Scuola, quasi un alunno su due non ha accesso alla mensa

da Il Sole 24 Ore

Scuola, quasi un alunno su due non ha accesso alla mensa

di Andrea Carli

Il 48% degli alunni ancora non ha accesso al servizio mensa. In otto regioni la situazione è ancora più grave, con più di un bambino su due che non ne usufruisce. È quanto emerge da una ricerca di Save the Children dal titolo “(Non) Tutti a Mensa 2017”, pubblicata a pochi giorni dall’apertura dell’anno scolastico. Un quarto dei comuni monitorati non prevede l’esenzione totale del pagamento della retta, così come le tariffe minime e massime sono disomogenee. Tra le criticità individuate dagli alunni, il poco spazio, la rumorosità e la qualità del cibo non sempre reputata sufficiente. La ricerca è la quarta edizione del monitoraggio realizzato nell’ambito della campagna “Illuminiamo il Futuro ” promossa dall’Ong.

Quasi la metà degli alunni non ha accesso alla mensa
Secondo l’indagine, quasi metà degli alunni (il 48%) delle scuole primarie e secondarie di primo grado non ha accesso alla mensa scolastica . L’assenza di regole condivise contribuisce all’ampia disparità nelle modalità di accesso e di erogazione del servizio, con molti istituti che non assicurano ai bambini e alle loro famiglie condizioni adatte ad avvalersi in modo adeguato di un importante strumento di educazione alimentare e inclusione.

Forte scarto tra Nord e Sud
In otto regioni italiane oltre il 50% degli alunni, più di un bambino su due, non ha la possibilità di accedere al servizio mensa. La forbice tra Nord e Sud continua a essere ampia, con cinque regioni del Meridione che registrano il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica: Sicilia (80%), Puglia (73%), Molise (69%), Campania (65%) e Calabria (63%).

Il legame tra mancanza del servizio mensa e la dispersione scolastica
Delle cinque regioni in cui oltre metà dei bambini non accede alla mensa, quattro registrano anche la percentuale più elevata di classi senza tempo pieno (Molise 93%, Sicilia 92%, Campania 86%, Puglia 83%), superando ampiamente il dato nazionale, stando al quale circa il 69% di classi non offre questa opportunità. In quattro delle stesse regioni si osservano anche i maggiori tassi di dispersione scolastica d’Italia (Sicilia 23,5%, Campania 18,1%, Puglia 16,9%, Calabria 15,7%). «Anche quest’anno i dati confermano che l’offerta del servizio di refezione e del tempo pieno ha un valore essenziale in azioni come il contrasto all’abbandono scolastico – sottolinea Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia Europa – La mensa, oltre a svolgere una funzione cruciale nell’educazione alimentare, rappresenta non solo un mezzo di inclusione e socializzazione fondamentale, ma anche uno strumento per combattere dispersione e indigenza. Non dimentichiamo – aggiunge Milano – che in Italia la povertà minorile è in costante aumento: è un dovere investire sul servizio di mensa scolastica, garantendo un pasto proteico al giorno a quel 5,7%5 di bambini che non ha altro modo di consumarlo».

Comune che vai, mensa che trovi
Per il terzo anno consecutivo, l’Ong ha analizzato la proposta di refezione scolastica per le scuole primarie di 45 comuni capoluogo di provincia con più di 100mila abitanti, valutando tariffe, agevolazioni, esenzioni e trattamento delle famiglie morose. Il servizio mensa non è presente in modo uniforme nelle scuole dei territori: solo in 17 comuni è disponibile in tutti gli istituti primari. Sono Reggio Calabria, Siracusa e Palermo le città in cui la refezione scolastica è presente in un numero di scuole inferiore al 10%. Osservando, invece, il numero di alunni che ne usufruisce, 17 comuni offrono la mensa a meno del 40% dei bambini, con cifre al di sotto del 5% nei comuni già menzionati: Reggio Calabria e Siracusa con beneficiari del servizio sotto alla soglia dell’1% e Palermo con poco più del 2%. In quattro comuni, invece, a fruirne è il 100% degli alunni (Cagliari, Forlì, Monza, Bolzano).

Agevolazioni e tariffe variabili
Agevolazioni e tariffe applicate per il servizio di refezione scolastica sono molto variabili. Un quarto dei comuni afferma di non prevedere l’esenzione totale dal pagamento della retta né per reddito, né per composizione del nucleo familiare, né per motivi di carattere sociale. Di questi, 89 ammettono questa possibilità solo in caso di disagio accertato tramite la segnalazione da parte dei servizi sociali. Tre (Bolzano, Padova e Salerno) escludono anche questo tipo di eccezione. Per quanto riguarda le agevolazioni, queste ultime sono comunque disomogenee, con l’applicazione di criteri diversi e che sommano, in taluni casi, le soglie reddituali a motivazioni di natura familiare o sociale. La residenza, inoltre, continua a essere un requisito restrittivo per l’accesso alle agevolazioni in 27 dei comuni esaminati (più della metà), penalizzando tantissimi bambini che per diversi motivi non sono – o non sono ancora – residenti nel comune della scuola di riferimento.

La tariffa minima di Rimini è quasi il triplo della tariffa massima di Catania
Nei comuni monitorati le tariffe massime variano dai 2,30 euro (Catania) ai 7,28 (Ferrara), mentre quelle minime vanno da 0,30 (Palermo) a 6 euro (Rimini). Il risultato di questa disomogeneità è che, per esempio, la tariffa minima di Rimini corrisponde quasi al triplo della tariffa massima prevista a Catania (2,30).
Una famiglia con un reddito annuale medio (ISEE 20.000 euro) pagherebbe una tariffa uguale o inferiore a 3 euro in 8 comuni, mentre in 13 sarebbe applicata loro una tariffa uguale o superiore a 5 euro. Un nucleo con reddito annuale basso (ISEE 5.000 euro) sarebbe esentato dal pagamento in 9 comuni, a Rimini, Bergamo, Modena e Reggio Emilia pagherebbe una tariffa superiore a 3 euro. In ogni caso 27 comuni lo esenterebbero in caso di segnalazione dei servizi sociali.

Bergamo e Livorno hanno ridotto le tariffe minime in tre anni
Nei tre anni di monitoraggio alcuni comuni hanno apportato delle modifiche verso una maggiore equità, grazie alla riduzione delle tariffe minime: è il caso di Bergamo (-1,50 in tre anni) e Livorno (-1,20) o di quelle città che, nonostante il lieve aumento delle tariffe massime, hanno comunque diminuito le minime (Brescia, Andria, Monza).

Niente mensa per chi non paga: la scelta di nove comuni
Nove comuni non consentono l’accesso al servizio mensa ai quei bambini la cui retta non è stata pagata regolarmente. Anche in questo caso agli alunni è imposta la separazione al momento del pasto, a causa di una strategia di contrasto alla morosità che coinvolge direttamente i più piccoli: ai bambini i cui genitori o tutori sono in ritardo col pagamento è imposto di mangiare in classe e a volte subiscono persino l’umiliazione del tornello che, per via della tessera mensa non ricaricata, impedisce la loro entrata nel locale. Sono 35 i comuni che, invece, non si rivalgono sugli alunni in caso di insolvenza, attivando la procedura di recupero crediti senza la sospensione del servizio.