Boom di studenti che scelgono le lezioni di cinese. Ma è difficile trovare prof qualificati

da Il Sole 24 Ore 

Boom di studenti che scelgono le lezioni di cinese. Ma è difficile trovare prof qualificati

di Maria Piera Ceci

Aumenta il numero di studenti italiani che scelgono di seguire lezioni di cinese. Sono 279, l’8% del totale, le scuole che hanno attivato un corso di cinese, coinvolgendo circa 17.500 studenti. A scorrere la ricerca La nuova via della Cina, promossa dalla Fondazione Intercultura con Ipsos nell’ambito dell’Osservatorio nazionale sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca, si scopre che il cinese si studia per lo più nelle scuole secondarie di secondo grado (74) e più in particolare nei licei. Per quanto riguarda invece la distribuzione geografica, è nel nord Italia che si registra un maggiore interesse verso la lingua e la cultura cinesi (46%).

In quasi la metà dei casi (48%) il cinese si e’ affermato come materia curriculare e nel 41% dei casi è stato inserito tra le materie dell’esame di maturità.
«Cresce il numero di scuole interessate al cinese, ma se pensiamo all’importanza che ha questo Paese, si potrebbe fare di più» – spiega a Scuola24 Roberto Ruffino, segretario generale Fondazione Intercultura. «Le difficoltà sono tante. Non si improvvisano centinaia di insegnanti di cinese. Non è facile trovare docenti qualificati, così la domanda supera l’offerta».

Il 93% dei presidi delle scuole che hanno attivato corsi di cinese si dice complessivamente soddisfatto, grazie anche al coinvolgimento e alla soddisfazione dimostrati dagli studenti (45%), per la qualità dei corsi messi in atto dalla scuola (23%), per le migliori prospettive per il futuro offerte ai ragazzi (22%) e per il fatto di essere protagonisti nell’avvicinare questa generazione di adolescenti a questa nuova cultura (21%).

«La situazione è in miglioramento» – sottolinea Ruffino – «le scuole coinvolte intendono proseguire e offrire più corsi in futuro, quindi potrebbero aiutare a convincere altre scuole».
Presidi soddisfatti dunque, così come gli studenti. Oltre 500 hanno partecipato alla ricerca e hanno messo il cinese al secondo posto tra le lingue considerate come «strumento fondamentale per il proprio successo futuro» (dopo l’inglese e prima di spagnolo e tedesco). Ad interessare molto l’ambito tecnologico e dell’innovazione (38%) in un Paese la cui influenza in Italia è destinata ad aumentare nei prossimi anni (ne è convinto il 70% dei giovani) e già oggi il suo peso a livello economico è ritenuto molto rilevante da oltre la metà degli intervistati (il 55% esprime un giudizio 8-10 su una scala da 1 a 10).

Quasi tutti sanno che le due storiche squadre di calcio di Milan e Inter sono in mano ai cinesi (84% e 70%) e una percentuale non trascurabile di ragazzi sa che anche molti marchi della moda sono di proprietà cinese.
«Una presenza, quella cinese nella realtà economica italiana che non è più vissuta come negativa e destabilizzante. Questo ha un’influenza sui genitori e di conseguenza sui ragazzi»- fa notare Ruffino. «La Cina sta vivendo un momento di visibilità positiva e chi si prepara a entrare nel mondo del lavoro pensa che parlare cinese sia una cosa importante. La preoccupazione di dove troverò lavoro nel futuro è una spinta in più».

«I ragazzi hanno iniziato a capire che si tratta di una cosa importante per i loro futuro» – dice Ruffino. «E’ cambiata la percezione di questo Paese, perché se ne sa un po’ di più e soprattutto quelle che arrivano non sono più solo notizie negative. Una volta una serie di fatti negativi davano un’immagine della Cina di un paese chiuso, poliziesco, arretrato. Oggi mostra di essere una delle grandi potenze del mondo e che nelle sue città si vive in modo non molto diverso che nelle nostre. Ci sono ancora note negative, come l’inquinamento. Pechino va sempre sui giornali con le foto terribili della nebbia grigia, ma in generale la Cina dà un’immagine molto più positiva di trent’anni fa».

Alla presentazione della ricerca Fondazione Intercultura-Ipsos ha partecipato anche la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli. «Il numero degli istituti che offrono l’insegnamento del cinese è destinato ad aumentare. Perché la curiosità verso l’altro, il desiderio di incontro, l’apertura verso mondi e culture differenti sono le caratteristiche intrinseche di cittadine e cittadini globali, esattamente ciò di cui il nostro Paese, e non solo, ha bisogno» – ha commentato la ministra, la quale ha ribadito l’importanza di estendere il programma Erasmus anche alle scuole secondarie di secondo grado.
«Vogliamo che la partecipazione degli studenti a questi progetti sia serena, così come anche il loro rientro nel loro contesto di provenienza» – ha sottolineato la ministra Fedeli. «Qualcuno talvolta lamenta difficoltà in questa fase. Dobbiamo far sì invece che il sistema sia pronto a riassorbire questi giovani e ad arricchirsi grazie alla loro esperienza. Lavoreremo per questo».