La Cassazione tiene il punto: ai precari la carriera pregressa

da ItaliaOggi

La Cassazione tiene il punto: ai precari la carriera pregressa

Ai supplenti Vanno garantite condizioni di lavoro non meno favorevoli dei docenti di ruolo

Giuseppe Mantica

Ai precari va garantita la progressione stipendiale sui servizi svolti in precedenza. È di pochi giorni fa una serie di decisioni della Corte di cassazione che rigetta le tesi restrittive del Miur, incrementando, di fatto, le possibilità remunerative dei molti supplenti dell’universo scuola.

La sesta sezione civile ha emesso a luglio le ordinanze nn. 17932, 17940, 17951 (nonché altre, assunte in varie udienze) con le quali ha fatto obbligo in capo al Ministero di dover riconoscere l’anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, tanto ai fini dell’attribuzione della medesima progressione stipendiale, come prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai Ccnl succedutisi nel tempo.

La decisione fa leva sulla clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato del marzo 1999. Questo orientamento era stato già indicato dalle sentenze nn. 22558 e 23868 assunte nel mese di novembre dello scorso anno, a loro volta, sulla scorta di precedenti decisioni della Corte di giustizia europea che avevano marcato l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato «condizioni di impiego» non meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato comparabile.

L’interpretazione delle norme euro-unitarie (quali la Direttiva 99) è riservata alla Corte di giustizia, le cui pronunce hanno carattere vincolante per il giudice nazionale, che può e deve applicarle anche ai rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa. A tali sentenze, infatti, siano esse pregiudiziali o emesse in sede di verifica della validità di una disposizione, va attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto della Unione europea, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito dell’Unione.

La norma in esame (accordo quadro e direttiva) esclude in generale, ed in termini non equivoci, qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato (precari, supplenti), sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno. Il principio di non discriminazione non può essere interpretato in modo restrittivo, e le maggiorazioni retributive derivano dalla anzianità di servizio del lavoratore anche precario.

Va esclusa, quindi, la conformità al diritto euro-unitario di quelle norme dei contratti collettivi nazionali per il comparto scuola in forza delle quali si nega il riconoscimento della anzianità di servizio per il personale a tempo determinato. La natura non di ruolo del rapporto di impiego, e la novità di ogni singolo contratto rispetto al precedente, non sono elementi idonei a giustificare la diversità di trattamento proprio perché divergono dalla normativa europea.

Esaminata è stata la considerazione sulla specialità della disciplina delle supplenze del settore scolastico rispetto alla normativa generale, tuttavia ritenuta priva di rilievo poiché la necessità di disapplicare le norme contrattuali (che imporrebbero un diverso trattamento retributivo previsto per gli assunti a tempo determinato) è conseguenza della diretta applicazione della richiamata clausola 4, come interpretata dalla costante giurisprudenza della Corte di giustizia, con efficacia prevalente.