Verso l’autunno caldo dei presidi: boicottata la ‘chiamata diretta’ della Buona scuola

da la Repubblica

Verso l’autunno caldo dei presidi: boicottata la ‘chiamata diretta’ della Buona scuola

A nominare i docenti mancanti saranno gli uffici scolastici regionali, esasperati i 7mila e 600 dirigenti scolastici in servizio, per le troppe “molestie burocratiche e responsabilità”. E nasce un movimento sul web: migliaia di firme per chiedere ai sindacati di non sottoscrivere un contratto “a perdere”

Salvo Intravaia

I Presidi boicottano la cosiddetta “chiamata diretta”, uno dei fiori all’occhiello della Buona scuola. Lo fanno per farsi sentire su tutta una serie di questioni già poste al ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli che, pur mostrandosi sensibile, non ha ancora spostato di molto la loro situazione. Per questo a settembre, anche sul versante dei dirigenti scolastici si preannuncia un autunno caldo.

Per “accontentarli”, visto che sono in stato di agitazione da alcune settimane, occorrono provvedimenti legislativi e, soprattutto, fondi. Finanziamenti che non è certo si trovino e, per quanto riguarda i primi, non è detto che l’attuale maggioranza abbia gli spazi parlamentari per le modifiche richieste. Così, la chiamata diretta – la possibilità che hanno i presidi di scegliere, sulla base dei criteri disegnati dal Collegio dei docenti, gli insegnanti che completeranno l’organico della scuola – in moltissime scuole salterà.

Una mossa che ha un sapore prevalentemente politico. Perché, come avveniva prima della legge 107, a nominare i docenti mancanti ci penseranno gli uffici scolastici regionali. Ma i presidi sono esasperati per le troppe “molestie burocratiche e responsabilità” cui sono sottoposti da anni. Al punto che è nato anche un movimento spontaneo sul web, che in poco tempo ha raccolto mille e 200 firme (i presidi in servizio sono 7mila e 600) che intima ai sindacati di non sottoscrivere un contratto “a perdere”.

“L’anno scorso – spiega Simonetta Calafiore – a capo del liceo scientifico Benedetto Croce di Palermo – è stato un flop. Perché dopo avere nominato i docenti sono intervenute le assegnazioni provvisorie e le utilizzazioni col risultato che parecchi dei nominati sono stati trasferiti in altre scuole”. Lavoro inutile che i presidi hanno svolto ad agosto rinunciando alle ferie. E che quest’anno non vogliono ripetere.

Ad aderire alla serrata sulle chiamate dirette quasi tutti i sindacati dei dirigenti scolastici, confederali e no. Francesco Sinopoli, a capo della Flc Cgil, è chiaro: “Noi siamo per il superamento della chiamata per competenze e il contratto che ha iniziato a disciplinarla è un passo in quella direzione”. A spiegarne le motivazioni la collega, Roberta Fanfarillo, preside del liceo Luigi Pietrobono di Alatri (FR) e a capo dei presidi della Flc Cgil. “Abbiamo richiesto la perequazione dello stipendio perché i dirigenti scolastici percepiscono mediamente 57mila euro lordi all’anno mentre gli altri dirigenti statali, in media, 93mila”.

“La situazione – continua Fanfarillo è così critica e complessa che non è più possibile andare avanti”. Anna Serafin, preside iscritta alla Cisl scuola spiega inoltre che “la situazione è intollerabile anche dal punto di vista delle responsabilità”. “Si Tratta di una situazione iniqua”, continua, che porta i presidi a rispondere spesso di responsabilità non proprie, come quelle sulla sicurezza degli edifici scolastici. “Il rifiuto di operare la chiamata diretta rappresenta solo una parte della nostra protesta”, aggiunge. Al centro della questione, anche la valutazione dei presidi che, “così com’è stata ideate non coglie affatto – spiega Serafin – il vero impegno dei capi d’istituto”.

La valutazione prende le mosse da un portfolio che viene compilato dagli stessi capi d’istituto i cui contenuti dovrebbero essere successivamente verificati dai nuclei di valutazione che, oltre ad essere partiti in ritardo, sono anche pochi. “I valutatori devono recarsi nelle scuole – conclude Serafin – e constatare il lavoro quotidiano dei dirigenti scolastici. La valutazione non può essere effettuata su carte”. L’Anp, oltre alla perequazione dello stipendio, chiede anche l’introduzione della figura del vice-dirigente a cui lasciare in gestione la scuola in caso di impedimento o durante le ferie. Al momento, anche se il preside non è presente a scuola, è responsabile di tutto ciò che accade tra le mura scolastiche. Per questo, oltre a boicottare le chiamate dirette, molti presidi non compileranno il portfolio per la valutazione. E non parteciperanno ad alcune iniziative di formazioni già programmate.

Anche i capi d’istituto della Uil scuola partecipano alla mobilitazione. Il segretario Pino Turi parla di “stipendi troppo bassi per una funzione complessa come la Scuola: i dirigenti scolastici hanno la responsabilità di una comunità autonoma da governare e non da amministrare”, ma anche di rischio di isolamento per la categoria a causa dei troppi i sindacati per appena 8mila soggetti. Qualche mese fa, Dirigentiscuola ha proclamato e messo in atto lo sciopero della fame. E adesso il suo segretario nazionale si esprime in questo modo: “I nostri dirigenti verrebbero fare la chiamata diretta ma non un finta chiamata diretta quale quella in atto. Grande perdita di tempo che ne contraddice lo spirito o le finalità. Peraltro con accuse da parte dei sindacati di essere sceriffi e, da ultimo, perfino libertinaggio”.