Sicurezza scolastica: “gli è tutto da rifare”

Sicurezza scolastica: gli è tutto da rifare

di Giuseppe Guastini

 

Toh! Si riparla di sicurezza scolastica; deve essere tempo di elezioni.

Nelle ultime settimane hanno fatto parlare di sé alcuni tentativi di introdurre modifiche nell’intricata normativa in materia di sicurezza “delle” scuole (più avanti vi spiegherò il senso delle virgolette) ma gli interventi e le proposte che ho avuto modo di leggere quasi mai (è la mia opinione) sono risultati ben centrati sul problema; la maggior parte sono ritocchi.

Non soltanto; dal momento che siamo a fine legislatura, Governo e Parlamento hanno altro cui pensare e difficilmente saranno in grado di produrre riforme in lista d’attesa da anni (e per taluni aspetti da quasi un secolo).

Giunti a questo punto c’è solo da augurarsi che la nuova legislatura porti maggioranze e governi più sensibili in grado di risvegliare la sicurezza scolastica dalla sua ultradecennale letargia.

 

1) UNIFICARE LA TEMATICA

La parte più consistente di questo recente ritorno d’interesse per i temi della sicurezza riguarda alcune ipotetiche modifiche del D.L.vo 81/2008 (tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro). In realtà nel mese di maggio sono stati introdotti diversi aggiornamenti al decreto (già più volte rimaneggiato) ma si è trattato perlopiù di aggiornamenti tecnici circoscritti con non rilevanti ricadute per le scuole. Nel link che segue potete scaricare il testo aggiornato a maggio 2017: http://biblus.acca.it/testo-unico-sicurezza-aggiornato-maggio-2017/

(attenzione: sono 565 pagine dichiarate; ma il mio PC ne conta 1004).

Nella tabella che segue sono richiamati gli articoli 2 e 18 che hanno implicazioni particolarmente impegnative per gli attori scolastici:

 

Dall’articolo 2 – Definizioni

“...Al lavoratore così definito è equiparato: …l’allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente applicato alle strumentazioni o ai laboratori in questione

Dall’articolo 18 – Obblighi del datore di lavoro e del dirigente

3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all’amministrazione competente o al soggetto che ne ha l’obbligo giuridico.

NOTE
Molti commentatori sono del parere che nei tempi e nei luoghi in cui opera l’equiparazione dell’allievo a lavoratore, in assenza di esplicita deroga di legge, questo comporta l’automatica equiparazione del docente a “preposto” (ossia “preposto di fatto”, secondo l’Art. 299, in quanto sovrintende alle attività del gruppo-classe; cfr anche la sentenza n. 22246 del 29/5/2014 della Cassazione penale) con i conseguenti nuovi profili di responsabilità e obblighi formativi.

E’ da valutare inoltre la possibilità che la LIM in classe sia da considerare “videoterminale” con le ulteriori conseguenze che da questo derivano. Ora, se anche i bambini sono come i lavoratori, questi avrebbero diritto alla prescritta informazione/formazione prevista per questa categoria ma nessuno ha ancora previsto come erogare un siffatto servizio a persone di questa età.

Anche un non esperto si rende facilmente conto che richiedere gli “interventi strutturali e di manutenzione” presuppone una competenza tecnica raramente presente nei dirigenti scolastici (a meno che il DS sia anche ingegnere). Pensate ad esempio a richieste relative alla manutenzione dell’impianto elettrico o delle strutture portanti che, fra l’altro, implicano l’uso di strumentazioni e metodologie particolari. Inoltre il decreto omette di disciplinare le situazioni, molto diffuse, in cui l’ente locale competente, malgrado la richiesta, rimanga inadempiente.

Come si vede da questi due soli articoli il decreto meriterebbe ancora svariati aggiornamenti.

Tre modifiche oltremodo opportune al decreto sono riportate nei punti che seguono.

   1) L’equiparazione dell’allievo a lavoratore dovrebbe essere definita meglio, eventualmente in termini soltanto figurativi, in modo da chiarire se e quando:
a) il docente presente acquisisce la qualificazione di preposto;
b) l’allievo-lavoratore ha diritto a ricevere le prescritte informazioni e formazione.

   2) In modo analogo la nozione di videoterminale andrebbe definita meglio in modo da capire se l’interazione con la LIM di classe già concorra a determinare l’equiparazione allievo-lavoratore e tutto quanto questo comporta.

   3) Per quanto riguarda l’Art. 18, trasferire all’ente locale (che dispone di un ufficio tecnico) la competenza di effettuare i controlli e i sopralluoghi periodici sull’edificio scolastico e su impianti e dotazioni di pertinenza,proprio allo scopo di programmare gli interventi “strutturali e manutentivi”necessari, lasciando al DS il solo obbligo di richiedere gli interventi per i rischi sopravvenienti.

       Si tratta di un trasferimento di competenze che risponde ai più elementari criteri di logica, di ottimizzazione della ripartizione delle competenze e, soprattutto, di prevenzione dei rischi (le richieste del DS possono essere effettuate solo a rischio conclamato) e di riduzione dei costi, dal momento che prevenire costa meno che riparare i danni.

       Il problema vero sta nel fatto che gli EE.LL. sono contigui al potere politico e  difficilmente accetterano nuove competenze; meglio allora lasciare le cose come stanno anche a danno della sicurezza delle persone e dei bilanci.

Va subito aggiunto però che il D.L.vo 81/2008 copre solo una parte dell’ampio territorio della sicurezza scolastica; per almeno due importanti motivi:

1) perché l’intero decreto è rivolto perlopiù ai lavoratori e, come avete visto dall’Art. 2, gli allievi solo in circostanze particolari sono equiparati ai lavoratori; conseguentemente milioni di alunni e studenti (soprattutto del 1° ciclo), per tutto o parte dell’orario scolastico, sono fuori dalle tutele del D.L.vo 81;

2) perchè sul tema della sicurezza gravitano due ulteriori onerosi ambiti:

A) le norme in materia di prevenzione degli incendi; segnatamente il DM 26/8/1992 (norme antincendio per la scuola; http://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dmi26892.html ) e il DM del 10/3/1998 “criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro; http://www.unipd-org.it/rls/Prevenzioneincendi/DM10marzo1998.pdf ) con i particolari impegni derivanti dal punto 1.4.5 dell’Allegato 1;

B) le prescrizioni e la giurisprudenza riguardanti quella che in modo riduttivo viene solitamente definita “vigilanza” (sugli alunni minori), collegate in particolare agli articoli 2047 e 2048 del codice civile.

Il Legislatore che volesse fare una cortesia alle scuole dovrebbe prima di tutto unificare i tre ambiti: D.L.vo 81/2008 (lavoratori), antincendio e vigilanza, introducendo anche gli opportuni correttivi. Ove il Legislatore non fosse cortese si potrebbero semplicemente elaborare Linee guida sulla sicurezza delle scuole.

 

2) LA STRANA QUESTIONE DELLA VIGILANZA
(“Culpa in vigilando” dei docenti e del dirigente scolastico)

 

Cosa dicono gli Articoli 2047 e 2048 del codice civile:

Art. 2047 del Codice Civile

Danno cagionato dall’incapace

Art. 2048 del Codice Civile

Responsabilità dei genitori; dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte

In caso di danno cagionato da persona incapace d’intendere o di volere (…), il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.

NOTA: L’articolo riguarda i docenti che operano con alunni/ studenti disabili e, secondo un orientamento giurisprudenziale, istituisce un diretto profilo di responsabilità risarcitoria anche per i danni cagionati a se stessi.

…I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti (2130 e seguenti) nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.

Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non avere potuto impedire il fatto.

Come potete facilmente osservare dal linguaggio, si tratta di due articoli piuttosto datati, scritti probabilmente nei primi decenni del ‘900, transitati con pochi aggiornamenti ai giorni nostri, in grado però di inguaiare seriamente i docenti e dirigenti contemporanei, costretti a operare in condizioni molto diverse dalle scuole di un secolo fa (a parte gli edifici, non pochi dei quali risalenti a quel periodo).

Ciò che salta immediatamente agli occhi è che entrambi gli articoli istituiscono a priori una responsabilità presunta a carico dei docenti (chiamati “precettori”) imputando loro il cosiddetto “onere della prova”. Detto in termini elementari, in caso di “danno”, il docente presente si trova automaticamente nella scomoda posizione di presunto colpevole e spetta a lui dimostrare il contrario; una posizione non facile, trattandosi di dimostrare di aver mantenuto

“…un comportamento di vigilanza adeguato alle circostanze…”.

Un’auspicabile e ragionevole revisione normativa è quella che estenda anche ai docenti l’elementare principio di civiltà giuridica per il quale ciascuno è innocente finché non si provi il contrario.

A tale riguardo è opportuno ricordare che la giurisprudenza ripartisce gli oneri di vigilanza sugli alunni/studenti come segue:

a) vigilanza di prossimità in capo ai docenti;

b) vigilanza organizzativa e di controllo in capo al DS.

(cfr il parere dell’Avvocatura dello stato di Bologna n 518 del 4/12/2001: http://archivio.istruzioneer.it/www.istruzioneer.it/pagef278.html?IDCategoria=430&IDSezione=1776&ID=45160 )

La giurisprudenza collegata ai due articoli in questione ha in taluni casi mitigato, in altri reso più

critica, la posizione di docenti e dirigenti; come nel caso della pronuncia della Corte dei Conti Sez. Giur. Piemonte n. 1590 dell’11 ottobre 1999, che stabilisce che un deficit di sorveglianza (di prossimità e/o organizzativa) durante la pausa di ricreazione, costituisce una fattispecie di colpa grave.

Per approfondimenti sui temi della vigilanza: http://www.edscuola.it/archivio/ped/vigilanza.html

 

3) PERCHE’ IL D.L.vo 81/2008 NON E’ UNA BUONA LEGGE

Tornando sul decreto 81 (precedente punto 1) e sospendendo ogni giudizio sul fatto che si tratta di un testo enormemente lungo e complesso, con centinaia di allegati, norme, sentenze e documenti collegati, una quantità indefinibile di rimandi interni ed esterni e molti punti carenti o poco chiari e quindi di difficilissima attuazione, la domanda che ci si dovrebbe porre è questa: perché, malgrado l’emanazione del decreto, gli infortuni e le morti sul lavoro, in Italia, continuano a rimanere altissimi? La risposta (forse) è da ricercare anche nelle considerazioni che seguono.

Osservate comparativamente le due scritture riportate nella tabella che segue:

DALLA DENOMINAZIONE DEL D.L.vo 81/2008 I.S.P.E.S.L.
...tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro

Ente del ministero della salute con compiti tecnico-scientifici in materia di prevenzione; oggi soppresso.

Soffermatevi a considerare, in particolare, le parti di testo “nei luoghi di lavoro” (a sinistra) e “del lavoro”, (a destra); restringete ora l’attenzione sulle preposizioni “nei” e “del”.

Se dico “sicurezza del lavoro” intendo la sicurezza come caratterizzazione connaturata, fondativa e primitiva del lavoro; se invece dico “sicurezza nei luoghi di lavoro” intendo un’altra cosa: la sicurezza è solo una “qualità” del luogo di lavoro, che può essere presente in dosi più o meno elevate. Mentre la “dolcezza” è il carattere proprio e assoluto dello zucchero un cibo potrà risultare più o meno dolce a seconda di quanto zucchero è presente.

Sta in questa rimarcabile differenza il significato delle virgolette riportate all’inizio di questo articoletto.

Uno dei nuclei fondamentali del D.L.vo 81/2008 è il famoso “Documento di Valutazione dei Rischi (DVR ; articoli 17.1.a e 28); tale documento costituisce in realtà una vera “accettazione dei rischi”; in altri termini si accetta che nel luogo di lavoro siano presenti dei rischi, dotato ciascuno di una propria magnitudo, ossia la gravità delle lesioni potenzialmente derivanti dal rischio considerato (pensate ad un deposito di carburanti o a un termosifone sporgente in un’aula scolastica) e di una probabilità di accadimento, che invece dipende anche dal contesto di lavoro. Combinando la magnitudo con la probabilità di accadimento si ottiene una stima del livello di gravità di ciascuna fonte di rischio e, conseguentemente, delle contromisure necessarie. Di fatto il DVR è un catalogo-classificazione dei rischi presenti in un determinato ambiente di lavoro e le contromisure un modo di convivere (e sopravvivere) con essi.

E’ lontano dalla filosofia del decreto l’idea di “lavoro intrinsecamente sicuro”; forse c’entra il fatto che il lavoro intrinsecamente sicuro è costoso.

Perché tanti lavoratori muoiono? La risposta sta nella nozione stessa di rischio che è una nozione probabilistica: un determinato incidente ha una probabilità più o meno alta di verificarsi e le misure preventive hanno lo scopo di abbattere questa probabilità. Ma sulla probabilità incide moltissimo un altro fattore: il fattore tempo. Se pensate al rischio che un grande meteorite colpisca la terra tale rischio è bassissimo ma se calcolate questo rischio su tempi di miliardi di anni e considerate i miliardi di meteoriti in giro per il sistema solare l’impatto diviene certo. Se ripensate al terribile scontro frontale fra treni, avvenuto qualche tempo fa sul binario unico di Puglia e alla mancanza di dispositivi automatici di blocco, rilevate che le procedure manuali possono funzionare bene ma se proiettate questa modalità su un periodo pluridecennale, prima o poi l’errore umano, un malfunzionamento, l’abitudine, l’avvicendamento del personale addetto etc porteranno al ripetersi del disastro. Il doppio binario o il sistema di blocco automatico inserito nel sistema ferroviario sono passi avanti verso la sicurezza come valore intrinseco. Perché allora non si fanno? Perché costano.

Quale è la filosofia del decreto 81? Dal momento che introdurre la sicurezza come valore intrinseco è costosa (si dovrebbero completamente riprogettare impianti, fabbriche, capannoni, servizi logistici etc) si dichiara implicitamente che il rischio zero è impossibile e si fa una legge-monstre di copertura che sostanzialmente affida al datore di lavoro l’incarico di effettuare la valutazione dei rischi che ci sono e ai lavoratori il compito di applicare le relative contromisure.

Sfortunatamente la legge-monstre è inattuabile e le contromisure si riducono a una montagna di documenti che pochissimi leggeranno. E le morti bianche resteranno bianche.