno fatto le materie di studio, o – se è più elegante – le discipline di apprendimento? Per non dire poi che, nella melassa che viene offerta – debitamente copiata dall’elenco delle “competenze chiave europee” – le tre competenze “imparare ad imparare”, “sociali e civiche” (esiste una disciplina che si chiama Educazione e Cittadinanza che però nella scheda non viene citata!!!), “spirito di iniziativa e imprenditorialità”, non si capisce che cosa “ci fanno” intercalate tra discipline di studio, anche se malamente!

Eppure, nelle Indicazioni nazionali relative al primo ciclo di istruzione, le materie di apprendimento figurano chiaramente indicate e le copio: Italiano; Lingua inglese e seconda lingua comunitaria; Storia; Geografia; Matematica; Scienze; Musica; Arte e Immagine; Educazione Fisica; Tecnologia (e ovviamente l’IRC). E gli insegnamenti, come prassi, sono distribuiti secondo determinate ore. E’ giustificato il fatto che un conto sono i tre anni scolastici di scuola media, altro conto il “termine del primo ciclo di istruzione”, ma non si comprende in quale misura le suddette discipline abbiano contribuito a far maturare competenze che appaiono mille mille lontane da ciò che i singoli insegnanti “hanno fatto” nelle loro quotidiane attività.

Il fatto è che una competenza ha sempre un carattere trasversale, non rigidamente disciplinare. Ed ancora: un conto è l’apprendimento per discipline, altro conto lo sviluppo e la maturazione di determinati “saper fare”, che passano ovviamente attraverso l’acquisizione di date conoscenze, la maturazione di date abilità operative: si tratta, quindi, quel sostrato operativo di conoscenze e abilità che costituiscono la condizione prima ed unica per l’acquisizione e la padronanza di competenze.

A conclusione delle considerazioni fin qui condotte, non sembra che la scheda proposta dal Miur possa riflettere a pieno ciò di cui un soggetto in età di apprendimento abbia veramente acquisito in materia di competenze al compimento dei 14 anni di età e di otto anni di istruzione obbligatoria. Non sarebbe, allora, il caso di procedere a una revisione e ad una riscrittura più puntuale e conforme della scheda di certificazione delle competenze maturate al termine del primo ciclo di istruzione?