Contratto statali, più soldi alle fasce basse

da Il Messaggero

Contratto statali, più soldi alle fasce basse

L’operazione al momento è solo un’indicazione inserita nella versione finale della direttiva madre sui rinnovi contrattuali della Pubblica amministrazione

 

ROMA Nella Pubblica amministrazione i futuri aumenti di stipendio saranno applicati a tutti i dipendenti, ma attraverso un meccanismo che favorisca gli statali che guadagnano meno, con aumenti più generosi rispetto a chi incassa super stipendi. Un meccanismo che il ministero già chiama alla Robin Hood, in cui, in termini di aumento percentuale, sarà dato di meno a chi guadagna molto (si pensi ai dirigenti con redditi tra i 150 mila a 240 mila euro lordi all’anno) e di più ai dipendenti più deboli che in alcune amministrazioni arrivano a toccare una retribuzione inferiore a 20 mila euro. Il tutto dovrebbe essere calibrato all’interno di diverse fasce retributive riferite ai quattro comparti, in modo da garantire incrementi di 85 euro medi al mese per tutti, seppure graduati.
GLI INCONTRIL’operazione al momento è solo un’indicazione inserita nella versione finale della direttiva madre sui rinnovi contrattuali della Pubblica amministrazione, già annunciata dalla ministra Marianna Madia, e che dovrà essere concretizzata durante la trattativa tra i sindacati e Aran, l’agenzia che rappresenta il Governo nelle negoziazioni. Un primo incontro per delineare la futura strada dei negoziati c’è stato nelle scorse settimane ed entro la fine di luglio dovrebbe partire la trattativa vera e propria. Una trattativa che riguarda 3,2 milioni di dipendenti pubblici tra ministeri, enti pubblici, enti territoriali, scuole, settore sanitario e amministrazioni fiscali. A fare da apripista al confronto dovrebbe essere il settore della Pa centrale.
LA DIRIGENZAIl meccanismo pensato dalla Funzione pubblica potrebbe portare incrementi mensili non necessariamente proporzionali all’ammontare della busta paga. In altre parole, chi guadagna di meno potrebbe percepire un aumento proporzionalmente più alto. La decisione di applicare aumenti per tutti non significa infatti che ogni dipendente riceverà la stessa cifra. Finora infatti si è sempre parlato di un aumento medio di 85 euro, con cui ad ogni lavoratore sarà applicato un incremento in termini percentuali alla sua retribuzione. Solo a titolo di esempio, se l’aumento equivale al 2% dello stipendio annuo, gli stipendi di tutti i dipendenti crescerebbero in modo proporzionale a quella percentuale, determinando di conseguenza un maggior aumento per i redditi più alti e viceversa per chi guadagna meno.
Per evitare che questa operazione crei grandi sproporzioni, il ministero punta a limare gli aumenti dei redditi alti per spostarli su chi a conti fatti è destinato a prendere di meno, perché già in partenza ha meno soldi in busta paga. Una modalità già sperimentata con il bonus Irpef, che infatti decresce per chi guadagna di più e che potrebbe essere basata su fasce retributive (5 o 6). Allo stesso tempo, vanno salvaguardati gli 80 euro per quella platea di dipendenti a rischio di scavalcare il tetto di 26 mila euro proprio a causa dei futuri aumenti (circa 200 mila su 650 mila beneficiari). Per chi supera il limite potrebbe essere aggiunta in busta una voce una tantum per compensare la perdita. Nel testo finale della direttiva il ministero lascia comunque ampio mandato alle parti, posto che le risorse sono quelli a disposizione, anche per la tutela degli 80 euro. Circa cinque miliardi di euro, di cui 2,4 miliardi già stanziati, 1,2 miliardi che arriveranno con la manovra d’autunno e il restante da reperire nei bilanci di Regioni e Comuni.
Inoltre, con i nuovi contratti arriveranno alcune novità per tutelare i dipendenti con gravi malattie: «Devono esserci dei giorni nei quali è possibile assentarsi a causa degli effetti collaterali di alcune terapie – ha scritto la ministra Madia su Facebook – senza che queste assenze vengano conteggiate nel monte di assenze massimo consentito dai contratti, come invece accade oggi».
Sonia Ricci