Leggere e scrivere, ma anche…

Leggere e scrivere, ma anche…

di Maurizio Tiriticco

…parlare, ascoltare e transcodificare. Non aggiungo il far di conto né quel “far di canto” che piace tanto a Berlinguer, operazioni che comporterebbero altri discorsi. “La scuola deve essere il luogo dove gli studenti vengono allenati a riflettere su quello che scrivono, cosa che nemmeno gli adulti fanno quando scrivono in Facebook. E gli effetti sono sotto gli occhi di tutti”. Lo scrive Luca Serianni su “la Repubblica” di oggi. FB potrebbe essere una gigantesca palestra in cui chi interviene ha una importante occasione per migliorare il suo linguaggio, ma… purtroppo è uno strumento usato male… nessuna attenzione per la costruzione del pensiero, per l’ortografia, per la punteggiatura, ecc. Quando, invece, scrivere bene, o meglio, cercare di scrivere bene, ha un significato e un valore non tanto per il rispetto formale della lingua, quanto per la necessità di dovere esprimere con la massima chiarezza il proprio pensiero. Quando insegnavo, evitavo la cosiddetta lezione cattedratica, PERO’, a volte vi ricorrevo (cercavo di parlare con chiarezza e con le opportune cadenze) e invitavo gli alunni ad essere attenti e a prendere appunti. Quando poi confrontavamo collegialmente gli appunti, emergevano le grandi differenze, tra alunno e alunno, su quello che possiamo chiamare l'”ascolto intelligente”. E l’analisi collettiva di queste differenze aiutava tutti a migliorare l’ascolto, la comprensione, il linguaggio! Dico tutti! Anche me! Guai se un insegnante è convinto di esprimersi sempre con la dovuta chiarezza, soprattutto in considerazione delle diverse classi di età degli alunni.

Nessuno – ma soprattutto chi insegna – dovrebbe “parlare come pensa”, come si suol dire, ma parlare sempre tenendo conto anche e soprattutto del contesto comunicativo in cui si opera. E tale attenzione non deve essere soltanto dell’insegnante, ma di ogni parlante/ascoltante. E’ un’attenzione che in genere si adotta quando si debbono dare “brutte notizie”, o formulare dichiarazioni di amore! In effetti è un’attenzione che, invece, dovrebbe adottarsi sempre! Purtroppo, oggi sembra che accada il contrario! Non so da che cosa dipenda. I mezzi di comunicazione si sono moltiplicati! Sono lontanissimi i tempi del telefono e della radio, strumenti considerati allora pressoché miracolistici! Ormai i mezzi della comunicazione interpersonale sono largamente diffusi, e nelle mani – anzi nelle dita sempre mobilissime – di tutti, anche dei nostri bambini, abilissimi ad impadronirsene e ad utilizzarli meglio di noi! E non passa giorno che non nasca uno strumento nuovo! Ed io temo veramente, invecchiando ogni giorno di più, di esserne prima o poi tagliato fuori! Ed oggi, se sei tagliato fuori da questo gigantesco “campo di comunicazione” è come se non esistessi!

Le sei funzioni della comunicazione interpersonali – penso a Roman Jakobson, il grande formalista russo – o quelle del linguista americano Charles W. Morris, per non tirare in ballo la filosofia analitica inglese, con la teoria degli spech acts di John Searle, costituiscono l’esito fortunato di tutta una serie di ricerche sulla funzione della parola, detta o scritta, soprattutto quando agiscono due interlocutori. Quando poi l’interlocuzione si svolge in un’aula, con un certo numero di soggetti della stessa classe d’età, guidata, controllata, orientata dalla funzione leader svolta dall’insegnante, le “cose” si complicano, e come! La questione, quindi non è tanto “meno temi e più riassunti”, pur tenendo conto che il titolo di un giornale non è mai rappresentativo od esaustivo del pensiero dell’intervistato, bensì di tutto l’insieme del come si parla, si ascolta, si legge e si scrive in un’aula scolastica, dove l’esito di un apprendimento efficace dipende in larga misura dal “campo di comunicazione” che si crea tra tutti i soggetti coinvolti, del quale il responsabile, conduttore e animatore, è pur sempre l’insegnante! Ed il controllo attivo delle interlocuzioni comunicative verbali e non verbali in un’aula in cui apprendono soggetti in età evolutiva è enorme. Ma oltre il controllo c’è soprattutto la sollecitazione!

Un controllo, comunque, che non è affatto facile, perché non si esercita solo sulle codifiche linguistiche” – il parlare e lo scrivere – dei singoli alunni, ma anche e soprattutto sulle transcodifiche! Ma che cos’è la transcodifica? Ciò che comunemente avviene quando, ad esempio, si trasferisce in una operazione scritta ciò che si “codifica” con il sentire, con il pensare e con il dire! Ovviamente il termine transcodificare indica anche operazioni più nobili, se si può dir così! L’Infinito leopardiano è una transcodifica di tutta quella ricca serie di emozioni e di pensieri che una semplice siepe può suscitare in un animo così ricco e complesso come quello del giovane Giacomo, poco più che ventenne. La transcodifica, quindi, sta ad indicare il passaggio da un codice a un altro! Una canzone d’amore o un inno di battaglia o un salmo religioso sono transcodifiche di altrettanti sentimenti, per altro così diversi l’uno dall’altro.

In conclusione, in presenza della “carica dei Seicento”, o meglio della lettera dei 600 professori universitari che lamentano un “Italia in declino”, in forza di tesi di laura sgrammaticate, e della puntualizzazione che ne è seguita da parte di Maria Lo Duca, penso che forse sarebbe il caso di prestare anche una doverosa attenzione alle modifiche che sono in atto nella lingua parlata e scritta, e non solo del nostro Paese, indotte da una vera e propria diffusione di massa di strumenti che solo fino a qualche anno fa erano impensabili! Ricordo solo la mia grande emozione quando per la Prima Comunione – ed ero già grandicello – mi regalarono la “penna stilograficaaa”!!!

La lingua è una “cosa viva” ed è soggetta a continui cambiamenti. E non c’è una lingua “migliore” di un’altra! Del resto, non occorre meravigliarsi! La stessa Divina Commedia – quella scritta da un certo Dante Alighieri, considerato oggi tra i padri della nostra lingua – non fu sempre considerata per quella che è! Piacque un po’ nell’epoca barocca, quando “è del poeta il fin la meraviglia, chi non sa far stupir vada alla striglia” E allora indubbiamente la Commedia faceva stupore! Solo nell’Età romantica la si poté recuperare e considerare in tutta la sua grandezza!

Per concludere, penso che oggi stiamo assistendo a fenomeni veramente dirompenti in materia di comunicazione linguistica. Tout casse, tout passe, tout lasse! Applichiamo questo pensiero a ciò che avviene in materia di comunicazione, e non solo linguistica. Si viaggia sempre più e sempre più lontano e le coordinate spazio/temporali in cui ciascuno di noi in genere “si ritrova” sono messe in seria discussione. Chi si occupa di linguaggio e chi insegna ad apprenderlo deve tenere ben ferma la barra del timone, ma considerare anche che la nave corre sempre più veloce. E fare i conti ogni giorno con questa realtà in progressivo cambiamento non è affatto facile! Soprattutto per chi insegna.