Una scuola che non promuove!

Una scuola che non promuove!

di Maurizio Tiriticco

L’intera pagina 4 de “la Repubblica” di oggi è dedicata alle difficoltà della nostra istruzione obbligatoria, che di fatto non sempre promuove cultura, tanto meno istruzione. In effetti, la nostra scuola non riesce a sanare le “ingiustizie sociali” di sempre! Il titolo è eloquente: “Aperta a tutti, ma amica di pochi” E nel sommario leggiamo: “Chi viene da famiglie benestanti e con molti libri in casa, parte avvantaggiato. E più la formazione si fa alta, più crescono le diseguaglianze”. In effetti, lo stesso articolo avremmo potuto leggerlo su un giornale di 30 o 40 anni fa! Le cose non sono cambiate di molto! E oggi, come ai tempi ormai molto lontani in cui ero studente, abbiamo ancora i licei – i classici soprattutto – per i Pierini – per dirla con Don Milani – i tecnici per i ragazzi “così così” e i professionali per… gli sfigati! E potremmo anche aggiungere la formazione professionale regionale, rifugio degli sfigati al quadrato! Comunque, senza nulla togliere ai tanti ragazzi e ragazze che, usciti dai percorsi professionalizzanti, portano alti nel mondo i nostri marchi! Si pensi, ad esempio, alla moda o alla culinaria!

L’articolo accenna all’ISTRUZIONE, ma che ne è dell’EDUCAZIONE e della FORMAZIONE che, stando alla norma, dovrebbero costituire le tre gambe con cui “dovrebbe lavorare” la nostra scuola? Copio da quell’aureo dpr 275/99, con cui è stata lanciata la scuola dell’autonomia, un’autonomia che, però, il corso degli anni ha via via consumato fino a cancellarla quasi del tutto, almeno nella sostanza!. Art.1, comma. 2: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di EDUCAZIONE, FORMAZIONE e ISTRUZIONE mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il SUCCESSO FORMATIVO, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento”.

In effetti, le tre parole chiave non sono sinonimi. L’ISTRUZIONE (di qui la stessa denominazione di Ministero dell’Istruzione) attiene all’area di quelle competenze che potremmo chiamare di base: in breve, come si suol dire, leggere, scrivere e far di conto. La FORMAZIONE attiene alla persona (Luigi non è Maria!). L’EDUCAZIONE attiene alla sfera civica (Luigi e Maria in quanto cittadini liberi in una Repubblica democratica fondata sul lavoro). Possiamo ricordare che con il regime fasciata il nostro ministero venne rinominato dell’”Educazione Nazionale”, in quanto, in un regime dittatoriale, alla scuola spettava anche e soprattutto il compito di educare fascisti convinti. Non a caso il motto vigente era: “Libro e moschetto, fascista perfetto”!

Tornando a noi, sarebbe anche opportuno ricordare che in un Paese avanzato l’obbligo di istruzione (non lo si chiami scolastico! Un soggetto non è obbligato a frequentare la scuola, in quanto esiste anche la cosiddetta “istruzione parentale”; è obbligato ad essere istruito, ed anche formato ed educato) è garanzia di civiltà e di eguaglianza! Nel nostro Paese ha ancora una durata ottonnale. Ed è bene ricordare che, nello scorso mese di agosto, la Ministra Fedeli nel discorso tenuto al Meeting di Rimini si è pronunciata sulla necessità di prolungare l’obbligo di istruzione fino al conseguimento della maggiore età.

A mio avviso, la questione da affrontare, comunque, è un’altra, stante anche il fatto che ormai la stragrande maggioranza dei nostri giovani “va a scuola”; e ci va anche perché “trovare lavoro” non è affatto un’impresa facile!  E allora che senso ha che questi dieci anni di scuola obbligatori, oggi di fatto e domani di diritto, dai sei ai sedici anni di età, vengano frequentati lungo ben tre spezzoni, ciascuno dei quali tende ad ignorare gli altri e a chiudersi in se stesso? La scuola primaria, “quella delle maestre”, di fatto non vuol dimenticare di essere la “scuola elementare” di sempre ed è chiusa nel suo guscio! La scuola media, quella della professoressa con cui Don Milani ce l’aveva tanto, guarda con sufficienza il grado precedente e con preoccupazione quello successivo, dove gli alunni “non sono mai compresi fino in fondo” e spesso vengono sonoramente bocciati! Il biennio si trova sospeso  come una sorta di purgatorio! I professori hanno a che fare con alunni che non si sa bene come siano arrivati fin lì e che, come tanti incavolati Caronte, debbono comunque traghettare su una sponda in cui qualche angelo benevolo prenderà cura di loro!

Dieci anni di scuola, dieci! Però – e ciò è grave – senza alcuna continuità formale… e sostanziale! Uno spezzatino di risorse male impiegate! Tre pezzi di scuola, ciascuno dei quali è più centrato sul suo ombelico che su ciò che precede e ciò che segue! Per tutte queste ragioni, dato che di curricolo si parla ormai da almeno venti anni, poco più poco meno, e con tanti begli aggettivi, continuo, verticale, progressivo… le parole non mancano, perché l’aggettivo dominante deve essere, invece, “spezzatino”! E allora, a quando un curricolo degno di questo nome?

Cara Ministra! Quell’appello di Rimini quando diventerà realtà?