Manovra: presidi dentro, Ata no

da ItaliaOggi

Manovra: presidi dentro, Ata no

Fuori il piano per assumere 6 mila ausiliari e tecnici. Ok a 1.500 ricercatori e scatti ai prof

Alessandra Ricciardi

A ieri sera i tecnici degli uffici legislativi e dei gabinetti erano ancora al ministero dell’economia per definire nel dettaglio le misure. Nel pomeriggio il consiglio dei ministri ha dato il via libera alla legge di Bilancio per il 2018, ma non si va al di là di una bozza di articolato.

Quello che è certo per il dicastero guidato da Valeria Fedeli è l’ok alla perequazione sulla retribuzione di posizione per i dirigenti scolastici: in fondo alla classifica dei dirigenti statali, i presidi hanno finalmente avuto l’equiparazione rivendicata da un decennio. Ammonta a circa 95 milioni di euro il finanziamento messo a bilancio, tra i 400 e i 500 euro l’aumento medio mensile a testa. Nella battaglia a favore dei dirigenti, la Fedeli ha potuto mettere sul tappeto la mole di lavoro che gli si è riversata addosso, dagli adempimenti per le vaccinazioni alla chiamata diretta dei prof, dagli oneri per la sicurezza al lavoro alle supplenze e il tutto su doppia sede in assenza di un numero adeguato di titolari.

La Fedeli non ha invece portato a casa il piano straordinario per assumere a tempo indeterminato 6 mila Ata oltre il turnover. Si tratta del personale ausiliario, tecnico e amministrativo. Anche in questo caso in sotto organico, anche in questo caso con oneri sempre crescenti derivanti dalle nuove norme, a partire dalla riforma della legge 107/2015. Ma non se ne farà niente, il Mef ha messo sul piatto circa un miliardo per i finanziamenti delle varie misure proposte dai ministeri, la coperta è corta, gli Ata dovranno attendere il prossimo treno.

In bilico sino a tarda serata la norma sullo sblocco delle supplenze per il personale delle segreterie. Mentre dovrebbe entrare il finanziamento di 14 milioni di euro per gli Its, gli istituti tecnici superiori, anche se con una copertura che era ballerina tra Mise e Miur.

Ok anche alle 1.500 assunzioni di ricercatori, tra università ed enti di ricerca. Una risposta alle proteste per un precariato a volte decennale e che stava mettendo in crisi molti enti di ricerca di fronte all’ipotesi di dover rescindere i contratti. Sbloccati anche gli scatti di anzianità per i docenti universitari.

C’è poi il capitolo del rinnovo del contratto, fermo da quasi dieci anni. Che interessa tutti gli statali. Pronti 1,65 miliardi di euro per coprire gli 85 euro di aumento medio mensile, garantita la fruizione del bonus degli 80 euro alle fasce di reddito medio basse che avrebbero rischiato di perderlo. Si parla dei redditi che vanno dai 24 mila euro annui ai 26 mila.

Ancora invece oggetto di trattativa tra Mef e Miur la vicenda delle maggiori risorse per il solo rinnovo della scuola. In assenza di fondi da poter destinare alla contrattazione aziendale, l’ipotesi avanzata dai tecnici è stata di utilizzare al tavolo contrattuale il fondo dei 200 milioni per il merito degli insegnanti introdotto dalla riforma della Buona scuola. Ma su questo punto non c’è stato il via libera politico della Fedeli. Eppure è un’ipotesi che sarebbe stata ben vista dai sindacati che spingono per la piena contrattualizzazione anche del bonus dei 500 euro per l’aggiornamento professionale. Ma avrebbe significato smontare due dei tasselli più importanti della riforma della scuola che porta la firma di Matteo Renzi, e i cui strumenti attuativi si stanno tra l’altro affinando proprio ora. Ecco perché la promessa della Fedeli di una maggiore considerazione per la scuola, con l’avvio di un graduale e specifico innalzamento delle retribuzioni dei docenti, tra le più basse in Europa a metà e fine carriera, potrebbe dover saltare questo giro.