Scuole migliori e startup per frenare la fuga dal Sud

da Tuttoscuola

Scuole migliori e startup per frenare la fuga dal Sud 

L’ultimo Rapporto SVIMEZ sull’economia del Mezzogiorno, presentato alla Camera lo scorso 7 novembre, afferma che malgrado un certo recupero rispetto alle medie nazionali registratosi negli ultimi due anni, il Sud tornerebbe ai livelli pre-crisi solo nel 2025: tre anni prima rispetto alle previsioni dello scorso luglio, ma sempre molto tempo dopo il centro-nord, che a tale traguardo può arrivare già nel 2019.

Un recupero comunque problematico se il Sud, nel frattempo (cioè fino al 2025), continuerà a perdere popolazione al ritmo degli ultimi dieci anni, 700.000 all’anno: emigrano verso il centro-nord, ma vanno anche all’estero, soprattutto i più giovani e istruiti. Il giornalista economico Giuseppe Turani in un articolo su ItaliaOggi ha stimato che negli ultimi 15 anni il Sud abbia perso circa 200 mila laureati per formare i quali sarebbero stati spesi ben 30 miliardi di euro.

Restano gli anziani e i meno acculturati, ed è naturale che in queste condizioni l’economia locale non decolli. Si tratta di un problema storico, che negli anni sessanta e primi settanta dello scorso secolo si provò ad affrontare con l’industrializzazione accelerata di alcuni territori, riuscita solo in pochi casi e con costi economici ed ecosistemici pesantissimi.

L’altra via, quella degli investimenti in formazione, è completamente fallita sul versante della formazione professionale regionale, mentre su quello scolastico si sono continuati a registrare alti tassi di dispersione precoce e nello stesso tempo bassi livelli medi di qualità nei test oggettivi (Invalsi e Pisa) degli studenti meridionali, con risultati rovesciati rispetto agli esiti scolastici, come da tempo documentato da Tuttoscuola con dossier e Rapporti. I rilevanti investimenti fatti nel Sud con i Fondi strutturali (FSE e FESR) a partire dai primi anni novanta hanno avuto uno scarso ritorno, salvo che in alcune isole di eccellenza, in particolare nell’Istruzione professionale di Stato.

Risulta chiaro – come lo era peraltro per alcuni meridionalisti illuminati anche sessanta o addirittura cento anni fa – che esiste una sinergia di tipo negativo tra bassa e iniqua qualità del sistema di istruzione e formazione e mancato sviluppo economico. Bisognerebbe agire su entrambi i versanti, con interventi sul piano educativo che partano dalla fascia 0-6 e dal tempo pieno per combattere davvero la dispersione, e investimenti sul piano economico – imprese innovative e startup – che creino opportunità di lavoro e facciano venir meno la principale ragione della fuga dal Sud dei giovani più istruiti.