M.Malvaldi, La briscola in cinque

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Malvaldi, una maniera di essere scrittore

di Antonio Stanca

Nato a Pisa nel 1974 ed ora, a quarantatré anni, impegnato presso l’Università di questa città quale ricercatore nel Dipartimento di Chimica, Marco Malvaldi ha scritto molti romanzi oltre a racconti e saggi. Ha iniziato e proceduto da solo tranne qualche saggio scritto in collaborazione.

Ha esordito a trentatré anni col romanzo giallo La briscola in cinque, del quale quest’anno la casa editrice Sellerio di Palermo ha pubblicato la cinquantunesima edizione (pp.163, €12,00). Il genere del giallo sarebbe risultato quello preferito dal Malvaldi scrittore che, tra l’altro, avrebbe prodotto nel 2011 Odore di chiuso, giallo ambientato alla fine dell’Ottocento, col quale vinse il Premio Castiglioncello e Isola d’Elba Raffaello Brignetti. Altri riconoscimenti ha ottenuto: nel 2013 ha vinto il Premio letterario LaTore Isola d’Elba, nel 2017 è stato nominato membro onorario del CICAP. Nel 2013 c’è stata una serie televisiva intitolata “I delitti del BarLume” e ispirata al gruppo di romanzi del Malvaldi detti, appunto, del BarLume.

La briscola in cinque è il primo dei romanzi dello scrittore ed anche dei sei che compongono questo gruppo. Tutti sono ambientati a Pineta, paese immaginario, situato sulla costa livornese e diventato moderna località balneare. Perciò tende a ridurre se non eliminare quanto di vecchio vi faceva parte per installare quel che richiede la sua nuova condizione, cioè discopub, palestre da body-building, parcheggi per moto. Oltre all’ambiente anche i personaggi ritornano in questa serie di romanzi, diventeranno quelli coi quali s’identificherà la prima scrittura del Malvaldi.

In La briscola in cinque si dice che a Pineta, nella sua periferia, una notte viene scoperto il corpo senza vita di una ragazza. E’ stato lasciato in bilico sul lato di un cassonetto per la spazzatura. Dalle indagini condotte dalla polizia locale, diretta dal commissario Fusco, dai rilievi del medico legale e di altri esperti, risulterà che si tratta di Alina Costa, di diciannove anni, di buona famiglia ma piuttosto libera e di facili costumi. Non aveva problemi a frequentare ragazzi diversi, a cambiare compagnie, a stare per molto tempo fuori di casa. Pertanto i primi sospettati sono i ragazzi che per ultimi sono stati a lei vicini, il presunto fidanzato Bruno e l’amico Pigi. Questi vengono fermati, arrestati, ma non ci sono prove sufficienti per accusarli dell’omicidio. Tra l’altro la ragazza era incinta.

Intanto fin dal primo momento la notizia veniva commentata in modi che cambiavano in continuazione dai frequentatori del BarLume, locale pubblico del posto gestito dal giovane Massimo e assiduamente frequentato da quattro pensionati che ogni giorno s’incontravano per giocare a carte, chiacchierare, pettegolare su tutto ciò che avveniva in paese o si sapeva dai giornali. Rimanevano al bar fino a sera e si separavano solo all’ora di pranzo. Sono “i vecchietti del BarLume”, hanno costituito un gruppo indivisibile, al quale non sfugge niente dei “fatti degli altri” e che crede di potersi esprimere su tutto, di poter giudicare tutto.

Il barista Massimo, reduce da una triste esperienza familiare, è con loro e contro di loro quando esagerano o inventano.

Del caso della ragazza uccisa, strangolata, e in attesa che si scopra il colpevole “i vecchietti del BarLume” non cessano di parlare, di discutere, di sospettare, di insinuare. Anche Massimo partecipa della situazione. Tra l’altro c’era anche lui quando era stato scoperto il cadavere di Alina, dal suo bar si era telefonato alla polizia. Anche Massimo, quindi, viene sistematicamente interrogato dal commissario Fusco, anche il suo bar diventa per un certo periodo un posto frequentato da Fusco e dai suoi agenti, impegnati a chiedere, a sapere di presunti colpevoli, di possibili moventi.

Lunghe e difficili diventeranno le indagini e alla fine sarà Massimo, che del caso si era fatto un problema personale e che tra tante supposizioni era passato, a scoprire, quasi per caso, che l’assassino era stato il cinquantenne dottor Carli, amico della famiglia di Alina e da tempo diventato suo seduttore. L’aveva uccisa perché la ragazza gli aveva detto che l’aveva messa incinta mentre il dottore era sicuro di non essere il padre del nascituro. La scoperta del movente e dell’assassino da parte di Massimo verrà fatta propria dalla polizia, susciterà scandalo, indignazione nell’ambiente, annullerà ogni altro sospetto compresi quelli avanzati dai “vecchietti del BarLume” e darà al romanzo del Malvaldi quella conclusione sorprendente che il lettore ormai si attendeva dopo aver pensato a tanti possibili assassini.

Anche nella lingua usata il Malvaldi è riuscito bene. Ha combinato l’italiano col dialetto toscano senza che il discorso ne soffrisse o perdesse in scorrevolezza, in fluidità. Altra nota positiva dell’opera è un certo umorismo che la percorre in continuazione e che la rende facile, accettabile, vicina al lettore.

Era il primo Malvaldi e tale è rimasto fino ad oggi nei contenuti e nei toni, serio, grave, ma anche divertente. E’ la sua maniera di essere scrittore: fare della scrittura un comprensivo di tutto, farla assomigliare alla vita.