La quotidianità dell’agire didattico

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La quotidianità dell’agire didattico

di Davide Leccese

 

L’argomento proposto in questa riflessione recupera una dimensione “personale” che rischia di essere sottaciuta nell’esercizio del ruolo “pubblico” del docente.

Stabiliamo come premessa che la scuola la si costruisce in una quotidianità che non è mai banale, ritmata solo sullo scorrere quantitativo del tempo ma intrisa di storie personali, degli alunni e dei docenti; storie personali che sono dense di “vissuto” dell’agire didattico.

La premessa a questo AGIRE DIDATTICO è caratterizzata da due condizioni:

1.     GESTIRE I RAPPORTI da parte dei protagonisti della relazione formativa
2.     REALIZZARE LA CONDIVISIONE con premessa nella condivisione dei compiti, pur nella distinzione degli stessi.

 

Partiamo innanzitutto dall’idea di scuola che riteniamo condivisibile:

  1. La vita scolastica è intessuta nella quotidianità, pubblica e privata, dei suoi protagonisti. Ognuno dei partecipanti, nel realizzare i suoi compiti istituzionali – in base al ruolo esercitato – non può rinunciare al suo “privato” che funge sempre – nel bene e nel male – da scenario di riferimento per i comportamenti afferenti a quei compiti istituzionali.
  2. Il “privato” è costituito di pensieri, emozioni, gesti che non si possono negare ma devono essere governati in modo da offrire la condizione positiva e propositiva per lo svolgimento dei compiti derivanti dalle funzioni professionali esercitate.
  3. Il “privato” è da un lato esclusivo (mio proprio e unico) e dall’altro inclusivo (il vivere in un certo tempo, in un certo spazio, con le conseguenti relazioni con l’esistente di ogni genere).
  4. La scuola, espressione di un sistema di relazioni finalizzate al conseguimento di un risultato, ha – nelle sue finalità e nei suoi obiettivi – la condizione/sintesi del sistema di relazione dei suoi “agenti”.
  5. I rapporti tra gli “agenti” possono essere implicitamente caratterizzati da positività di relazione, da contrasti e da conflitti. Spetta a ciascuno – secondo i ruoli istituzionali – il superamento delle condizioni negative e il potenziamento di quelle positive.

 

Chi sono gli AGENTI DEL SISTEMA-SCUOLA?

  1. Lo Stato
  2. Il Territorio
  3. La Comunità scolastica
  4. Il personale della scuola
  5. Gli alunni
  6. Le famiglie

L’affascinante e il problematico del mondo della scuola sta nell’essere sintesi del sistema sociale; come incontro di generazioni, confronto di organismi, dialettica delle posizioni.

La scuola è davvero palestra di confronto e vive – nel bene e nel male – ogni transizione, ogni ripensamento delle posizioni raggiunte e delle dinamiche in fieri.

Attenti però a non generare confusioni di identità e di ruoli tra questi agenti. Ognuno di questi in tanto può svolgere un ruolo “altruistico” in quanto mette a disposizione dell’altro la sua identità, le sue potenzialità specifiche e la sua disponibilità a “partecipare” ai compiti della relazione formativa. Ma che questo rapporto, tra le diverse componenti, sia chiara e pacifica è tutto da dimostrare.

  • Capita, a volte, che i docenti mettano in discussione le azioni della famiglia e viceversa.
  • Capita che la società contesti alla scuola le carenze di formazione a una cittadinanza positiva e consapevole; così come la scuola contesti al sistema sociale di non favorire le migliori condizioni per rendere efficace la sua azione formativa.

Non tutte le divergenze di veduta, di emozioni e di azioni si risolvono “da sole”. Spesso è necessaria un’azione di NEGOZIAZIONE, cioè un processo di interscambio comunicativo finalizzato a raggiungere un accordo con altre persone, quando alcuni degli interessi sono condivisi e altri sono dialettici.

La negoziazione non si limita allo stare seduti attorno ad un tavolo mentre si discute di una questione controversa; è un’attività anche informale in cui si è impegnati tutte le volte che si cerca di ottenere qualcosa da un’altra persona. Anche se non siamo seduti personalmente attorno ad un tavolo, le nostre vite vengono influenzate dai risultati delle negoziazioni. In sintesi, le negoziazioni danno forma alla nostra vita.

Siamo negoziatori onesti e positivi se sappiamo rinunciare alla tentazione del palcoscenico e del “mattatore”, mettendo da parte l’illusoria auto-considerazione che siamo gli unici ad aver da dire qualcosa di importante per la soluzione dei problemi che la vita della comunità ci pone costantemente davanti.

Tutti possiamo essere negoziatori, e tuttavia a molti di noi non piace negoziare. Vediamo la negoziazione come un confronto stressante che ci pone di fronte ad una scelta sgradevole.

  • Se siamo “morbidi” perché vogliamo salvaguardare il rapporto interpersonale, finiamo col rinunciare alla nostra posizione.
  • Se siamo “duri”, perché ci interessa affermare la nostra posizione, rischiamo di rovinare il rapporto e magari di perdere capra e cavoli.

Esiste un’alternativa: il problem solving comune. Non è soltanto “morbido”, e neppure soltanto “duro”, ma una combinazione delle due qualità. Consiste nell’essere morbidi con le persone e duri sul problema.

Come si realizza è il problem solving comune?

  • Invece di attaccarsi a vicenda, si aggredisce il problema insieme.
  • Invece di guardarsi in cagnesco attraverso il tavolo, si prende posto gli uni accanto agli altri di fronte al problema comune.
  • In poche parole si prende atto che esiste un problema, non lo si vede come solvibile nella contrapposizione delle parti, si concerta una soluzione condivisa a vantaggio di tutti.

Il problem solving comune si sviluppa intorno agli interessi, piuttosto che intorno alle posizioni. Si incomincia con l’identificare gli interessi di ciascuna parte: le preoccupazioni, i bisogni, i timori e i desideri che soggiacciono alle posizioni che contrastano con le proprie e che motivano quelle stesse posizioni. Quindi, si analizzano le diverse opzioni per venire incontro a quegli interessi. L’obiettivo è raggiungere un accordo che determini una reciproca soddisfazione, in un modo efficiente e amichevole.

Occorre mettere in atto il Brainstorming: dall’inglese, letteralmente, “tempesta di cervelli”. È una tecnica di pensiero creativo utilizzata solitamente in gruppo per escogitare soluzioni ed elaborare nuove idee.

Di solito, in un confronto:

  • Gli scettici si affrettano a dire che tutto questo è facile a dirsi, ma difficile a farsi.
  • Gli ottimisti “facili” pensano che tutto sia semplice.
  • I realisti sono abituati a valutare gli aspetti positivi e le condizioni negative.

 

Ma quali sono gli ostacoli alla cooperazione?

La difesa preventiva: La negoziazione non evidenzia soltanto un comportamento difficile della controparte, ma la tua stessa reazione. Pensi di essere attaccato dalla posizione altrui e ti atteggi a difesa/attacco.

Le emozioni negative di coloro che stanno dall’altra parte nascono dal convincimento che:

  • Dietro la loro aggressività possono esserci rabbia e ostilità.
  • Dietro la rigidità della loro posizione possono esserci timore e sfiducia. Convinti di essere loro nel giusto e tu nella posizione sbagliata, potrebbero rifiutarsi di ascoltare. Avendo una visione del mondo “o mangi o vieni mangiato”, potrebbero ritenere giustificato usare tattiche sgradevoli.

La difesa della posizione: Comportamento dell’altra parte relativamente alla sua posizione: la tendenza a fissarsi su una posizione e a cercare di indurti a gettare la spugna. Spesso l’altra parte ritiene che non ci sia altro modo per negoziare.

La loro insoddisfazione.

Il tuo obiettivo potrebbe essere quello di raggiungere un accordo soddisfacente per ambo le parti, ma potresti accorgerti che ai tuoi interlocutori non interessa questo risultato.

Potrebbero non vedere come possa tornare a loro vantaggio. Anche se puoi soddisfare i loro interessi, potrebbero temere di perdere la faccia se devono cedere. E se è una tua idea, potrebbero respingerla solo per questa ragione.

Il loro potere.

Se l’altra parte vede la negoziazione come una questione in cui o si vince o si perde, sarà determinata a sconfiggerti.

Potrebbe essere guidata dal concetto: “Quello che è mio è mio. Su quello che è tuo si può negoziare”. Se i tuoi interlocutori possono ottenere ciò che vogliono attraverso giochi di potere, perché dovrebbero collaborare con te?

Se tutti si convincessero, invece, di essere una delle tessere del mosaico che costituisce l’intera immagine del progetto da realizzare, si concretizzerebbe quell’intesa che porta naturalmente al superamento della parzialità contrapposta.

 

SUPERAMENTO DELLE BARRIERE:

  1. Trattare i propri interlocutori come partner di una negoziazione che offre un’opportunità per raggiungere un accordo che sia soddisfacente per ambo le parti.
  2. La diversità di posizione e dei ruoli non autorizza una preconcetta attribuzione di posizione dominante in sede di analisi delle questioni da trattare.

 

LA COMUNICAZIONE:

Determinante è la COMUNICAZIONE:

  1. Voler comunicare
  2. Saper comunicare
  3. Poter comunicare

 

Determinante è la COMUNICAZIONE:

  1. CHI comunica
  2. COSA comunica
  3. PERCHÉ comunica
  4. COME comunica
  5. DOVE comunica

 

FASI PREVEDIBILI:

  1. ACCORDO/CONDIVISIONE
  2. CONTRASTO – Posizioni inizialmente divergenti
  3. CONFLITTO – Posizioni accertate come contrapposte e che si lottano

 

CONDIVISIONE/NON CONDIVISIONE:

  1. Dei fini
  2. Degli obiettivi
  3. Dei metodi
  4. Dei contenuti
  5. Dei ruoli
  6. Delle relazioni
  7. Dei risultati attesi
  8. Dei riconoscimenti
  9. Dei sistemi di controllo
  10. Dei sistemi di valutazione

 

 

IL DIRIGENTE

Necessità di ridefinire ruolo e compiti del Dirigente, non solo alla luce delle mutazioni normative ma soprattutto nella prospettiva dei cambiamenti d’identità e di funzioni della scuola, immaginata dall’innovazione e ipotizzata dalla Riforma e tenendo presenti le norme relative all’Autonomia

scolastica.

Si contrappongono, se non si integrano, due visioni della figura del “DIRIGENTE”:

  1. Il dirigente tout court (identità derivata e definita dal ruolo giuridico) – “L’area dirigenziale amministrativa è considerata come sbocco naturale di un impegno politico sindacale tendente a togliere centralità alla dimensione educativa del profilo e a dare più risalto all’azione amministrativa e a considerare il dirigente scolastico come leader organizzativo la cui forza e il cui prestigio sono sostanzialmente funzioni di potere di cui dispone”

(A. Valentino)

 

Il dirigente “scolastico ”(identità derivata e definita soprattutto dalla comunità cui sovrintende….una scuola). In questa visione si mette in risalto:

  1. La valorizzazione delle professionalità scolastiche
  2. I principi della condivisione e della cooperazione
  3. I valori della reciprocità e dell’ascolto
  4. La sottolineatura di compiti e funzioni tendenti a garantire le condizioni per cui l’Istituto scolastico realizza la sua funzione considerata primaria: la relazione educativa.

 

IL PERSONALE A.T.A.

Vige l’idea errata che rappresenti il gruppo di “facchinaggio” della comunità scolastica; invece – ai fini di una corretta e completa organizzazione – agisce per la migliore e funzionale azione d’intervento del sistema, creando le condizioni logistiche, procedurali, amministrative indispensabili e ineliminabili.

 

GLI ALUNNI

Sono parte in causa determinante per la sussistenza e l’identità della scuola: senza alunni non c’è scuola.

Gli alunni non sono il terminale parziale del “do ut des” del sistema formativo ma, nella distinzione dei ruoli (tra docente e alunni stessi), costituiscono entrambi i versanti in quanto ricevono dal docente e danno al docente.

Sotto questo versante di relazione gli alunni devono essere coinvolti in tutti i processi organizzativi del sistema e dalla loro partecipazione dipende anche la realizzazione dei fini e degli obiettivi della comunità scolastica.

 

I GENITORI – IL CONTESTO FAMIGLIARE

  1. Sono i primi protagonisti (diritti e doveri inclusi) dell’educazione dei figli e sono partner primari, con lo Stato, del sistema educativo-formativo-istruttivo delle nuove generazioni.
  2. Chiedono al sistema scolastico di contribuire – con la sua specifica azione – all’educazione-formazione-istruzione dei figli.
  3. Assicurano la più ampia, adeguata e continua azione a supporto dell’intervento della scuola nel suo campo.
  4. Si fanno interpreti delle istanze individuali dei figli nei confronti sia della comunità scolastica che di quella territoriale.

 

IL TERRITORIO

  1. La scuola non è un “corpo aggiunto” del territorio ma ne fa parte a pieno titolo, con i diritti e i doveri previsti per gli attori dello stesso.
  2. Se il territorio non è “educativo” – perché “educato” – svolge un’azione contrastiva rispetto agli interventi della scuola.
  3. La cultura e la civiltà, praticate dal territorio, entrano appieno nel processi formativi della scuola.
  4. La scuola, da parte sua, dà ampio risalto, nei suoi interventi formativi, all’educazione alla cittadinanza”.

La scuola, luogo privilegiato e fondamentale di educazione e formazione della persona, deve essere una comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, di crescita personale e collettiva. Fonda il suo progetto e la sua azione educativa sul rispetto reciproco fra tutte le persone che la compongono, nella piena e responsabile consapevolezza che per ogni individuo diritti e doveri hanno pari importanza e valore. Rispettosa dell’identità e delle inclinazioni personali di ciascun allievo, conta sulla positiva e costante collaborazione delle famiglie per realizzare il suo progetto educativo. Si impegna ad offrire un ambiente idoneo alla crescita e alla partecipazione attiva e responsabile.

Siamo tutti consapevoli che il contesto sociale di riferimento ha una forte influenza sul sistema formativo.

La scuola accumula, quindi, la sua crisi con la crisi sociale e della famiglia.

Solo nella disponibilità ad un agire concertato si può consentire il superamento di tali crisi, puntando sulle qualità indiscusse dei migliori operatori presenti nel sociale e nella scuola e sulla consapevolezza della famiglia che deve al sistema formativo se il futuro dei figli sarà produttivo di esiti personali e professionali.