Divieto di supplenza agli over 36 mesi, tra legge e circolare il caos è servito

da ItaliaOggi

Divieto di supplenza agli over 36 mesi, tra legge e circolare il caos è servito

A rischio incostituzionalità anche la decorrenza dal 2016

Marco Nobilio

Il ministero dell’istruzione ha deciso di non fornire alcuna indicazione ai dirigenti scolastici su come dare attuazione al comma 131, dell’art. 1, della legge 107/2015. Che vieta di assumere supplenti che abbiano prestato servizio per più di 36 mesi su posti vacanti e disponibili. È quanto si evince dal testo della nota 37381 emanata il 29 agosto scorso. Il comma 131, peraltro, secondo alcuni sindacati, potrebbe essere incostituzionale. Perché anziché dare attuazione alla normativa europea che vieta l’abuso dei contratti a termine, in ciò tutelando il legittimo interesse dei precari alla stabilizzazione, andrebbe nella direzione opposta. Il divieto di assumere i supplenti triennalisti, infatti, preclude a questi ultimi la possibilità di continuare a lavorare su posti vacanti e disponibili anche se utilmente collocati in graduatoria, a favore di chi ha meno punti di loro. E ciò va in rotta di collisione con il principio del merito contenuto nell’articolo 97 della Costituzione (che impone di assumere i docenti più titolati) oltre che con l’articolo 117 che dispone l’inserimento a pettine delle norme europee nella Costituzione.

La Corte di giustizia europea, infatti, con la sentenza C 22/13, del 26 novembre 2014, ha spiegato che la ratio dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999 è quella di impedire che i lavoratori a tempo determinato vengano ingiustamente preclusi nella loro legittima aspirazione ad essere assunti a tempo indeterminato in presenza di posti vacanti. La ratio dell’accordo, sempre secondo la Corte, sarebbe quella di evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti evitando l’indebolimento di questi ultimi dovuto al fatto che vengano assunti con contratti a tempo determinato per un lungo periodo. All’accordo quadro è stata data attuazione con la direttiva 1999/70/Ce del consiglio emanata il 28 giugno 1999. E l’Italia ha messo in atto le disposizioni europee con il decreto legislativo 368/2001 che, però, si riferisce al lavoro privato, e con il decreto legislativo 165/2001, che regola il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici.

Quest’ultimo, però, non prevede il limite dei 36 mesi previsto in via ordinaria dal decreto 368. E ciò ha ingenerato un contenzioso seriale che ha compreso anche una pronuncia della Corte costituzionale e che ha visto l’amministrazione soccombere sistematicamente in giudizio. L’esito del contenzioso può essere riassunto nel seguente principio: la reiterazione dei contratti di supplenza, anche oltre i 36 mesi, non può comportare l’insorgenza del diritto all’assunzione a tempo indeterminato ma, in ogni caso, il docente a tempo determinato ha diritto a vedersi riconoscere gli scatti di anzianità.

Il legislatore italiano, però, non ha inteso recepire tale orientamento, per il tramite del riconoscimento del diritto agli scatti di anzianità. E ha ritenuto di risolvere la questione disponendo un piano straordinario di assunzioni, tale da sanare le azioni in corso (per cessata materia del contendere dovuta al riconoscimento degli scatti di anzianità, d’ufficio, all’atto del superamento dell’anno di prova da parte dei neoimmessi in ruolo) e prevenire l’insorgenza di ulteriore contenzioso.

In più, per scongiurare la possibilità che in futuro si creino i presupposti per eventuali azioni, la legge 107/2015, al comma 131 dell’articolo 1, ha precluso ai docenti precari di cumulare supplenze su posti vacanti e disponibili per oltre 36 mesi. Salvo spostare in avanti il problema, disponendo in via interpretativa che il calcolo dei 36 mesi debba avvenire a far data dal 1° settembre 2016 (si veda il comma 375 della legge 232/2016).

Ma non è finita. Perché il comma 375, che è una norma di interpretazione autentica, anziché interpretare il comma 131 sembrerebbe avere introdotto un nuovo criterio di calcolo dei 36 mesi che non è previsto dalla norma interpretata. E ciò potrebbe risultare sufficiente per farlo dichiarare incostituzionale dalla Consulta.

Il giudice delle leggi, infatti, è costante nel ritenere che l’interpretazione autentica, per essere conforme al dettato costituzionale, debba indicare una tra le tante interpretazioni possibile della norma senza introdurre elementi di novità. Nel caso specifico, la novità sembrerebbe essere costituita proprio dall’introduzione del termine iniziale del 1° settembre 2016 per il calcolo dei 36 mesi. Nel comma 131 (che è la norma interpretata), infatti, il 1° settembre 2016 è la data a partire dalla quale scatta il divieto di assunzione e non il termine a partire dal quale i relativi servizi debbano essere considerati utili ai fini del calcolo. In altre parole, la legge 107/2015 si limita a dire che, dal 1 settembre 2016, chi ha 36 mesi di servizio non può più essere assunto, mentre la legge di bilancio del 2017 (nella quale è contenuta la norma di interpretazione autentica) dice una altra cosa. E cioè che il termine per il calcolo dei 36 mesi debba partire dal 1° settembre 2016. Pertanto, fermi i dubbi di incostituzionalità avanzati da alcuni sindacati sul divieto di assunzione dei precari triennalisti, anche la norma di interpretazione autentica di tale divieto potrebbe scontrarsi con il maglio della Corte costituzionale. Fermo restando poi che la circolare si limita a fare un richiamo alla legge di bilancio, senza nulla spiegare in termini vincolanti ai dirigenti chiamati a fare le supplenze.