Chi pensa ai disabili?

Chi pensa ai disabili?
I problemi da quarant’anni  sempre emergenti

di Giuseppe Adernò

All’inizio dell’anno scolastico le difficoltà maggiori le vivranno gli studenti con disabilità. Nonostante le buone intenzioni, espresse a parole dalla Ministra della Pubblica Istruzione Valeria Fedeli e i diversi impegni assunti pubblicamente, soprattutto nei confronti degli studenti con disabilità, si preannuncia una ripresa delle attività scolastiche con le ormai solite difficoltà.

L’aver inserito nell’organico dell’autonomia il ruolo dei docenti di sostegno avrebbe dovuto ridurre la girandola di docenti che crea sempre disagio, specie agli alunni con difficoltà di apprendimento e di adattamento.

A fronte di un organico di diritto (docenti di ruolo, stabili, docenti di sostegno, e docenti di potenziamento) continua ancora la procedura della “deroga”, che aumenta ogni anno, determinando il conferimento di “ incarichi annuali”, spesso conferiti a docenti senza titolo specifico.

La tanto decantata possibilità di chiedere la conferma del supplente di sostegno da parte delle famiglie degli alunni con disabilità, (diverse lettere sono pervenute al Ministero e alle Direzioni Regionali), di fatto è resa inapplicabile in quanto gli uffici territoriali e i Dirigenti scolastici non hanno ricevuto istruzioni in merito da parte del MIUR. Tutto ciò evidenzia il problema reale e sembra lecito porsi due domande: la prima se erano supplenti chi sostituivano? La seconda se non lo erano perché non stabilizzarli rendendo superfluo l’intervento delle famiglie?

Prevedere posti in organico di diritto significa non aumentare cattedre , ma mutare la loro natura: da tempo determinato a tempo indeterminato. Ciò garantirebbe la continuità del docente per un’efficace integrazione del disabile nel gruppo classe, in modo da realizzare concretamente la tanto declamata “inclusione scolastica”.

Un altro punto critico di questi primi giorni di scuola è quello relativo al numero degli alunni/e per classe. Le classi in organico e il numero degli alunni crea non poche difficoltà. In molti casi risultano ad oggi inapplicate le normative sul numero degli studenti per classe in presenza di certificazioni di disabilità grave che, peraltro, configgono anche con la normativa in materia di sicurezza. Tali questioni vanno affrontate e avviate a risoluzione, non possono più essere rinviate o peggio ancora ignorate.

La modifica delle norme sulla fusione delle classi intermedie è indispensabile e urgente per dare adeguate risposte al reale “diritto allo studio”. Classi pollaio e classi con pochi alunni nel medesimo istituto appare una vergognosa incongruenza.

A 40 anni di distanza della Legge 517, emanata il 4 agosto del 1977 e constatare come ancora oggi molti problemi rimangono ancora insoluti, rivela una carente progettualità organizzativa della scuola che presenta segni di eccellenza in alcune regioni e profondo degrado e abbandono in altre.

L’auspicata vitalità del GLI (Gruppo di lavoro per l’inclusione), “con il compito di collaborare alle iniziative educative e d’integrazione predisposte dal piano educativo”, già previsto dalla Direttiva Ministeriale del 2012, in tutte le istituzioni scolastiche, anche con “funzioni di raccordo di tutte le risorse specifiche e di coordinamento, presenti nella scuola” (Circ. 6 marzo 2013), dovrebbe dare all’azione didattica del sostegno una specifica connotazione didattica che supera il semplice assistenzialismo e vigilanza del disabile in classe.

Auguriamo che anche le nuove leve di docenti che hanno superato la selezione per il corso TFA di sostegno possano sviluppare una rinnovata mentalità didattica di attenzione e di efficienza nella prospettiva dell’inclusione sociale che non si consegue mediante norme di leggi, bensì attraverso una nuova cultura e sensibilità educativa, capace di saper guardare tutti e osservare ciascuno e seguire con amorevolezza quanti hanno bisogno di particolari attenzioni.