La mala scrittura

La mala scrittura *

di Maurizio Tiriticco

Il grosso limite della frantumazione dei primi dieci anni di istruzione in tre percorsi chiusi in se stessi. Una causa delle carenze linguistiche è la scarsa attenzione alla calligrafia e il ruolo (non governato) della scrittura tecnologica che a volte destruttura il pensiero. Solo adeguate politiche social, culturali e scolastiche possono far fronte a questo fenomeno, che rischia di aggravarsi.

 

Gli alunni delle scuole scrivono male! Gli studenti universitari scrivono male! Le tesi di laurea che presentano ai loro professori sono piene di errori! Penso che questa sia una constatazione “di superficie”! Nel senso che molto probabilmente anche i contenuti lasciano a desiderare. Constato io stesso, quando ho l’occasione di vedere un tema di liceo o comunque, di un qualsiasi istituto secondario, che la prima cosa che balza agli occhi è la calligrafia, per non dire di una vera e propria cacografia! Ricordo che i nostri nonni, ovviamente quelli che avevano studiato e sapevano scrivere, scrivevano con un corsivo pressoché perfetto, leggibilissimo. Non so quanto l’obbligo di istruzione di cento anni fa, che pur esisteva, influisse sulla competenza linguistica scrittoria dei più. E’ poi noto come molti soldati – l’obbligo di leva riguardava tutti i sudditi, i regnicoli – dovessero ricorrere allo scrivano di turno per leggere le lettere ricevute e scrivere quelle di risposta.

Ma lasciamo i tempi andati! Ora tutti apprendono a leggere e scrivere e – come si suol dire – anche a far di conto per un periodo lunghissimo per un adolescente! Oggi in Italia, infatti, l’obbligo di istruzione ha durata decennale! Quindi dai sei ai quattordici anni un cittadino per ben dieci anni “sta” sui banchi di scuola. Comunque, c’è un grosso limite, almeno a mio avviso: il fatto che il decennio è frantumato in tre percorsi – quelli ereditati dalla storia stessa della nostra scuola – ed esattamente i cinque anni della scuola primaria, i tre della media e i due bel biennio. Purtroppo si tratta di percorsi in genere chiusi in se stessi; ciascuno “lavora” per se stesso! In realtà molto raramente una maestra di prima primaria conosce quali sono le competenze di cittadinanza e le competenze culturali che i suoi alunni debbono conseguire e raggiungere al ,14° anno di età! Programmare le attività di apprendimento considerando finalità lontane e tempi lunghi non è cosa facile! Eppure queste competenze sono chiaramente e dettagliatamente descritte negli allegati 1 e 2 del dm 139/07.

L’allegato 1 riguarda gli assi culturali: a) dei linguaggi; b) matematico; c) scientifico-tecnologico; d) storico-sociale. Per ciascuno dei quattro assi sono poi indicate e descritte le “competenze di base che concludono l’obbligo di istruzione”, raggiungibili e acquisibili in forza di conoscenze e abilità, egualmente descritte, che ne costituiscono la necessaria e ineludibile premessa.

Nell’allegato 2 sono indicate e descritte le “competenze chiave di cittadinanza da acquisire al termine dell’istruzione obbligatoria”, perché, in effetti, si deve avere una buona cultura di base, ma si deve essere anche un buon cittadino. Le competenze di cittadinanza sono 8: a) – imparare ad imparare; progettare (riguardano la costruzione del Sé, della persona: IO SONO); b) – comunicare; collaborare e partecipare; agire in modo autonomo e responsabile (riguardano la costruzione del Sé nei confronti dell’altro: IO COLLABORO); c) risolvere problemi; individuare collegamenti e relazioni; acquisire ed interpretare l’informazione (riguardano la costruzione del Sé nei confronti degli oggetti (IO FACCIO). E non riguardano solo il nostro “sistema educativo nazionale di istruzione e formazione”, ma tutti i Paesi dell’Unione europea. Si veda al proposito la “Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio” del 18 dicembre 2006.

In ordine a quanto scritto finora, il percorso obbligatorio decennale persegue congiuntamente obiettivi di istruzione, formazione ed educazione Si tratta di tre concetti che vengono da lontano e che sono debitamente indicati nel secondo comma del primo articolo del dpr 275/99, relativo all’istituzione dell’autonomia scolastica. L’istruzione riguarda gli apprendimenti disciplinari e pluridisciplinari, la formazione riguarda il soggetto in età evolutiva, la persona in quanto tale; l’educazione riguarda la persona in quanto cittadino, tenuto a conoscere e condividere i diritti e i doveri di cui alla nostra bella Costituzione. E nel medesimo comma leggiamo che i tre percorsi, strettamente congiunti e articolati, sono mirati a garantire a ciascuno il suo personale successo formativo.

Da quanto esposto, consegue che un cittadino/alunno per ben dieci anni è esposto e sottoposto a un processo che coniuga attività di istruzione, formazione ed educazione. E dieci anni sono tanti, soprattutto per un soggetto in età evolutiva! La domanda è: è possibile che in dieci anni non si riesca ad insegnare a scrivere con un minimo di correttezza?

A mio avviso, la prima causa di tutto ciò e la frammentazione a cui ho già accennato! Ciascun insegnante è chiuso nel suo ciclo di istruzione: primario, medio e successivo biennio. La seconda causa è forse la scarsa attenzione che le “maestre” – ormai i maestri del buon tempo antico sono rarae aves – danno a quella che un tempo era la calligrafia, o meglio una grafia leggibile! Tra cellulari e le tante altre amenità della scrittura tecnologica, insegnare ed apprendere a scrivere è veramente un’impresa difficile! Non si insegna, forse, e comunque non si impara a come si tiene una matita o una penna! Constato che i mancini aumentano a vista d’occhio! Il che non sarebbe cosa di per sé grave, anche il mancino scrive coprendo con la mano ciò che ha scritto precedentemente: quindi potrebbe correr il rischio di non articolare correttamente il suo pensiero. Ma mi lascia perplesso il fatto che molti alunni non sanno utilizzare le prime tre dita della mano, pollice, indice e medio, per “tenere” la penna! In effetti la “afferrano”, come fosse un bastone o un martello! Ne consegue che la grafia ne soffre! E soffre pure il soggetto che dovrebbe imparare a scrivere con gli strumenti tradizionali!

Il fatto – o il dramma? – è che la tastiera è più veloce! Premere il dito sulle lettere e sulle cifre di una tastiera è indubbiamente molto pratico e facile oggi, perché rende il comunicare più rapido, ma… praticità e facilità costituiscono alcune delle concause della spesso orrenda grafia della scrittura manuale! Ma l’orrenda grafia non riguarda solo il testo scritto – e forse potrebbe essere anche tollerabile – ma concorre contestualmente a non arricchire il pensiero. Per non dire poi che molti alunni scrivono in stampatello: il che è dovuto al fatto che ciò rende più agevole l’operazione di scrittura. Ma di fatto incide profondamente sulla formulazione dei pensieri e/o sulla manifestazione delle emozioni. In effetti, ciò che dovrebbe essere un continuum nella testa di chi pensa/scrive, diventa invece l’esito di giustapposizioni! Insomma, mi sembra che si verifichi ciò che accade con certi robot che sanno formulare pensieri – si fa per dire – e scriverli! Mah! Non vorrei che con il lungo andare questi processi incontrollati e a volte accettati, se non sollecitati, comportassero una progressiva incapacità di pensare e di scrivere!

In effetti, quando lamentiamo che tante tesi di laurea o tante composizioni dei nostri alunni di sedici e diciotto anni sono scritte “con i piedi”, dobbiamo riconoscere che tale fenomeno non solo non è affatto casuale, ma tenderà ad aggravarsi! E non solo! In un mondo di profondi rivolgimenti, in cui popolazioni intere dovranno convivere, il problema del saper leggere e scrivere e far di conto correttamente sarà quanto mai necessario! Pertanto, solo adeguate politiche sociali, culturali e scolastiche potranno far fronte a un fenomeno che sembra irreversibile! Concludendo, riusciranno i sistemi scolatici ad affrontarli adeguatamente?


  * articolo pubblicato dalla rivista “valori valori” n. 96, 2017