Presidi in trincea: «Altro che sceriffi Lavoriamo per 4 e siamo sottopagati»

da Il Corriere della Sera

Presidi in trincea: «Altro che sceriffi Lavoriamo per 4 e siamo sottopagati»

La Buona scuola doveva trasformarli in super manager, ma a furia di correzioni si sono moltiplicati solo gli oneri. Mentre il ritardo del concorso fa aumentare le reggenze: 3000 per l’anno prossimo. Ecco perché hanno deciso di ricorrere al Tar. E di scendere in piazza

di Valentina Santarpia

Bistrattati, oberati di incarichi e responsabilità, gravati da compiti burocratici ma snaturati nelle funzioni principali, sottopagati e spesso costretti a fare i salti mortali per reggere una, due, anche venti plessi scolastici alla volta. I presidi, anzi i dirigenti scolastici, così correttamente denominati dopo la legge che li ha equiparati ai dirigenti pubblici nel ‘97 pur senza riconoscere loro il corrispettivo economico – non stanno vivendo una stagione d’oro. Dal preside-sceriffo disegnato dalla riforma della Buona scuola, che sembrava poter accentrare tutte le mansioni di un vero e proprio manager della scuola, oggi «il dirigente è una figura isolata, tutti lo attaccano, e pretendono che intervenga», ammette Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi, che rappresenta il 53% dei 7273 presidi italiani. «Sembravamo destinati ad avere tutto il potere tra le mani- sintetizza Rembado, lanciando una massiccia azione di protesta per il prossimo 25 maggio – e invece non solo non è avvenuto, ma sono state snaturate persino molte funzioni che ci erano state attribuite, con la conseguenza che per noi è diventato sempre più complicato fare il nostro dovere». Al punto che, per provocazione, domenica scorsa un gruppo di presidi toscani è andato a scuola: per dimostrare che il lavoro non finisce mai.

La retromarcia degli stipendi

Un esempio su tutti? La chiamata diretta dei docenti, che doveva essere fiore all’occhiello della riforma, e che invece è finita in un mezzo flop: nonostante l’impegno dei dirigenti, che hanno lavorato in pieno agosto per assegnare gli incarichi con la speranza di bloccare per tre anni i docenti migliori per la propria scuola, alla fine gli incarichi sono stati nella gran parte dei casi dati per assegnazioni provvisorie dell’Ufficio scolastico regionale, e più che i dirigenti a scegliere sono stati gli insegnanti stessi, che hanno preferito sedi più vicine a casa. Risultato? Molte cattedre rimaste occupate dai supplenti fino a ottobre, incarichi annuali anziché triennali, e assegnati più per dinamiche sindacali che per venire incontro alle esigenze della scuola. «Al danno la beffa», sintetizza Rembado, ricordando che a fronte di queste nuove grane non siano ancora arrivati i vecchi riconoscimenti: «Lo stipendio resta fermo a 2300-2400 euro, e in alcune Regioni i dirigenti si sono visti arrivare persino le richieste di risarcimento (fino 2-300 euro) per arretrati assegnati ingiustamente dal ministero dell’Economia». Per non parlare del fatto che «ci sono enormi differenze di trattamento economico tra chi ha avuto l’incarico prima del 2001 e dopo», incalza Marcello Pacifico di Confedir. «Ai vecchi presidi veniva riconosciuta l’anzianità di servizio come docenti, ai nuovi no: assurdo, perché all’incarico si può ambire solo se si hanno cinque anni di anzianità come docente». Ecco perché i dirigenti solo di nome hanni deciso di ricorrere al Tar del Lazio.

3000 reggenze in arrivo

Ma non è solo una questione di soldi. I presidi sono i dirigenti pubblici che hanno il maggior carico di personale da gestire: in media, nelle amministrazioni pubbliche ci sono una trentina di dipendenti per ogni dirigente; nella scuola, ogni preside è a capo di 144 persone, tra docenti e personale Ata (bidelli e amministrativi, per capirci), e quindi anche occuparsi del loro contratto integrativo di istituto, tenendo le relazioni coi diversi sindacati. Un dirigente scolastico è responsabile in materia di appalti, per cui deve rispettare il codice degli appalti per ogni acquisto che effettua. È responsabile della sicurezza degli edifici e delle persone: se casca un cornicione la «colpa» è sempre sua. E se c’è un giudizio in tribunale, lui può essere chiamato al posto dell’Avvocatura dello Stato a rappresentare l’amministrazione scolastica. Il tutto diviso tra numeri che non sono quelli di un esercito nutrito, tutt’altro: mancano 799 presidi all’appello per completare la pianta organica, ci sono attualmente 1133 reggenze, ovvero un preside che regge più scuole, e a settembre la situazione è destinata a peggiorare: 450 posti si libereranno per i pensionamenti, ma non ci saranno nuove assunzioni perché il bando per il nuovo concorso per presidi, annunciato mesi fa, è stato rinviato ancora una volta. «In totale stimo in 3000 le presidenze che andranno a reggenza l’anno prossimo», dice Rembado, sottolineando che soprattutto in Lombardia e Veneto ci saranno più presidi super-eroi, costretti a barcamenarsi tra decine di istituti e diverse reggenze. L’assessore veneto alla scuola, Elena Donazzan, ha già chiesto di incontrare Valeria Fedeli: «Al ministro per l’Istruzione ho rappresentato la gravissima carenza di organico per i dirigenti della scuola in Veneto e ho chiesto un incontro ad hoc sulla situazione regionale. Al 1° settembre 2017 saranno 206 i posti vacanti e nei prossimi anni andranno in pensione altri 142 presidi».

La protesta

Ed è proprio in vista di questo ennesimo smacco, che i presidi alzano la voce: «Non solo la manifestazione al Miur e a Montecitorio per il 25 – spiega Mario Rusconi, presidente dell’Anp Lazio – ma abbiamo deciso di dare altri segnali di protesta: rifiuteremo le reggenze e tutte le commissioni non obbligatorie, e non saremo più disposti a svolgere compiti burocratici per l’amministrazione centrale, che spesso ha già i dati che ci richiede ma solo per disorganizzazione ci impone un surplus di lavoro. Ci rifiuteremo anche di compilare i moduli per farci valutare: non perché ostacoliamo la valutazione- conclude Rusconi – ma perché vogliamo dare un segnale chiaro: se fino ad ora il sistema ha retto, è stato grazie ai nostri sacrifici. Ma se ci fermiamo, ne risente tutto l’andamento della vita scolastica».