Scuola-lavoro, studenti in piazza Per uno su due «non serve a niente»

da Corriere della sera

Scuola-lavoro, studenti in piazza Per uno su due «non serve a niente»

Antonella De Gregorio

Studenti in piazza per il «primo sciopero dell’alternanza scuola-lavoro». Ragazzi delle superiori e universitari, uniti nelle varie sigle dell’associazionismo della scuola – Rete Studenti Medi e Udu, Unione degli Studenti e Link-Coordinamento universitario – si mobilitano in tutta Italia «contro la legge 107» e quei «tirocini» obbligatori per il milione e mezzo che frequentano le superiori. Spesso – denunciano – si trasformano in forme di «sfruttamento del lavoro gratuito». Per tutta la giornata di venerdì sono previsti cortei, flash mob in tuta blu davanti alle aziende, azioni davanti agli uffici scolastici regionali, lezioni di piazza alternative, esperienze autogestite di alternanza, feste e concerti serali negli spazi di aggregazione. Tante voci e tanti modi per dire no a esperienze e progetti «tutti da ripensare e ricostruire».

«Studenti, non merce»

Intanto, mercoledì notte gli studenti hanno fatto un blitz davanti alla sede di Confindustria. Perché «noi siamo studenti, non merce nelle mani delle aziende». E «la vera alternanza scuola lavoro non è asservita alle logiche e agli interessi del mercato del lavoro e non si vende ai privati nè tantomeno alle multinazionali», hanno detto gli studenti. È successo a quanti sono andati a friggere patatine da Mc Donald’s, o a sistemare indumenti da Zara, a fare fotocopie alla Banca d’Italia. Questo – lamentano i ragazzi – «l’esito degli accordi stipulati dal Miur con i “grandi campioni dell’alternanza”». Protestano contro le anomalie e alzano la voce per chiedere che l’alternanza sia una «metodologia didattica che lega il saper al saper fare, l’intelligenza teorica all’intelligenza pratica, che fa davvero da ponte tra ciò che studiamo a scuola e ciò che andremo a praticare nei luoghi di lavoro».

Lo statuto

Ecco dunque la loro provocazione: «Se ci trattate da lavoratori noi incrociamo le braccia». Con uno «sciopero alla rovescia» che durerà 24 ore, per ribaltare i tempi, riempirli di discussioni nelle piazze, di momenti di socialità, di riqualificazione dei quartieri con la street art. «Chiediamo al Miur che fine abbia fatto lo statuto delle studentesse e degli studenti in alternanza scuola- lavoro e il codice etico per le aziende», dice Francesca Picci, coordinatrice nazionale dell’Uds. E annuncia azioni, nei prossimi giorni, «anche presso le Camere di commercio che hanno appena stipulato un accordo con il Miur per l’erogazione di voucher alle aziende che fanno percorsi di alternanza».

Rimandata a settembre

A sostegno della protesta, gli studenti portano dati e numeri: l’Uds ha effettuato una ricerca in cui si evince che il 57% degli studenti è costretto a seguire percorsi di alternanza non attinenti al proprio corso di studi , il 40% ha dichiarato violazioni dei diritti sul luogo di lavoro; il 38% ha dichiarato di essere stato costretto a pagare per seguire il percorso obbligatorio. La Rete studenti medi ha interpellato oltre 4000 ragazzi di 4° superiore da tutta Italia. Dai loro racconti esce un’alternanza non bocciata ma «rimandata a settembre»: uno studente su due dà una valutazione positiva, utile per «l’acquisizione di competenze specifiche» e per «capire il lavoro per cui si è più portati». Ma uno su tre la boccia incondizionatamente, per la poca coerenza con il percorso scolastico e la mancata personalizzazione del percorso. A dichiararsi scontenti sono soprattutto i liceali: docenti meno preparati, scarsa formazione, esperienze costrette all’interno degli orari (e degli spazi) scolastici. Mentre la fotografia scattata da ScuolaZoo mostra una situazione «spaccata», anche se non drammatica: «Il 52% dei ragazzi che hanno risposto al nostro sondaggio giudica l’esperienza positiva, anche se solo il 45% dichiara di aver davvero imparato qualcosa che potrà essere utile per il lavoro – dicono i responsabili della community -. L’importante è che il percorso sia scelto dallo studente, aiutato dai professori e dalla scuola, ma che il ragazzo senta più affine al suo talento e personalità. Altrimenti perde di significato, viene percepito negativamente, anche se i ragazzi in queste poche ore ammettono che si arricchiscono di molte soft skills».

Fedeli: «Non è apprendistato»

Alle ragioni degli studenti la ministra Valeria Fedeli contrappone una strenua difesa dell’alternanza scuola-lavoro: «Ci sono delle cose che gli studenti dicono che sono sacrosante ma ne difendo il merito. Finalmente non è prerogativa di solo una parte del Paese, visto che in Italia si fa da anni quasi prevalentemente dagli istituti tecnici-professionali. La legge 107 invece l’ha introdotta come innovazione didattica per tutte le scuole, per un apprendimento trasversale di competenze». Al tema, dunque (serve l’alternanza? A cosa e a chi?), la ministra dedica (in un’intervista a Radio Capital) una riflessione : «Dobbiamo aggiornare, come avviene in Europa, le competenze trasversali, il problem solving, la capacità di avere nuovi strumenti di apprendimento: è giusto innovare, perché è un’innovazione didattica di nuove competenze che i nostri ragazzi non avevano. Alternanza scuola-lavoro non è assolutamente apprendistato, ma innovazione didattica, apprendimento interno ai percorsi curriculari».

In piazza anche per lo Ius Soli

E se le ragioni dei lavoratori in erba non fossero sufficienti, alla loro protesta si salda anche quella degli studenti più grandi: insieme Rete studenti medi e Unione degli universitari manifesteranno per l’approvazione della lege sullo Ius Soli. Il 13 ottobre, infatti – ricordano gli studenti in una nota – ricorre anche il Cittadinanza Day (a due anni dalla grande manifestazione a Montecitorio promossa dall’associazione Italiani Senza Cittadinanza, in occasione della prima approvazione alla Camera della legge sullo Ius Soli). «Anche il mondo universitario- dice Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale dell’Udu- Unione degli Universitari si è mobilitato e anche noi vogliamo continuare a fare la nostra parte. Crediamo che per la riforma della cittadinanza non si possa più aspettare. Per troppi anni abbiamo visto trattare come stranieri i nostri compagni di scuola e di università con cui siamo cresciuti».