Alfabetizzazione emergente

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Alfabetizzazione emergente

di Liliana Bellomo

 

“Molte volte si diagnosticano disturbi di apprendimento rispetto al modello adulto, ignorando l’evoluzione. (…) Abbiamo visto troppa patologia lì dove c’erano momenti normali nell’evoluzione e problemi legittimi che il bambino cerca di risolvere. Io considero urgente depatologizzare questo campo. Non nego che ci siano disturbi dell’apprendimento, ma sicuramente c’è meno patologia di quella che abbiamo contribuito a inventare, convalidando, dal punto di vista della diagnosi psicologica, una decisione scolastica che è necessario mettere in discussione”. (Ferreiro 1987)

Emilia Ferreiro, nel saggio “El aprendizaje en el niño y los aprendizajes escolares” con una vivace discettazione, insinua che percorsi assolutamente normali nel processo di comprensione del funzionamento del sistema di rappresentazione della scrittura siano stati spesso scambiati per disturbi dell’apprendimento, equivoco sorto e che sorge nel momento in cui il bambino viene osservato dal punto di vista del risultato atteso e non nella prospettiva della sua evoluzione. Del resto le caratteristiche di questa evoluzione sono state a lungo ignorate, e questa mancanza di conoscenza ha impedito di comprendere adeguatamente i diversi punti di partenza con cui i bambini accedono all’inserimento scolastico.

L’acquisizione strumentale di lettura e scrittura, costituisce, per una significativa percentuale di bambini, all’inizio della scuola primaria, un difficile processo che incide sulla motivazione ad apprendere e sull’autostima a lungo termine ostacolando così la comprensione e la produzione del testo. Gli anni che precedono l’obbligo scolastico sono probabilmente i più determinanti per le prospettive di successo e forse anche per lo stesso desiderio di conoscenza. Come mai la maggior parte dei bambini, esposti all’insegnamento di lettura e scrittura, impara nel giro di qualche anno a leggere e a scrivere in modo soddisfacente riuscendo a raggiungere livelli in cui la parte strumentale di questi processi (decodifica e grafismo) diventa automatica con una naturalità che non rispecchia la complessità dei processi coinvolti nel loro esercizio, mentre per altri diventa estremamente difficoltoso? Cosa fa la differenza? C’è un interrogativo che si trasforma in impellente bisogno: quello di aiutare i bambini a prevenire le difficoltà di apprendimento causa di insuccesso e di malessere, avviandoli ad efficaci percorsi fondati teoricamente e sperimentalmente validati. Un ambito su cui esiste un grande patrimonio di ricerca empirica, specialmente sviluppato negli Stati Uniti, riguarda la “school readiness”, ovvero i requisiti imprescindibili per l’ingresso nella scuola primaria. La rilevanza di tali studi è legata al fatto che l’ingresso a scuola, senza i requisiti necessari, implica un’alta percentuale di insuccesso a lungo termine.

Quali sono le competenze e le capacità dei bambini, dalla nascita fino alla fine della scuola dell’infanzia, che predicono i futuri esiti di lettura, scrittura, e ortografia?

Snow, Burns, e Griffin nel loro rapporto del gruppo del National Research Council sulla prevenzione delle difficoltà di lettura nei bambini, hanno identificato nello sviluppo del linguaggio orale, nella consapevolezza fonologica e nella conoscenza dell’alfabeto i bersagli principali di intervento per prevenire il verificarsi di importanti problemi di lettura. Allo stesso modo, Whitehurst e Lonigan hanno identificato alcune abilità, nel dominio del linguaggio orale, nella scrittura, nella conoscenza delle lettere e nell’elaborazione fonologica, raggruppabili in due set interdipendenti: il gruppo delle abilità outside-in e e quello delle abilità inside-out. Il primo set si riferisce alle fonti di informazione esterne alla parola stampata e ne supporta la comprensione : conoscenza semantica, sintattica e concettuale; comprensione e produzione di storie; conoscenze circa l’orientamento standard della letto-scrittura; lettura inventata. Il secondo set rappresenta, al contrario, le fonti di informazione interne alla parola stampata che supportano i bambini nel tradurre le lettere in suoni e viceversa: conoscenza dei nomi delle lettere; individuazione della rima; manipolazione di sillabe e fonemi; correzione di errori grammaticali; conoscenza del suono delle lettere; decodifica di pseudo-parole; scrittura inventata. Secondo i due autori, i processi inside-out e outside-in sono entrambi necessari per l’apprendimento della letto-scrittura, lavorano simultaneamente, ma divengono sempre più indipendenti dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria. Inoltre, da un punto di vista empirico, sono le abilità di tipo inside-out a essere maggiormente predittive del successo nell’apprendimento della lettura e della scrittura.

Il processo di acquisizione della lettura e della scrittura, però, è meglio comprensibile se inteso come un continuum evolutivo che ha le proprie origini nelle prime esperienze di vita di un bambino, piuttosto che come un fenomeno tutto o niente che inizia con l’avvio della scolarizzazione (Pinto et al 2008). “Un bambino impara a leggere per la prima volta quando viene preso in braccio e gli viene letta una favola” dice la neuroscienziata Maryanne Wolf. Il costrutto di “alfabetizzazione emergente” si sposta, quindi, da una prospettiva centrata sul concetto di “readiness” e sul primato delle componenti senso-motorie e percettive, ad un più attento esame dei processi cognitivo-linguistici e motivazionali e alla dimensione culturale sottesa all’apprendimento di lettura e scrittura, che individua da un lato le abilità, le conoscenze e gli atteggiamenti che si presuppone anticipino l’apprendimento formalizzato e convenzionale di lettura e scrittura e dall’altro fa luce sulle componenti ambientali che possono influire sul loro sviluppo nonché sulle pratiche che ne possano costituire uno stimolo (Pinto 2001). Il cambio di prospettiva suggerisce che non vi è una chiara linea di demarcazione tra lettura e pre- lettura; tra scrittura e pre-scrittura, ma al contrario, in quest’ottica si vede come fondato e importante aspetto tutto ciò che si verifica prima dell’alfabetizzazione stessa e che lettura, scrittura e linguaggio orale si sviluppino contemporaneamente e interdipendentemente dalla più tenera età, attraverso l’esposizione dei bambini a interazioni nei contesti sociali nei quali l’alfabetizzazione è già una componente, pur non essendosi ancora attuata l’istruzione formale; negli ultimi anni il concetto viene esteso a qualsiasi situazione in cui un individuo negozia o interagisce con l’ambiente attraverso l’uso di un sistema simbolico: mappe, orari degli autobus, insegne dei negozi. Ciascun sistema di rappresentazione si sviluppa secondo una progressione che passa dalla padronanza delle forme proprie di quel codice, alla flessibilità nella loro applicazione, e culmina con la capacità del soggetto di riflettere sul sistema stesso, giungendo ad una consapevole comprensione delle sue regole e proprietà e ad un maggiore controllo del suo uso. Imparare a leggere e a scrivere è dunque parte del processo di acquisizione della capacità di comunicare attraverso simboli, che comprende la comunicazione linguistica, matematica , logica o qualsiasi altro sistema simbolico espresso nel linguaggio, nei gesti, nella notazione. (Bigozzi, 2001) e non è solo un prodotto dello sviluppo individuale ma ha una natura profondamente sociale. Da un punto di vista evolutivo, l’alfabetizzazione emergente prende avvio per la maggioranza dei bambini intorno ai due anni, in concomitanza con l’emergere delle capacità rappresentazionali e quando la scoperta del sistema simbolico ha il suo avvio essa trae impulso dai contatti che i bambini stabiliscono con il linguaggio scritto e dall’apporto fornito in tale direzione dalla famiglia e dalla comunità. In questo processo il bambino è uno scopritore attivo, ma gli adulti giocano un ruolo imprescindibile, aiutandolo a costruire le sue conoscenze secondo una modalità sociale, mediante quello che Bruner chiama “scaffolding cognitivo”.

Parlare con i bambini è sicuramente fondamentale e prioritario, ma la lettura di libri, espone il bambino a un universo linguistico e conoscitivo molto più ampio. E’ di aiuto per uno sviluppo sano ed equilibrato, anche la manipolazione del libro, la capacità di nominare le figure, la struttura della storia, i suoni, le lettere. I libri restituiscono al bambino, in veste grafica, quel vasto mondo simbolico e affettivo nel quale deve iniziare a riconoscersi e che deve imparare ad amare ed apprezzare, se vorrà godere, crescendo, delle gioie del sapere e della conoscenza. Altre ricerche hanno constatato l’esistenza di un legame positivo tra il coinvolgimento dei genitori e le precoci capacità di lettura delle parole e la scioltezza di espressione dei bambini nonché le motivazioni che li inducono a leggere, l’interesse che dimostrano per la lettura e il piacere che ne traggono. Alcuni tipi di attività di alfabetizzazione che i genitori condividono con i figli sono più efficaci di altri. La meta-analisi di Senechal (2006) ha messo a raffronto tre tipi di coinvolgimento parentale: l’insegnamento di specifiche attività di alfabetizzazione, i genitori che ascoltano i figli mentre leggono e i genitori che leggono ai figli. I risultati hanno dimostrato che il coinvolgimento parentale in genere ha avuto un effetto positivo sul rendimento nella lettura. I genitori che insegnavano specifiche competenze di alfabetizzazione ai propri figli, quali l’alfabeto, la lettura di parole e la corrispondenza tra lettere e suoni, erano due volte più efficaci rispetto alla sola lettura condivisa. Tali risultati venivano confermati sia per i bambini che erano a rischio di sviluppare difficoltà di lettura che per quelli che non lo erano. Ci sono prove forti di un legame tra alfabetizzazione precoce e futuro sviluppo dell’alfabetizzazione formale, alcune competenze sembrano essere più importanti di altre. Anche se la ricerca ha necessità di continuare a sviluppare una comprensione più profonda degli approcci didattici per preparare i bambini in età prescolare ad imparare a leggere e a scrivere, la base delle conoscenze attuali fornisce prove sufficienti a suggerire quali contenuti e quali pratiche sono importanti per la costruzione di una buona alfabetizzazione precoce. Una sezione di scuola dell’infanzia con un livello di alfabetizzazione di alta qualità fornisce un ambiente che non solo supporta l’alfabetizzazione emergente, ma si impegna, anche, attivamente con i bambini per lo sviluppo delle meta-abilità guidandoli in una riflessione continua sulla lingua scritta e parlata attraverso giochi meta-fonologici; cronaca di tutte le attività di routine che si svolgono in aula; utilizzo del vocabolario come base di abilità più complesse quali la conoscenza grammaticale, le definizioni e la comprensione della lettura; accompagnamento ad una comprensione ” profonda” di nuovi vocaboli selezionando una traccia che usi un nuovo lessico, e che fornisca significati diversi per la stessa parola inserendola in contesti differenti; scrivere sotto dettatura dei bambini, lasciando che siano loro a decidere il cosa scrivere; praticare la lettura inventata e la scrittura inventata.

E’ chiaro che imparare a leggere e a scrivere non è la semplice estensione dell’abilità del parlare. L’apprendimento del parlato segue vie, per così dire naturali, basta essere immersi in un ambiente linguistico ed esposti, quindi, ad una lingua fin dalla più tenera età per apprenderla. Le lingue parlate, quindi, sono tutte ugualmente facili. Per la lettura, invece, il discorso si fa diverso. La lettura può essere definita come una delle invenzioni più straordinarie nella storia dell’evoluzione dell’uomo ed è stato possibile acquisire tale abilità grazie alla naturale plasticità della mente umana. La lettura è l’esempio per eccellenza di invenzione culturale acquisita che avanza richieste alle strutture cerebrali preesistenti. ( Wolf 2007) quindi l’istruzione organizza e riorganizza il cervello. Ciò significa che l’uomo non è programmato geneticamente per imparare a leggere e che, fin dai primi tentativi di codificare il linguaggio in un codice scritto, ha dovuto adattare la sua mente, attivando dei collegamenti neuronali fra diverse aree cerebrali che presiedono funzioni per le quali siamo “programmati”, come la vista o il linguaggio, per conquistare questa meravigliosa invenzione culturale, che è la lingua scritta.