Bar e ristoranti cercano ma non trovano personale: «Formazione spesso inadeguata»

da Il Sole 24 Ore

Bar e ristoranti cercano ma non trovano personale: «Formazione spesso inadeguata»

di Francesca Malandrucco

Bar e ristoranti, alla disperata ricerca di cuochi, camerieri e barman, investono sull’alternanza scuola-lavoro per creare un canale privilegiato con gli istituti professionali e le scuole alberghiere. Secondo i dati forniti dalla Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi che aderisce a Confcommercio, infatti, nel 2016 le aziende del settore hanno avuto problemi ad assumere personale qualificato. Sono stati ben 4.000 i posti di lavoro che sono rimasti vacanti, nel 31,5% dei casi per una carenza strutturale di candidati, ma nel 68,5% perché chi ha sostenuto i colloqui non aveva le adeguate competenze professionali. Ad aver bisogno di una maggiore formazione sono soprattutto i giovani se si considera che il 53,2% dei dipendenti dei pubblici esercizi ha meno di 30 anni. Si tratta di ben 309mila lavoratori, per il 49,2% di sesso femminile e per il 50,8% maschile.

«La scuola da una parte, e il mondo delle imprese dall’altra, possono e devono alimentare la nascita di una nuova politica strutturale a favore della crescita e formazione di nuove competenze, contro la disoccupazione e il disallineamento tra domanda e offerta nel mercato del lavoro – ha spiegato Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe – Competenze che non si possono insegnare in aula, ma vanno apprese direttamente sul campo. Per questo motivo l’alternanza scuola-lavoro, se ben organizzata, può diventare un’occasione per formare i giovani, creando nuove competenze professionali e dando una risposta alla difficoltà di trovare personale qualificato denunciata dalle aziende».

La Fipe, che si rivolge ad un universo di 300mila tra piccole e medie imprese, ha anche messo a punto un manuale operativo destinato a tutti i suoi associati, che raccoglie otto principali regole per la buona alternanza, dall’identikit dello studente modello, alle attività da fargli seguire, dal periodo migliore per accogliere i ragazzi in azienda, fino alla durata, ai vantaggi e alle risorse e coperture assicurative per avviare i tirocini.

«Nello stesso tempo abbiamo siglato due diversi protocolli d’intesa – ha aggiunto Stoppani – Il primo con la rete nazionale degli istituti alberghieri, il secondo con la direzione generale del Miur, per avviare un percorso strutturale e preferenziale con il mondo della scuola. Secondo i dati del Miur, nell’anno scolastico 2016/2017 sono 204.327 i ragazzi che hanno frequentato gli istituti professionali per l’enogastronomia e l’ospitalità. E’ a loro che le nostre aziende si devono rivolgere, coinvolgendoli in progetti qualificanti di inserimento al lavoro».

Un invito a ripensare il modello di formazione nei percorsi di alternanza è arrivato dall’Associazione professionale cuochi italiani. «Riteniamo che sia necessario anche formare meglio i formatori, sia i tutor che gli insegnanti – ha spiegato Sonia Re, direttore generale dell’Apci – affinchè siano veramente in grado di trasmettere competenze specifiche ai ragazzi durante i percorsi di tirocinio, evitando che le esperienze di alternanza diventino occasioni sprecate o nascondano sacche di lavoro nero».