Studenti «on the job» anche all’estero

da Il Sole 24 Ore

Studenti «on the job» anche all’estero

di Claudio Tucci

L’alternanza scuola-lavoro può essere svolta «anche durante la sospensione delle attività didattiche» (quindi, pure in estate o a Natale); e persino all’estero, con modalità stabilite in autonomia dal singolo istituto. Gli studenti impegnati nella formazione “on the job” (almeno 400 ore nell’ultimo triennio di tecnici e professionali, 200 ore nei licei) sono seguiti da due tutor, un docente della classe e il referente aziendale (nelle pmi, di solito è lo stesso imprenditore); e per la validità del percorso didattico «è richiesta la frequenza di almeno tre quarti del monte ore previsto dal progetto».

Gli alunni hanno, anche, degli obblighi da rispettare: dovranno attenersi «alle regole di comportamento, funzionali, organizzative» dell’impresa che li ospita, alle norme «in materia di igiene, salute e sicurezza», e sono tenuti «alla riservatezza» su «dati, informazioni e conoscenze» acquisiti durante il percorso formativo “on the job”.

Dopo un travaglio di oltre un anno è giunto, ieri, al traguardo l’ultimo tassello normativo della nuova alternanza targata «Buona Scuola», vale a dire la «Carta con i diritti e i doveri degli studenti» impegnati nei percorsi di studio dentro e fuori le aule scolastiche.

Il provvedimento, sette articoli in totale, presentato ieri agli Stati generali, al Miur, dalla ministra, Valeria Fedeli, attende ora la pubblicazione in Gazzetta ufficiale. L’alunno impegnato in alternanza è equiparato a tutti gli effetti a un lavoratore, e come tale va formato in tema di salute e sicurezza: «Attraverso un accordo con Inail è possibile utilizzare una modalità online per la formazione generale e quella specifica per il rischio basso – ha sottolineato Fabrizio Proietti, dirigente del Miur che si occupa di alternanza e istruzione tecnica -. Un passo concreto per facilitare l’organizzazione dei percorsi in alternanza» (la mossa libererà risorse per gli istituti che potranno essere destinate, per esempio, alla remunerazione dell’opera dei docenti ).

Allo studente dovrà essere garantita la sorveglianza sanitaria (ove richiesta – l’adempimento è a cura delle aziende sanitarie locali, ma può essere regolato anche da una convenzione con l’istituto scolastico); e i ragazzi dovranno, comunque, essere assicurati presso l’Inail e coperti per la responsabilità civile verso terzi. Se necessario, dovranno essere dotati, pure, di dispositivi di protezione. In ogni caso, per tutelare i ragazzi, il rapporto alunno/tutor aziendale non dovrà essere superiore a 5 a 1 per attività “a rischio alto”; 8 a 1 se il rischio è “medio”; 12 a 1 se invece è “basso”.

Per far decollare l’alternanza è online da ieri anche una nuova piattaforma ministeriale per aiutare scuole e strutture ospitanti (oltre alle imprese, la formazione “on the job” si può fare in enti pubblici, musei, ordini professionali, camere di commercio). Un bottone rosso consentirà agli alunni di segnalare eventuali criticità. L’Anpal, poi, ha annunciato il presidente Maurizio Del Conte, metterà in campo mille tutor (da gennaio, saranno operativi i primi 250) per facilitare l’incontro tra presidi e realtà produttive/territoriali.

Per il sindacato, Gigi Petteni, Cisl, «l’alternanza deve diventare una esperienza concreta di lavoro»; e Susanna Camusso, leader della Cgil, chiede un maggior link con i luoghi di lavoro, e persino con la «contrattazione». «L’alternanza non è uno stage, un tirocinio, un apprendistato – ha evidenziato la ministra Fedeli , affiancata dal sottosegretario, Gabriele Toccafondi -. È una modalità didattica innovativa e preziosa». D’accordo Marco Leonardi, a capo del team economico di palazzo Chigi: «È un cambiamento culturale che adesso può spianare la strada al decollo del sistema formativo duale sia secondario, sia terziario».

Le imprese sono pronte: «La creazione di competenze e conoscenze è lo strumento principe per gestire il cambiamento, la transizione verso il nuovo – ha detto Stefano Franchi, dg di Federmeccanica -. Noi crediamo nella buona alternanza e nella buona formazione, come testimonia il progetto Traineeship. Adesso ognuno per l’ambito di competenza deve fare la propria parte per sostenere e diffondere le best practice».