Sempre piu’ scoppi d’ira in classe, l’Emilia-Romagna corre ai ripari

Redattore Sociale del 18-07-2017

Sempre piu’ scoppi d’ira in classe, l’Emilia-Romagna corre ai ripari

BOLOGNA. Le esplosioni di rabbia in classe da parte degli alunni sono “un problema che si rileva con sempre maggiore frequenza e che suscita molta preoccupazione”. Sono “uno dei problemi piu’ scottanti oggi a scuola”, tanto che l’Ufficio scolastico dell’Emilia-Romagna ha impostato le “linee fondamentali del Piano di prevenzione e di gestione delle crisi comportamentali a scuola”. L’Usr raccomanda agli insegnanti di ‘studiare’ bene come gestire queste situazioni. Ed e’ bene che lo facciano quest’estate, per arrivare ‘preparati’ alla riapertura delle scuole. Per questi ‘compiti delle vacanze’, alcuni giorni fa l’Usr ha messo a disposizione dei docenti “suggerimenti, indicazioni, pratiche didattiche che possono aiutare ad affrontare, contenere, depotenziare le crisi comportamentali”. Gli insegnanti “sono invitati a prendere visione” e i presidi “a porre il tema all’attenzione degli organi collegiali delle scuole”. A loro volta, le scuole, per la formazione dei docenti, sono “sollecitate a inserire il tema nella programmazione dei prossimi anni”.

Con una lunga nota, il direttore dell’Usr Emilia-Romagna, Stefano Versari, ricorda che l’estate e’ il tempo in cui, “al contrario di cio’ che la vulgata comune ritiene”, gli insegnanti “studiano e si preparano per l’anno che verra'” e ora e’ importante che sfruttino i mesi prima del ritorno in cattedra per comprendere come gestire le “crisi comportamentali che un numero crescente di alunni manifesta, fin da eta’ precoci”. Ovvero, le “reazioni esplosive di aggressivita’ verbale e fisica (verso se stessi, verso gli altri e verso gli oggetti), non volontarie e non pianificate, quindi fuori dal controllo cosciente dei ragazzi che le manifestano”. E qui bullismo, sopraffazione, vandalismo, sfida all’autorita’ e comportamenti devianti (come le gang giovanili, ad esempio) non c’entrano.

L’Usr dell’Emilia-Romagna spiega che le crisi comportamentali possono manifestarsi in ragazzi con disturbi certificati (dello spettro autistico, dell’attenzione e iperattivita’, oppositivo-provocatori, della condotta; in ragazzi con disabilita’ intellettive importanti, o con rilevanti problemi comunicativi e linguistici), ma anche in casi di “bambini o ragazzi con problematiche sociali complesse, che abbiano subito esperienze traumatiche, che vivano relazioni familiari gravemente conflittuali, che abbiano difficili storie di pre-adozione alle spalle, come pure in ragazzi esposti a modelli comportamentali violenti, reattivi, aggressivi”. Cio’ che accomuna queste situazioni “e’ che, trattandosi di comportamenti involontari e non consapevoli, in esse vi sono soltanto vittime”. Le crisi comportamentali “denotano sempre una grande sofferenza nell’alunno che le emette e derivano dalla sua incapacita’ di comunicare in modo diverso cio’ che prova, sente, di cui ha bisogno; a volte anche la sua incapacita’-impossibilita’ di comunicare con se stesso, di sapere cosa prova e perche'”.

Molte “esperienze e pubblicazioni internazionali” dimostrano pero’ che “esiste la possibilita’ di affrontare e attenuare tali crisi” capendo “quali fattori” le innescano e aiutando il bambino o il ragazzo a sviluppare le capacita’ di comunicare e relazionarsi che gli mancano. Non e’ facile, pero’. “A complicare il quadro vi e’ il fatto che le crisi causano grande preoccupazione nel contesto scolastico e sociale, minano i rapporti tra le famiglie e tra gli alunni, creano climi relazionali tesi e conflittuali, aumentano le difficolta’ che gli insegnanti incontrano nella quotidianita’ di classi sempre piu’ complesse”. Le crisi comportamentali, continua Versari, “provocano profondo turbamento emotivo, spavento e senso di impotenza in coloro che ne sono coinvolti o che vi assistono e determinano rischi per la sicurezza degli alunni e del personale scolastico, oltre che danni a suppellettili e arredi”.

Gia’ da tempo l’Usr si occupa del tema. Nel 2015 con un seminario, poi con percorsi formativi, ma “e’ tuttavia necessario accompagnare e sostenere le scuole in modo ancora piu’ strutturato e organico, fornendo suggerimenti, spunti, materiali didattici e strumenti operativi, che ne supportino e organizzino la riflessione e ne indirizzino le scelte operative”. E cosi’ l’Usr ha impostato le “linee fondamentali del Piano di prevenzione e di gestione delle crisi comportamentali a scuola”. In alcuni Paesi questo piano e’ obbligatorio, in Italia no, ma l’Usr pensa che alle scuole possa servire inserendolo sia nei Piani triennali dell’offerta formativa sia nei Piani educativi individualizzati o nei Piani didattici personalizzati.

Leggendo il materiale, sottolinea Versari, “si comprendera’ che non si tratta di un adempimento burocratico e formale”. Il lavoro educativo, didattico e organizzativo delineato dall’Usr “ha una marcata matrice relazionale e sociale. E’ infatti la comunita’ (scolastica, ma non soltanto) che viene sollecitata a comprendere le ragioni per cui un ragazzo esplode e che viene chiamata ad agire per insegnare a tutti i ragazzi modalita’ espressive, comunicative, di relazione, di comunicazione, adeguate ed efficaci”. La scuole sono invitate a lavorare in rete con psicologi, pedagogisti, famiglie e associazioni per “offrire strumenti per combattere la solitudine: quella dei ragazzi in crisi, delle loro famiglie, dei loro compagni di classe, dei docenti e del personale scolastico”. (DIRE)