Erotismo, nuove generazioni, in problema pedagogico

Erotismo, nuove generazioni, in problema pedagogico
Scambiarsi foto intime, mostrare i propri genitali in WhatsApp, 63 liceali scoperte per caso … mettono a nudo l’assenza di riferimenti e modelli familiari, morali e di rispetto del proprio corpo, in una società senza modelli educativi. L’Allarme dei Pedagogisti.

60 minorenni di un liceo italiano, si scambiavano su whatsapp auto scatti, delle loro parti più intime, in un vortice di emozioni, eccitazione, gusto del proibito.
Tantissimi compagni di scuola, trasformati in “guardoni” che condividevano e moltiplicavano il folle tritacarne della propria immagine sul web. Ma come spesso accade su internet, quello che credevi provato … diventa di dominio pubblico. Ma non dello scandalo sono preoccupato, anzi! Ma di cosa hanno imparta a scuola queste centinaia di ragae e ragazzi, e di come utilizzeranno il loro corpo per costruirsi un futuro.
Mi chiedo se nella mente di adulti educanti (insegnanti e genitori), ci sia ancora la percezione di quello che accade oggi tra i ragazzi, quando leggiamo sui media di un gruppo di adolescenti tra i 14 e i 19 anni che fa mercanzia del proprio corpo. E se siamo consapevoli che stiamo parlando ANCHE dei nostri figli.
Si può riflettere a lungo sulle conseguenze di questi atti, ma nella società della “gestione di crisi” abbiamo bisogno per forza, della patologia ?? Della creazione di nuovi disturbi per attivare nuove ricette terapeutiche, quasi come se attendessimo il limite psicopatologico, per poi organizzare un nuovo show business ??
Le cause di questi atti a mio avviso risiedono nella carenza e talvolta assenza del dialogo educativo, tra genitori e figli, studenti e insegnanti
Come pedagogisti ci chiediamo se fosse stato possibile evitare questa situazione in cui a repentaglio vi è l’intera esistenza e la reputazione di un adolescente.
Senza pensare al dramma familiare, parentale che ne deriva, al ruolo genitoriale nello specifico, all’attenzione al ruolo educativo di ogni adulto, al ruolo cripticamente ceduto alla presunta autoformazione dell’individuo, all’autonomia che concediamo ai ragazzi, che spesso si trasforma in assenza di guida.
al di là presunzione educativa di molti adulti, e al nostro crederci esperti del web, dei social e della gestione del tempo dei nostri ragazzi davanti ai loro cellulari, noi adulti educatori, possiamo affermare con certezza che siamo in grado di gestire i social network e dunque sappiamo indirizzare i nostri adolescenti?!
A quanto pare no! Siamo tutti in formazione verso i nuovi usi e costumi sociali, nessuna differenza di esperienze di vita, di rispetto, chi insegna a chi? Ma dimentichiamo di educare i nostri figli!
L’allarme risiede in quello che poi giornali affermano: “i ragazzi hanno paura di comunicare con i genitori” a maggior ragione se si tratta di contenuti legati all’educazione sessualità.
Sarebbe interessante, prima di etichettare e dare responsabilità rispetto ai comportamenti adolescenziali, devianti e autolesionisti per la propria immagine sociale, chiedersi in onestà quale prevenzione è stata agita… la famiglia delega l’educazione al rispetto di se alle agenzie educative, le agenzie educative delegano l’incarico a psicologi e medici che in 4 incontri pensano di risolvere la questione con qualche nozione o proiettando qualche Slide??
Il risultato è che l’autoformazione, molto in voga tra gli adolescenti, non è una risposta, che la psicologia agisce sulle conseguenze di un qualcosa che ha raggiunto la patologia e che la pedagogia, che previene e crea le condizioni di protezione dei nostri adolescenti, continua ad essere la scienza più trascurata, a favore di un approccio medicalizzante, che etichetta e crea nuovi business farmacologici e terapeutici.
E’ Fondamentale porsi in una riflessione che partendo da un bisogno (conoscere se stessi e il proprio corpo) sia in grado di tracciare un percorso idoneo da proporre per sviluppare il proprio potenziale umano.
I dati oggettivi li abbiamo sotto gli occhi: figli che impunemente mettono a repentaglio la loro identità sociale, integrità morale e benessere personale; assenza di una riflessione adeguata sulla conseguenza degli atti compiuti; aggressività incontrollata che nasce dell’incapacità di saper leggere e gestire una situazione di questo tipo.
Tante le cose che si potrebbero dire a riguardo: ricette semplici e riparazioni su danni già causati. Ma la riflessione pedagogica richiede tempo e riflessione, confronti e tappe di crescita, l’educazione sessuale è un problema e in quanto tale, va gestita da tecnici competenti nel campo educativo, assolutamente da evitare i sanitari, per non medicalizzare attività che sono squisitamente educative e non mediche.
Senza false strumentalizzazioni l’eclissi pedagogica ha reso sempre più deboli i canoni della relazione educativa a tutti i livelli, perché è di questo che si occupa il pedagogista: una riflessione ad personam sulle strategie educative, perché la persona, a qualunque livello, possa raggiungere l’autonomia e la capacità civile di esprimersi in quanto componente della comunità.
Giovanni Maria Bertin nella suo pensiero pedagogico ci sollecita ad un educazione alla ragione ed io ritengo sia questa la strada maestra per il raggiungimento dell’autonomia, il problema da disquisire è quale ragione voler proporre.

Presidente Nazionale APEI A. Prisciandaro
Pedagogista Raffaele Moffa