Nuovo contratto, il piatto piange Per ora solo 25 euro netti al mese

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da ItaliaOggi

Nuovo contratto, il piatto piange Per ora solo 25 euro netti al mese

È quanto prevede l’atto di indirizzo all’aran

Marco Nobilio

Sono 45 euro lordi: 25 euro netti da distribuire tra stipendio tabellare e straordinario. È questo, in media, l’aumento che è stato finanziato dal governo per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego (scuola compresa) fermi ormai dal 2009. Il conto è presto fatto. Gli stanziamenti, che vanno suddivisi tra tutti i lavoratori del pubblico impiego, recano la cifra al lordo, comprensiva dei contributi previdenziali (che gravano per un terzo sull’importo complessivo) e dell’imposizione fiscale (Irpef e altre imposte). Dunque, per mantenere la promessa di aumentare le retribuzioni di 85 euro (sempre lordi), fatta dal governo ai sindacati con l’intesa del 30 novembre scorso, bisognerà che l’esecutivo trovi i fondi per raddoppiare gli stanziamenti. Dunque, se alla fine si riuscisse a finanziare gli 85 euro, l’aumento netto in busta paga non supererebbe i 40 euro. Resta il fatto, però, che l’atto di indirizzo messo a punto dal ministro Madia, per dare l’avvio alle procedure per il rinnovo dei contratti di lavoro dei comparti della pubblica amministrazione, prevede che i 40 euro dovranno essere comprensivi anche del compenso accessorio. In altre parole, le risorse finanziarie a copertura dei 40 euro, non saranno utilizzate in via esclusiva per aumentare lo stipendio dei lavoratori, che hanno perso ormai circa il 10% del potere di acquisto.

La stessa somma, infatti, comprende anche il lavoro straordinario e gli emolumenti collegati allo svolgimento di incarichi e funzioni. In più bisogna considerare che un cospicuo numero di lavoratori della scuola, a causa delle basse retribuzioni percepisce il credito di imposta di 80 euro previsto dalla legge. Il credito viene attribuito a chiunque guadagni meno di 24mila euro annui (ma che percepisca comunque almeno 8mila euro, soglia sotto la quale l’Irpef non si paga in ciò precludendo l’accesso al beneficio). Mentre un credito ridotto è previsto per chi guadagna dai 24 ai 26mila euro annui. Ciò ha determinato da una parte l’esclusione dal credito di imposta per i precari che non siano riusciti a guadagnare più di 8mila euro. E dall’altra parte l’obbligo di restituirli per chi lo abbia ottenuto sulla base di valutazioni parziali del reddito effettivamente percepito.

L’erogazione degli aumenti, dunque, per alcuni soggetti potrebbe addirittura determinare una perdita salariale per effetto della perdita del diritto al credito di imposta. Una misura finalizzata ad incrementare i consumi per rilanciare l’economia e che, al contrario, ha incrementato i risparmi. Ma su questo tema il governo avrebbe comunque intenzione di promuovere un intervento interpretativo o legislativo al fine di evitare tale effetto. Ciò per consentire ai diretti interessati di conservare entrambi i benefici: gli 80 euro e gli aumenti. Per incrementare l’importo degli adeguamenti retributivi, tra gli addetti ai lavori circola anche l’ipotesi di utilizzare i 380 milioni di euro stanziati per finanziare i 500 euro per l’aggiornamento dei docenti di ruolo. Una cifra che, da sola, basterebbe a recuperare l’utilità del 2013 ai fini degli scatti di carriera. Che allo stato attuale risultano gravati da un ritardo strutturale di un anno rispetto ai gradoni previsti dal contratto.

Al momento, dunque, sebbene il contratto preveda che gli scatti di anzianità si maturino al decorso di 8, 15, 21, 28 e 35 anni di servizio, la progressione effettiva risulta spostata avanti di un anno al decorso di 9, 16, 22, 29 e 36 anni di servizio. Ciò comporta una perdita salariale netta in busta paga di circa mille euro con effetti anche sul montante contributivo ai fini della pensione. Ma l’ipotesi sembrerebbe in rotta di collisione con l’orientamento del ministero dell’economia. Una volta constatato il mancato raggiungimento di aumentare i consumi con la politica degli 80 euro, il dicastero ha virato, infatti, verso la politica dei buoni –spesa: sorta di erogazioni liberali con onere modale. Tra queste rientra il bonus dei 500 euro ai docenti di ruolo, una cifra che non è stata erogata in forma liquida, ma sotto forma di dotazione finanziaria utilizzabile solo per acquisiti finalizzati all’aggiornamento.

La procedura di utilizzo, peraltro, è molto complessa essendo collegata a una piattaforma informatica alla quale si accede solo tramite Spid. (sistema pubblico di identità digitale). Che si ottiene presso uno dei gestori accreditati (http://www.spid.gov.it/richiedi-spid). All’esito della procedura l’utente riceve uno username e una password, che può utilizzare per gli acquisiti collegati ai 500 euro per l’aggiornamento. Secondo quanto risulta a Italia Oggi, proprio a causa della complessità della procedura solo il 50% dei docenti di ruolo aventi titolo li avrebbe effettivamente utilizzati, peraltro, parzialmente. Un’altra ipotesi che circola tra gli addetti ai lavori sarebbe quella di contrattualizzare le risorse previste per finanziare il cosiddetto bonus del merito: una dotazione di circa 24mila euro per scuola prevista dalla legge 107/2015. Che però è già esaurita e attende di essere rifinanziata.